Economia

Perché Mattarella ha bocciato Paolo Savona

Giovanni Drogo 28/05/2018

Ovvero come il MoVimento 5 Stelle si è fatto fregare dalla Lega: la strategia dietro la proposta di rivedere i trattati europei e la chiarezza sul tavolo delle prossime elezioni

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La domanda del giorno dopo è una sola: come mai Matteo Salvini ha preferito buttare a mare la possibilità di andare al governo e diventare ministro dell’Interno piuttosto che accettare la proposta di Mattarella di nominare Giancarlo Giorgetti al ministero dell’Economia? La risposta fa capire che il MoVimento 5 Stelle, un partito dal 33% e undici milioni di voti si è fatto mettere all’angolo da una formazione politica che di consensi ne ha presi poco più della metà ma che al tempo stesso è più abile nel fare una cosa che i pentastellati si sono sempre rifiutati di imparare: trattare.

Come Salvini ha fregato il MoVimento 5 Stelle con Paolo Savona

Per rispondere a questa domanda bisogna prima capire come mai Sergio Mattarella ha bocciato la proposta di nomina di Paolo Savona a Ministro dell’Economia. Come è possibile, si sono chiesti in molti ieri, che il Presidente della Repubblica abbia detto di no proprio ad uno stimato ed anziano professore (Savona ha 82 anni). Addirittura Savona è stato ministro nel governo – tecnico – guidato da Carlo Azeglio Ciampi. Luigi Di Maio era arrabbiato: perché Savona andava bene per Ciampi e non per Conte? Il Capo Politico del M5S evita accuratamente di dire che quel governo si insediò nel 1993, un periodo in cui l’euro, la moneta unica europea, era ancora di là dall’essere realizzata. Ma il punto non è mica questo: il punto è che Savona all’epoca pensava l’esatto contrario di quello che pensa oggi. Il che non è un reato, ma spiega (a Di Maio) cosa è cambiato.

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Salvini in versione No Euro

Ed è proprio sull’euro che si è consumato il grande scontro tra Matteo Salvini da una parte (con l’ingenua complicità dei 5 Stelle) e il Colle dall’altra. Paolo Savona è noto per essere un sostenitore della necessità di uscire dall’euro. Non è un’idea che ha avuto qualche anno fa e poi ha abbandonato: è quello che pensa oggi. Savona ritiene, nella sua autobiografia, che la Germania di oggi sia simile a quella nazista e che stia cercando di perseguire l’obiettivo del dominio del Continente non con la forza militare ma con quella economico-finanziaria. Qualche giorno fa a In Mezz’ora Pier Carlo Padoan ha detto che le maggiori resistenze nei confronti dell’Italia le ha percepite non dalla Germania, ma da altri paesi.

Uscire dall’euro di notte e in gran segreto?

Secondo Savona l’unico modo per salvarsi dalla gabbia dell’euro (la definisce proprio così) è quello di uscirne. Il Piano B di Savona è semplice: «battere i pugni sul tavolo non serve a niente. Bisogna preparare un piano B per uscire dall’euro se fossimo costretti, volenti o nolenti, a farlo». Quindi fare come diceva Matteo Renzi e come avrebbe voluto fare Luigi Di Maio (che voleva andare a trattare con “la pistola nel cassetto”) secondo quello che sarebbe dovuto diventare il Ministro dell’Economia era inutile. La sua strategia era diversa: non annunciare l’uscita dall’euro ma alzare la posta sul tavolo delle trattative dimostrando di avere un piano per uscire nel caso eccezionale. Con un’accortezza:  il Piano B dal titolo «Guida pratica all’uscita dall’euro» pubblicato nel 2015 dice chiaramente che la decisione di uscire dai trattati europei deve essere presa e attuata nella massima segretezza per evitare il panico e la fuga dei capitali.

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Fonte: Scenarieconomici.it

In questi giorni chi difende Savona sostiene che avrebbe in qualche modo abiurato le sue tesi sull’uscita dall’euro. Il riferimento è alla comunicazione pubblicata dal sito Scenarieconomici.it (lo stesso dove fu pubblicato il piano B) dove però Savona non dice da nessuna parte che ha ritrattato le sue teorie. Anzi: il professor Savona rimanda esplicitamente alla sua autobiografia in uscita in questi giorni. Quella, per intenderci, dove definisce l’euro una “gabbia tedesca”. C’è poi un ulteriore elemento da tenere in considerazione. Se l’uscita dall’euro deve essere svolta in segreto è naturale che chi la proponga abbia l’interesse a continuare a negare di voler intraprendere quella strada. Da qui basta unire i puntini: secondo le intenzioni dichiarate bisognava alzare la posta e preparare un piano B. Così qualcuno ci avrebbe sbattuto fuori ma senza che nessuno dovesse assumersene la colpa e la responsabilità di aver provocato l’escalation. A questo ha detto no Mattarella.

La Lega e la storia della revisione dei trattati 

I 5 Stelle sostengono di aver abbandonato ogni velleità di uscita dall’eurozona. Anche se con diverse ambiguità come si è visto in campagna elettorale e  con una recente uscita di Grillo proprio sul referendum per uscire dall’euro. Al tempo stesso la Lega con Gianmarco Centinaio nega che nel programma elettorale leghista ci sia mai stato un qualsiasi accenno all’uscita dall’Euro. Nel programma della Lega (che è diverso da quello della coalizione di centrodestra) si legge che “l’Italia non può uscire dall’Europa” intesa come luogo geografico (sic!) ma che si può uscire dall’Unione Europea che viene definita « un gigantesco ente sovranazionale, privo di una vera legittimazione democratica e strutturato attraverso una tentacolare struttura burocratica». Ovvero una gabbia.

Si legge anche che «l’euro è la principale causa del nostro declino economico, una moneta disegnata su misura per Germania e multinazionali e contraria alla necessità dell’Italia e della piccola impresa». Di nuovo, una definizione che riecheggia quella di Savona. Solo un pazzo vorrebbe restare all’interno di un meccanismo infernale. Ragion per cui la Lega propone di ridiscutere tutti i trattati e di ritornare allo stato pre-Maastricht.

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Una promessa che Salvini aveva già fatto nel novembre 2017 su Twitter e che però non tutti hanno capito. Cosa c’entra il Trattato di Maastricht – che è del 1992 – con l’euro? Il trattato di Maastricht è quello che ha fatto nascere la moneta unica e fissato i parametri per lo sforamento del rapporto deficit/pil. Per fortuna che ci ha pensato Claudio Borghi a spiegarlo dicendo: “Ma pensare che «Maastricht è l’euro non vi viene in mente?». Salvini poi ha sempre definito l’idea del referendum una sciocchezza, quindi non resta che il piano B

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Ci sono diversi tweet del responsabile economico della Lega dove viene detto chiaramento che “rinegoziare Maastricht” non è altro che un sinonimo per l’uscita dall’euro. Perché «quando ognuno avrà la propria moneta come era prima di Maastricht». Nel luglio del 2017 Borghi e Giorgetti spiegavano sul Populista (il giornale della Lega) che la riscrittura dei trattati aveva «l’obiettivo di tornare allo status di cooperazione pre-Maastricht che ha imposto moneta, parametri inventati di finanza pubblica e che col fiscal compact è diventato ancora più assurdo». Va da sé che la maggioranza dei paesi dell’Eurozona non ha alcuna intenzione di arrivare a quello che i due definiscono «uno smantellamento controllato e concordato di Euro e trattati capestro sia nell’interesse di tutti». Ed ecco quindi il Piano B: «Se però dovessero dirci di no, non ci faremo umiliare».

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Insomma la Lega vuole ridiscutere i trattati ma sa che l’operazione rischia di non andare in porto quindi, per recuperare la sovranità, promette di non farsi mettere i piedi in testa. Ecco quindi – come spiega Mario Seminerio su Phastidio – che il “Governo del Cambiamento” propone una serie di riforme incredibili che possono essere finanziate solo facendo altro deficit. Deficit che però ci avrebbe fatto sforare i parametri europei (quelli di Maastricht). A quel punto il governo si sarebbe sentito in dovere di difendere il programma e attuare il Piano B. Oppure molto più semplicemente Salvini sapeva che questa ipotesi sarebbe stata sgradita al Colle (che deve tutelare l’adesione dell’Italia ai trattati europei) e ha usato queste settimane per preparare il colpaccio. La speranza è che alle prossime elezioni la Lega e i 5 Stelle (se saranno ancora di quell’opinione) dicano chiaramente “vogliamo uscire dall’Euro”, alla luce del sole senza sofismi e tatticismi su improbabili revisioni dei trattati. A quel punto Lega e M5S potranno contare i voti di quanti vorranno uscire dalla moneta unica. E nel frattempo tutti quelli che ne avranno la possibilità potranno trasferire all’estero i capitali, dando un assaggio di quello che ci aspetta.

Leggi sull’argomento: Il piano B di Paolo Savona che ha provocato la bocciatura del Quirinale

 

 

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