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Quando Salvini incontra un operaio arrabbiato Salvini è un capitano morto

Giovanni Drogo 27/11/2019

Molti dicono che Matteo Salvini è un leader politico che fugge dalle responsabilità, al punto di far cadere il governo di cui faceva parte pur di non assumersi quella di fare quella legge di bilancio da 50 miliardi per la quale voleva usare “la ricchezza degli italiani”. Ieri abbiamo avuto un piccolo saggio del valore di Salvini quando si è trovato a tu per tu con un operaio dell’ex Embraco in cassa integrazione

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Ieri Matteo Salvini era ospite di Cartabianca su Rai 3. Ai suoi fan su Facebook ha presentato così il suo intervento: «gli Italiani non vogliono elemosine ma opportunità: estensione della pace fiscale e Flat tax al 15% anche per le famiglie. E se devo spendere tre miliardi per mettere a posto ponti, viadotti e scuole, faccio uno zero virgola di deficit in più piuttosto che inventarmi la tassa sulla plastica o sullo zucchero». Messa così sembra proprio che Salvini sappia cosa vogliono davvero gli italiani. Che sia davvero convinto che gli italiani vogliono meno tasse per i ricchi e una manovra da 50 miliardi di euro che la Lega non ha ancora trovato il coraggio di dire come e dove troverà.

Quando Salvini si prendeva i meriti per la soluzione della vertenza Embraco

Ma ieri a Cartabianca Salvini non ha solo fatto il suo solito comizio. Perché ieri a Cartabianca c’era Daniele Barbuto, delegato sindacale della (ex) Embraco. Non un eroe, non un politico, un operaio: un cittadino. Uno di quelli che secondo Salvini non vuole elemosine ma opportunità. Embraco è un’azienda che faceva parte del gruppo Whirlpool (produce compressori). Faceva, perché ad un certo punto Whirpool decide di chiudere tutto mandando a casa 497 lavoratori. Salvini la storia la conosce bene visto che aveva dedicato questo profondo pensiero agli operai quando subentrò l’israeliana Ventures: «ho vissuto fin dal primo momento la crisi e mi sono battuto per una soluzione». Sapete cosa aveva fatto davvero Salvini? Nulla, perché la vertenza era stata portata avanti dall’ex ministro Calenda quando lui non era ancora al governo e si faceva fare le foto con le magliette dell’Embraco.

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Ma tanto era stato bravo Salvini a gioire per meriti non suoi quanto a fare finta di nulla quando la crisi dello stabilimento di Riva di Chieri è tornata a colpire gli operai. Perché il piano di reindustrializzazione della Ventures non è mai partito. I lavoratori se ne erano accorti già a febbraio del 2019, tant’è che Carlo Calenda si era offerto di fare gratuitamente da consulente a Di Maio (il ministro dello Sviluppo Economico) per seguire la fase di transizione. Che non è mai facile, soprattutto quando il Governo “dimentica” le vertenze e le crisi aziendali. L’Embraco con il governo gialloverde ha subito la stessa sorte di Whirpool, di MercatoneUno e di un centinaio di vertenze (e migliaia di lavoratori) che sono rimaste nei cassetti del Ministero.

«Non devono pagare sempre i soliti, gli operai, le masse popolari»

Come stanno oggi all’ex Embraco? Stanno come tutti quelli in cassa integrazione. Cosa ha fatto il governo di cui Salvini faceva parte? Niente. Il piano industriale è rimasto fermo per 14 mesi, la durata esatta del governo Lega-M5S. E la produzione non è mai ripartita. Salvini di quel governo era ministro dell’Interno, all’occorrenza facente funzione di altri ministeri, almeno a parole. «Stare in cassa integrazione vuol dire guadagnare 700 euro al mese», ha detto Barbuto. «Noi cerchiamo il lavoro, il lavoro ci è stato tolto. Ci è stato presentato un sogno, che poteva essere una reindustrializzazione ma questa reindustrializzazione non c’è mai stata», continua Barbuto. E non c’è stata anche perché sono scomparsi dei soldi (milioni di euro) che Whirpool aveva lasciato all’azienda.

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«Quei soldi saranno pur finiti da qualche parte no?» commenta Salvini con la faccia di quello che fino a tre mesi fa non era al Governo del Paese. Perché la Lega è così, Zaia si fa venire dubbi esistenziali su come mai il MOSE non è finito. Salvini fa capire che della Embraco non si è mai interessato (nella migliore delle ipotesi, ovvero quella in cui sinceramente abbia detto di non sapere nulla). Ma Salvini è pur sempre quello che quando si tratta di parlare di soldi “spariti” non lo fa volentieri. Quindi tocca adeguarsi. «Il governo che ha avallato questa cosa era quello dove stava Calenda. Il problema è che il governo che è venuto subito dopo che è quello dove stava anche lei non ha fatto i controlli» dice Barbuto. Ma Salvini non vuole parlare dei controlli che il suo governo non ha fatto, non vuole dire che al MISE ci stavano anche i viceministri e i sottosegretari della Lega (ad esempio Dario Galli e “l’indipendente” Geraci). Attacca invece a parlare della concorrenza sleale all’interno dell’Unione Europea e di tante brutte cose. Ma il comizietto viene stroncato sul nascere non appena Salvini dice «faccio i compiti a casa, non faccio promesse» perché Barbuto ribatte: «se vuole fare i compiti a casa, li faccia su una frase che ha detto un grand’uomo: “Chi deve pagare non devono essere sempre i soliti, gli operai, le masse popolari”. Questa persona era Enrico Berlinguer». Ora Salvini è all’opposizione e vuole impegnarsi a fare cose utili nonostante quelli dall’altra parte remino contro. Quando era al Governo evidentemente era troppo facile cambiare le cose.

 

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