Quando Salvini era alleato con CasaPound

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-04-30

Parlando dello stupro di Viterbo, per il quale sono accusati un consigliere e un militante di CasaPound, il ministro dell’Interno è riuscito su Facebook a non nominare mai il partito di Iannone e Di Stefano. Il motivo? C’era un tempo in cui Salvini e i Fascisti del Terzo Millennio andavano d’amore e d’accordo

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Dopo l’arresto con l’accusa di stupro di gruppo e violenze aggravate di un consigliere comunale di CasaPound e di un militante del movimento dei “fascisti del Terzo Millennio” ci si trova di nuovo di fronte alla questione politica del neofascismo in Italia. È un tema che esula dalle accuse ai due militanti di CasaPound che sono state usate come pretesto per tornare a discutere della presenza nell’arco politico costituzionale del movimento presieduto dal cantante degli Zeta Zero Alfa Gianluca Iannone Nel nostro Paese ci sono due partiti – CasaPound e Forza Nuova – che seppure con alcune differenze si rifanno esplicitamente al Ventennio fascista.

Il miracolo di Salvini: non nomina mai CasaPound sullo stupro di Viterbo

Chi ha sdoganato CasaPound come partito politico? Negli ultimi due anni molti giornalisti sono andati da CasaPound, altri li invitano in studio. Agli albori del movimento di giovani ammiratori del Duce fu il Movimento Sociale – Fiamma Tricolore, più di recente  sono stati Beppe Grillo con il MoVimento 5 Stelle che nel 2014 disse che “i ragazzi” di CasaPound erano i benvenuti nel M5S. Poi è stata la volta della Lega Nord di Matteo Salvini. Una vera e propria svolta quella impressa da Salvini alla Lega che con Bossi – a parole – rivendicava di essere un partito orgogliosamente anti-fascista. Ma l’antifascismo è una cosa che notoriamente non interessa al ministro dell’Interno. Va capito: fino a qualche anno fa diceva che il tricolore non lo rappresentava, ci vorrà del tempo prima che anche il titolare del Viminale possa riconoscersi nei valori della Costituzione del 1948.

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Commentando l’arresto di Francesco Chiricozzi ieri Salvini è riuscito nella non facile impresa di invocare tolleranza zero per pedofili e stupratori, proporre la castrazione chimica nei confronti di “bianchi o neri, giovani o anziani” senza mai nominare CasaPound. Eppure quando ad essere accusato di aver commesso uno stupro è uno straniero Salvini non si fa nessuno scrupolo a fare nome cognome e a  pubblicare – se c’è – una foto del presunto colpevole.

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Di chi sta parlando Salvini? Difficile capirlo dal post. Perfino una sovranista come Giorgia Meloni è riuscita in un post sostanzialmente identico e pubblicato solo a tarda sera (alle 21) a nominare CasaPound. Come mai il segretario della Lega non ci è riuscito?

Quando Salvini e CasaPound volevano creare il polo sovranista italiano

Quando si tratta di parlare di CasaPound Matteo Salvini dimostra di essere parecchio reticente. Prendiamo ad esempio la vicenda dell’occupazione abusiva (dal 2003) di un palazzo in via Napoleone III a Roma da parte di CasaPound. Quelli di CasaPound si difendono parlando di un intervento per risolvere l’emergenza abitativa. Ma i beneficiari dell’occupazione non conforme sono parenti e amici dei dirigenti. Da tempo ne si chiede lo sgombero, ma a differenza dei blitz a bordo della ruspa nelle “ville” dei Casamonica Salvini tace. L’ultima volta ha cambiato argomento, preferendo parlare d’altro (guarda caso di una ragazza uccisa). Comprensibile: Salvini con gli esponenti di Casapound andava anche a cena e si faceva scattare foto-ricordo delle tavolate insieme.

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Matteo Salvini a cena con lo stato maggiore di CasaPound nel 2015, si riconoscono Simone Di Stefano, il fratello Davide e Gianluca Iannone

Era il 12 maggio 2015, alla tavolata si notano Simone Di Stefano, il fratello Davide, Gianluca Iannone e Francesco Polacchi, titolare del marchio con un picchio stilizzato chiamato “Pivert”, quello indossato da Salvini all’Olimpico durante la finale di Coppa Italia Juventus-Milan. Qualcuno ha definito Pivert “un marchio di abbigliamento neofascista”, Polacchi nega ma è stato responsabile nazionale di Blocco Studentesco – l’organizzazione giovanile del partito – e nel 2013 è stato candidato per CasaPound come presidente del XIII Municipio di Roma.

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Ma torniamo a quella cena del 2015, che sanciva l’alleanza di Salvini con CasaPound. Come aveva spiegato Simone Di Stefano a PiazzaPulita un anno prima «la cosa nasce in precedenza con l’elezione di Mario Borghezio che noi abbiamo contribuito a far eleggere nel collegio dell’Italia Centrale [si riferisce alle elezioni europee, ndr], in questo momento Salvini dice le stesse cose che diciamo noi sull’immigrazione e sull’euro…». C’era stata la partecipazione di CPI alla manifestazione leghista di Milano del 18 ottobre 2014 e ce ne sarà un’altra, a Roma nel febbraio 2015 dove Salvini si era presentato con il simbolo Noi con Salvini. Infine ci fu – a maggio del 2015 – un convegno al teatro Brancaccio di Roma dove Salvini e Di Stefano presentarono l’alleanza. Non c’erano “ufficialmente” né la Lega né CasaPound ma due movimenti nuovi: Noi con Salvini e Sovranità. Era la nascita ufficiale della “cosa nera” di Salvini, il tentativo di costruire un polo sovranista di destra (stessa cosa che sta facendo oggi la Meloni con altri interlocutori della destra), accompagnato in Europa dall’alleanza con il Front National di Marine Le Pen. Le cose finirono male, la candidatura di Di Stefano come presidente della Regione Abruzzo con Sovranità non produsse i frutti sperati. E così ad un certo punto Salvini decise di scaricare l’alleato. Forse era un esperimento per saggiare la bontà di una strategia leghista di successo: quella di usare un’alleanza per prendere parte dell’elettorato di un partito alleato (come Salvini ha fatto con Berlusconi, Fratelli d’Italia e con il M5S). «Da due anni non abbiamo rapporti» disse Salvini ad un certo punto. CasaPound non la prese bene e fece sapere di detenere la proprietà dei marchi “Sovranità” e “Prima gli italiani”. I rapporti si sono raffreddati, ma Salvini evidentemente ha ancora un occhio di riguardo per i suoi ex alleati.

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