Laura Castelli commissaria alla spending review? La nomina già ritirata

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-04-28

La nomina di Laura Castelli e Massimo Garavaglia a commissari per la spending review è stata ritirata durante il Consiglio dei Ministri che ha partorito il Salva-Roma

article-post

La notizia era sul Sole 24 Ore di ieri: la nomina di Laura Castelli e Massimo Garavaglia a commissari per la spending review è stata ritirata durante il Consiglio dei Ministri che ha partorito il Salva-Roma. La decisione, sancita il 18 aprile dal consiglio dei ministri riunito a Reggio Calabria, è stata ritirata nella tempestosa seduta a Palazzo Chigi di martedì sera. L’ufficialità del passo indietro dovrebbe arrivare a breve dalla presidenza del Consiglio, con un’aggiunta al comunicato sull’ultima riunione, finora silente sul punto.

Laura Castelli commissaria alla spending review? La nomina già ritirata

Il motivo del ritiro è tecnico e riguarda la procedura scelta per i due neo-commissari. Come si legge nella nota diffusa da Palazzo Chigi la scorsa settimana, l’incarico sarebbe stato conferito «a norma dell’articolo 11 della legge 400/1988», quella che disciplina i commissari di governo: e sarebbe quindi dovuta avvenire con decreto del Quirinale. Ma la norma sui commissari alla spending è un’altra, la 69 del 2013, sfocia in un decreto di Palazzo Chigi ed è quella seguita Carlo Cottarelli prima e Yoram Gutgeld poi.

Ma articoli e commi a parte, la retromarcia sui due commissari riporta al primo livello del governo un dossier che diventa sempre più centrale per i prossimi passi della politica economica. L’altro inedito degli ultimi passaggi sul tema risiede infatti negli obiettivi della nuova tornata di revisione della spesa, già fissati direttamente nel Documento di economia e finanza approvato il 9 aprile. A differenza del passato l’impegno non è generico ma cifrato: e punta a due miliardi nel 2020, per salire a 5 nel 2021 e arrivare a 8 nel 2022, ultimo anno di programmazione. Le cifre messe nero su bianco dal Documento, che ha anche ufficializzato lo stop definitivo ai due miliardi nel 2019 congelati a dicembre con la clausola sulla spesa, serve per provare a costruire una base più solida su un impegno che finora ha faticato a tradursi in fatti.

Laura Castelli commissaria?

Ora, però, il punto è un altro. Cosa succederà se l’onorevole Castelli non riuscirà a tagliare il tagliabile? Risponderà «questo lo dice lei» durante un dibattito con l’ex Commissario alla spending review Carlo Cottarelli? Oppure si inventerà di fantomantiche sanzioni europee come quando le è stato chiesto come mai il governo Conte non ha ridotto l’Iva sugli assorbenti? Il problema della Castelli sono però le cifre. Nel 2017 arrivò ad accusare il Governo Gentiloni di aver fatto diminuire la natalità  quando gli stessi dati utilizzati dalla Castelli dimostrvano che la crisi demografica ha radici ben più profonde (e distante nel tempo). Come dimenticare di alcuni epici exploit della viceministra dell’Economia? Partiamo ad esempio da quando era ancora una semplice deputata. Una sera ad Otto e Mezzo ammise candidamente di non avere alcuna idea su come votare in caso di referendum di uscita dall’euro. Questo, fate attenzione, non perché non lo sappia davvero, ma perché sulla questione il parere del M5S è cambiato così tante volte che è difficile starci dietro.

castelli spending review commissario - 2

Qualche tempo prima la Castelli ci aveva regalato un’altra fantastica confessione: quella di aver esercitato la professione di commercialista pur non essendo iscritta all’Albo. Il bello è che l’ha fatto davanti alla platea degli iscritti all’Ordine dei Commercialisti. Nessuna sanzione per lei, che qualche tempo dopo avrebbe spiegato la differenza tra condono e pace fiscale (spoiler: non c’è) dicendo che lo stato avrebbe fatto delle indagini su chi usufruiva della Pace Fiscale. Perfettamente inserita nel meccanismo diabolico della politica degli annunci la viceministro poi ci rivelò che 5  o 6 milioni di tessere per il Reddito di Cittadinanza erano già in stampa in una tipografia che preferiva non rivelare. Prima ancora che venisse approvata la legge sul RdC e che venissero aperte le domande per il sussidio. Chissà che fine hanno fatto tutte le tessere avanzate visto che le domande arrivate sono poco più di 800mila. Tutto è relativo per la Castelli, non solo i numeri ma anche le statistiche dell’Istat.

Ci sono però alcune certezze, ferme, salde. La prima: è sempre colpa dell’Europa, così cattiva che “ci chiede un rene” ed è “invidiosa” perché in Italia hanno vinto i sovranisti «a Bruxelles dà fastidio che ci sia un governo che è stato votato da oltre il 50% delle persone che sono andate a votare che dice che va smontata la Legge Fornero. Quando la volontà popolare è quella di tornare indietro dalla Fornero Bruxelles può dirmi quello che vuole». La seconda: la recessione è colpa del PD. Ed infine la terza: ci sono degli invidiosi che remano contro e ce l’hanno con lei tra questi probabilmente ci soni anche i fake brutti e cattivi. Festeggiamo quindi la nomina di Laura Castelli a commissario alla spending review, sperando che non si tratti della solita manina che cerca di metterla in difficoltà. Come quella volta che se ne uscì consigliando a quelli che con l’ecotassa avrebbero pagato più per l’acquisto della macchina di comprare un’utilitaria che costava meno, ad esempio una panda mille (che per inciso costa di più). E proprio parafrasando un famoso spot della Panda verrebbe da dire: meno male che la Castelli c’è, perché se non ci fosse bisognerebbe inventarla.

Leggi sull’argomento: Le balle di Di Maio sul “record assoluto” di esportazioni italiane

Potrebbe interessarti anche