Due scenari per il governo del cambiamento

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-06-01

«In Italia la rivoluzione non si può fare perché ci conosciamo tutti»: la scelta dei ministri del governo del cambiamento rivela un interessante low profile rispetto ai venti di guerra promessi. Il futuro può dipanarsi lungo due direttrici principali

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L’uomo di Monti (e poi Letta) a Bruxelles (Enzo Moavero Milanesi), l’«eurocritico» che ai bei tempi chiedeva più Europa (Paolo Savona), l’ex avvocata di Andreotti (Giulia Bongiorno) e l’autore di una bella rubrica sul Foglio con Felli e di tante proposte con Brunetta (Giovanni Tria): il governo del cambiamento non deve nemmeno scomodare la letteratura con il Gattopardo perché gli basta il motteggio che gli ha riservato ieri Giuliano Ferrara su Twitter con una battuta da vera Prima Repubblica: «In Italia la rivoluzione non si può fare perché ci conosciamo tutti».

Due scenari per il governo del cambiamento

D’altro canto dalle parti della Lega ieri si registrava un silenzio di tomba piuttosto eloquente mentre cominciava a girare il nome di Tria all’Economia, rotto solo per i complimenti di rito tutti in coro quando non era più possibile far finta di aver perso la password di Twitter e Facebook. Indice del fatto che ci sono alcuni sconfitti palesi che si evincono dalla lista dei ministri presentata da Giuseppe Conte, ovvero gli stessi che hanno costretto Giancarlo Giorgetti a tributare il suo omaggio all’euro con abiura e tutti gli altri giù al Nord (cit.) a darsi una robusta regolata.

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È sicuramente una coincidenza che il varo del governo arrivi nel giorno in cui la Lega cancella la scritta Basta Euro dai muri della sede (verrà ripristinata, dicono), dopo che i programmi sull’Europa matrigna vengono robustamente ridimensionati in sede di contratto prestando il fianco agli attacchi dei noeuro duri e puri. Salvini ha vinto la sua partita politica con Di Maio sacrificando sull’altare del pragmatismo gli “ideali”, le “prese di posizione” e i penultimatum, esattamente come faceva ai bei tempi Umberto Bossi.

Lo scenario migliore…

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha vinto la sua prima battaglia su Paolo Savona ministro dell’Economia, piegando Di Maio e Salvini a uno schema (la nomina in una posizione meno esposta rispetto a via XX Settembre) che il Quirinale stava indicando da ben prima che Giuseppe Conte salisse al Colle per farsi dire di no. Ce ne saranno altre e saranno più difficili, anche se questa è stata davvero complicata da spiegare all’opinione pubblica soltanto con le dichiarazioni ufficiali e senza la possibilità di aprire gli archivi. Questa chance sarebbe arrivata con la proposta di messa in stato d’accusa del presidente, ma il rivoluzionario che vuole cambiare tutto affinché nulla cambi se l’è robustamente rimangiata, così come il 90% delle sue iniziative politiche.

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E adesso? Adesso ci sono due scenari (o per meglio dire: due copioni) che il governo del cambiamento potrebbe seguire nei mesi o negli anni che lo attendono a Palazzo Chigi. Il primo è lo scenario migliore: rimangiarsi piano piano tutte le promesse oppure trovare un modo diplomatico per conseguirle in tono minore tentando il coglionamento degli elettori e dei piccolifàns (ieri abbiamo avuto un caso di studio interessante con la bufala del sondaggio con il M5S al 43%). M5S e Lega possono tenere il punto sul deficit con l’Europa che si arrabbierà, manderà avvertimenti, severi moniti e poi, come all’epoca di Renzi, non farà nulla. Con un po’ di pazienza e tanta propaganda questo potrebbe essere spacciato come una vittoria su Bruxelles e persino qualche frangia estremista dei due schieramenti potrebbe prestarsi al giochino già riuscito con il gioco di parole sulla modifica dei trattati di Maastricht che ha consentito prima di prendersi il voto dei noeuro e poi di sostenere che “Noi? Mai pensato di uscire dall’euro, vogliamo solo modificare i trattati”. D’altro canto la circonvenzione di incapace non ha mai interessato i magistrati quando si trattava di politica: perché dovrebbero cominciare ora? Con questo taglio si potrebbe andare avanti addirittura fino alla fine della legislatura, dove però i nodi dei sogni spacciati per solide realtà arriveranno rumorosamente al pettine.

Lo scenario peggiore

C’è poi la possibilità di uno scenario peggiore ed è quella che vede il governo del cambiamento improbabilmente pronto a scatenare una guerra come quelle immaginate dagli amici di Savona: una partita da giocare sull’orlo della crisi di nervi già paventata nei giorni dello spread e accompagnata da una robusta figuraccia sul complotto della BCE contro l’Italia. In questo caso possiamo aspettarci “Anni Interessanti”, come diceva Hobsbawn, ma il governo sarà infinitamente più breve del Secolo dello storico. Breve ma intenso.

di maio ministro del lavoro
Foto da: Twitter

 

Il finale della storia in questo caso sarebbe tutto da scrivere, perché una caduta rovinosa con tanto di corsa alle elezioni potrebbe concludere nel modo più inglorioso la parabola politica di Di Maio e Salvini, mentre l’ennesimo esecutivo “tecnico” e di “emergenza” – con tanto di Draghi all’orizzonte – potrebbe riuscire nel miracolo di peggiorare ulteriormente la situazione.

Foto copertina da qui

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