Economia
L’alibi di Di Maio e Salvini sullo spread
Alessandro D'Amato 29/05/2018
I leader di Lega e M5S dicono che la crescita dello spread è colpa di Cottarelli e Mattarella. La loro tesi regge?
Vedi alla voce non conoscere vergogna. Oggi che la febbre dello spread comincia a crescere Matteo Salvini e Luigi Di Maio fanno a gara a utilizzare il differenziale BTP-Bund per la loro propaganda elettorale. Salvini si limita a un “Chiedete a Mattarella” quando gli domandano dello spread. Con audacia e sprezzo del ridicolo, Di Maio invece lavora come spesso gli succede sulla scarsa, se non nulla, memoria dell’esercito di piccolifàns per continuare a offendere la realtà, la logica e la verità dei fatti.
L’alibi di Di Maio e Salvini sullo spread
Nella narrazione dimaiana la politica economica del MoVimento 5 Stelle non ha mai previsto l’uscita dall’euro, salvo raccogliere le firme per un referendum sull’uscita dall’euro che avrebbe dovuto tenersi, secondo le promesse del M5S, nel 2015. Questa proposta era contenuta anche nella bozza di contratto insieme a quella di farsi annullare il debito dalla Banca Centrale Europea e a quella di togliere dal conteggio del debito pubblico quello posseduto da Francoforte: tutto ciò è stato letto da chiunque prima di essere cancellato con tutto quello che era aggressivo nei confronti dell’Europa nella bozza finale. E se il giochino di dire “no ma io poi ci ho ripensato” funziona con il pubblico delle rockstar, quelli che investono di solito la terza media l’hanno finita da un po’.
Ma se la retromarcia sull’Europa imposta dal contratto poteva servire a salvare le apparenze, la battaglia sul nome di Paolo Savona, improponibile per quello che aveva detto e per quello che stava per dire nel libro in uscita, ha chiarificato che l’obiettivo di M5S e Lega era palese al di là dei contratti firmati. D’altro canto non ci si gioca un governo per un nome, a meno che quel nome non serva per rompere il governo: prima che arrivi la fiducia, come è stato nel caso del povero Conte, oppure dopo per lucrare al massimo da posizione di forza alla prima avvisaglia di guerra con l’Europa come aveva intenzione di fare Salvini.
Lo spread a 300 punti
Lo spread oggi ha superato i 300 punti base andando oltre a quella che era stata definita la “soglia Monti”. L’ex premier a fine 2012 dopo circa un anno di governo aveva individuato come obiettivo per lo spread quota 287, ovvero la metà dei 574 punti che erano stati raggiunti il 9 novembre 2011 (con un rendimento al 7,47%) prima della sua entrata a palazzo Chigi. Intorno alle 12 lo spread è risceso sotto la soglia a 278 punti con un rendimento del 3,07%. Quando è cominciata questa corsa? Il 16 maggio scorso, ovvero il giorno successivo alla pubblicazione della bozza di contratto a cui lavoravano Lega e M5S. Quel giorno il leader della Lega reagì proprio come ci si attendeva: disse che lo spread che sale riguardava i giochini di finanza ed è segno che stavanno facendo bene (cosa? Non avevano fatto nulla…). Quel giorno, quindi, almeno non era colpa di Mattarella. La situazione odierna invece è precipitata perché Lega e MoVimento 5 Stelle, dopo aver rifiutato di fare il governo per non dover cambiare un nome, hanno cominciato ad accusare Mattarella di aver fatto fallire tutto.
Salvini, più furbo di Di Maio, ha mandato avanti lui e la Meloni a sostenere le accuse di alto tradimento e attentato alla Costituzione che hanno contribuito a gettare benzina sul fuoco dell’instabilità italiana, aumentata anche dalla certezza che il governo Cottarelli, che probabilmente arriverà oggi al Quirinale, non avrà la fiducia del Parlamento. E infatti poco fa lo spread tra il Btp a due anni il corrispondente titolo tedesco è volato a 313 punti base, ai massimi dal 2012 quando l’Italia era nel pieno della crisi finanziaria. Il titolo italiano rende il 2,38%. Il differenziale sulla scadenza decennale, invece, ripiega a 275 punti base con un rendimento del Btp al 3,03%. Ovviamente è completamente inutile spiegare a chi non vuole capirlo che se il panico comincia a diffondersi è per l’intero quadro della situazione politica italiana, visto che con Cottarelli a cavallo il capro espiatorio perfetto è già a portata di tweet. E che la situazione fosse esplosiva era facilmente comprensibile da quello che è successo nell’ultima settimana, quando la polemica sul nome di Paolo Savona ha cominciato a far capire a tutti che in ballo non c’era il nome del professore ed economista, ma un confuso vociare di gente che si diceva “arrabbiata” mentre altri mettevano il mipiace come gli adolescenti che hanno un problemino con la ragazza.
La Lega vuole smantellare l’euro ma non è mica contro l’euro
Poi c’è la Lega che, forse ricordando quello che è successo a Marine Le Pen e tenendo presente che l’uscita dall’euro spaventa gli elettori ha sostenuto, con l’autorevole capogruppo della Lega Giancarlo Giorgetti, che se la strategia del governo fosse stata quella che portava all’uscita dall’euro lui non l’avrebbe sostenuta perché il capogruppo del Carroccio è per una critica all’Europa, sì, ma senza eccessi.
«Io non credo che il mio nome sia mai stato fatto dal Colle per l’Economia. Forse il presidente ha tracciato un identikit che è stato liberamente interpretato, ma non mi risulta».
Ha condiviso la soluzione “Savona o morte” di Salvini?
«Il professor Savona rappresenta il dna di questo governo. E vorrei spazzare via il campo dagli equivoci. Se la strategia fosse stata quella che portava all’uscita dall’euro, io non l’avrei sostenuta, né avrei condiviso il contratto che lo prevedesse».A dire il vero gli scritti e le dichiarazioni dell’economista non lasciano margini di incertezza.
«Qui sta l’errore. È un falso che fossimo pronti a uscire dall’Euro. Non avevamo alcun piano B. Allarmi strumentali. Io per primo sono sempre stato per una critica all’Europa, ma senza eccessi».
Chiaro, chiarissimo. Si vede proprio che Giancarlo Giorgetti è la mente della Lega. E giusto per chiarire che lui non è mai stato uno cattivo e ha sempre criticato l’Europa “senza eccessi” si può andare a rileggere quello che Giorgetti stesso ha scritto dieci mesi fa (non dieci anni fa, dieci mesi fa) in un articolo pubblicato su Il Populista, organo web della Lega Nord:
L’articolo, spiegano lo stesso Giorgetti e Claudio borghi Aquilini, ovvero responsabile politica estera e politica economica Lega Nord, sosteneva che su UE ed euro “la nostra posizione, democraticamente discussa e approvata a maggio all’ultimo Congresso di Parma con due nostre mozioni, è chiarissima, scritta e coerente da sempre. La riepiloghiamo in due righe per chi non avesse voglia di leggere i nostri documenti e per chi, magari, fa finta di non capire”. E qual è la posizione, secondo quanto scrivevano i due? Questa:
Gli altri Stati Europei sono partner naturali e fondamentali per l’Italia ma l’Unione Europea dopo Maastricht è diventata un mostro che danneggia tutti e soprattutto noi. Quindi noi vogliamo riscrivere tutti i trattati con l’obiettivo di tornare allo status di cooperazione pre-Maastricht che ha imposto moneta, parametri inventati di finanza pubblica e che col fiscal compact è diventato ancora più assurdo. Pensiamo che uno smantellamento controllato e concordato di Euro e trattati capestro sia nell’interesse di tutti. Se però dovessero dirci di no, non ci faremo umiliare come invece capita al Pd in ogni situazione, vedi beffa dei migranti.
Insomma, la linearità della posizione della Lega è incontestabile: quello che ha detto dieci mesi fa Giorgetti (Europa mostro, smantellamento dell’euro e se ci dicono di no “non ci faremo umiliare” – quindi, è sottinteso, andremo fino in fondo) è soltanto leggermente differente da quello che Giorgetti oggi sostiene. No?
Tre indizi fanno una prova?
Poi ci sono quelli che dicono che lo spread sta crescendo perché la BCE ha smesso di comprare i titoli di Stato italiani e riportano come pistola fumante questo comunicato della Banca Centrale Europea. Nel comunicato, che si riferisce alla settimana passata, c’è scritto che il totale degli acquisti di titoli in ambito del Quantitative Easing è sceso da 3,831 miliardi dai 5,309 miliardi. Nello stesso comunicato è scritto che gli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del programma sono stati pari a 3,628 miliardi, in crescita rispetto alla settimana precedente. A calare sono stati gli acquisti di corporate bond, ovvero i prestiti obbligazionari emessi da società private per ricorrere al finanziamento sul mercato dei capitali, e di covered bond, ovvero i titoli di credito emessi da una banca o altro intermediario avente diritto caratterizzato da un profilo di rischio molto basso ed elevata liquidità
Allora, molto semplicemente, va spiegato che lo spread cresce perché:
– Tutti hanno capito che il paese resterà per molto tempo senza un governo, perché il progetto di Conte è finito sugli scogli del nome di Savona e ci aspettano nuove elezioni dall’esito ancora più incerto di quello del 4 maggio: Lega e MoVimento 5 Stelle si rubano i voti tra di loro e d’altro canto la Lega non ha ancora detto se si presenterà con il centrodestra o con i grillini in campagna elettorale;
– I due partiti hanno però già annunciato il loro no a Cottarelli e questo fa saltare anche la possibilità di tranquillizzare la situazione nei prossimi mesi, che saranno di campagna elettorale non dichiarata; in mezzo ci sono le clausole di salvaguardia dell’IVA da evitare di far scattare e la legge di bilancio da fare, ma queste sono bazzecole;
– Alle prossime elezioni si combatterà una battaglia sull’euro e sull’Europa in cui la faranno da padroni i distinguo e i giochi di parole (un esempio da quella appena passata: i giochini di parole sul voler ridiscutere Maastricht facendo intendere che si parla dei trattati, sì, e nei trattati c’è anche l’euro).
Insomma, visto che questi elementi sono sotto gli occhi di tutti, nel valutare l’alibi di Salvini e Di Maio tenete a mente il motto di Agatha Christie: se tre indizi fanno una prova, tremilanovecentosettantasette indizi cosa fanno, un ergastolo?
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