Tutte le balle di Salvini su Open Arms

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-02-17

L’ex ministro dell’Interno non può dare la colpa a Conte, Trenta e Toninelli per la Open Arms e quindi si inventa che a dover indicare il place of safety per la ONG avrebbe dovuto essere lo stato di bandiera e non l’Italia. Ma le cose non stanno proprio così

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Archiviata – si fa per dire – la questione dell’autorizzazione a procedere del Senato nei confronti di Matteo Salvini per il caso Gregoretti all’attenzione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari è pervenuta la memoria del capo della Lega relativa ad un’altra richiesta di autorizzazione a procedere: quella per la Open Arms. Domani alle 13.00 si terrà la riunione della Giunta e in quella seduta il relatore della vicenda, il Presidente della Commissione, il senatore Maurizio Gasparri, farà la sua proposta, su cui si aprirà il dibattito in vista poi delle successive decisioni.

La difesa di Salvini (fa acqua da tutte le parti)

Per il caso Open Arms le accuse all’ex Ministro dell’Interno sono le stesse:  plurimo sequestro di persona aggravato «per avere – si legge nella richiesta del Tribunale dei Ministri –  nella sua qualità di ministro dell’Interno pro-tempore, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 107 migranti di varie nazionalità giunti in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 e il 15 agosto». La vicenda, ultima della lunga serie della stagione dei “porti chiusi” del Governo Conte 1 ormai agli sgoccioli si era risolta con lo sbarco dei migranti a bordo dell’imbarcazione della ONG spagnola alla quale il Viminale aveva vietato lo sbarco a Lampedusa. All’epoca molti migranti si erano gettati in mare ed erano stati poi caricati a bordo della Guardia Costiera e portati a riva.

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Secondo la difesa di Salvini, che questa volta non può nemmeno tirare in ballo i suoi ex colleghi di governo, «l’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms» avvenuti «al di fuori di aree di sua pertinenza». Il salvataggio dei naufraghi era avvenuto infatti al di fuori della zona SAR di competenza dell’Italia e all’interno della cosiddetta SAR libica. Una zona di search and rescue notificata all’IMO nel luglio del 2018 da molti considerata “fittizia” quando non addirittura un bluff o una vera e propria farsa.

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Fonte: La Repubblica del 03/11/2019

Perché la Libia – un paese in guerra – non ha i mezzi per effettuare le operazioni di ricerca e soccorso nell’area di sua competenza. Con tanto di inchieste – giornalistiche e della magistratura – volte a fare chiarezza sul ruolo di coordinamento delle unità della Marina Militare italiana ormeggiate nel porto di Tripoli, che secondo alcuni sarebbero in buona sostanza la base operativa per gli interventi della sedicente guarda costiera libica.

Salvini spera di essere archiviato come per la Alan Kurdi, ma qualcosa non torna

Ma il punto centrale della difesa di Salvini, stando alle agenzie di stampa, sembra essere un altro. Nella memoria difensiva l’ex ministro spiega che «è sicuramente lo Stato di bandiera della nave che ha provveduto al salvataggio che deve indicare il Pos nei casi di operazioni effettuate in autonomia da navi Ong». La questione è interessante. In primo luogo perché implicitamente ammette che per il caso Gregoretti spettava all’Italia indicare il POS (cosa che il governo non ha fatto lasciando i migranti fermi nel porto di Augusta). In secondo luogo perché non è una tesi nuova. È anzi la stessa linea sostenuta dal Corriere della Sera per spiegare l’archiviazione a carico di Salvini del procedimento di indagine sulla Alan Kurdi.

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Nel caso di Open Arms l’imbarcazione della ONG spagnola aveva chiesto il Pos all’Italia la sera del 2 agosto ma secondo l’ex ministro la competenza era dello stato di bandiera (la Spagna) o di quello più vicino all’area dove si erano svolte le operazioni di salvataggio (Malta). Per quanto riguarda la posizione di La Valletta è semplice: Malta ha una sua zona SAR ma, visto che è un’isola relativamente piccola, non è in grado di svolgere o coordinare le operazioni di soccorso né tanto meno di accogliere tutti i migranti che transitano per il Mediterrano Centrale. Per questo motivo l’Italia generalmente ha spesso assunto il ruolo di coordinamento delle operazioni SAR e di sbarco.

Ma è vero che è compito dello stato di bandiera indicare il POS?

Ma torniamo alla questione dello stato bandiera. Tocca tornare alla richiesta di archiviazione per la Alan Kurdi, fondata, secondo il ricercatore dell’ISPI Matteo Villa, su un palese errore di interpretazione di due articoli (il 3.1.3 e il 3.1.4) della Convenzione di Amburgo in base alla quale deve essere lo “Stato di primo contatto” (vale a dire lo stato bandiera) a dover procedere al coordinamento delle operazioni di salvataggio. Ma quei due articoli della Convenzione di Amburgo riguardano invece la richiesta di ingresso, da parte di uno Stato nelle acque territoriali di un altro Paese allo scopo di compiere le operazioni di ricerca e di salvataggio in mare. Si tratta di rapporti di cooperazione tra Stati. 

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Sia nel caso della Alan Kurdi che della Open Arms non solo si parla di un’imbarcazione privata operata da un’organizzazione non governativa ma soprattutto il salvataggio è stato effettuato al di fuori delle acque territoriali perché si è svolto nella zona SAR, che si estende ben oltre il limite delle acque nazionali (libiche o italiane o di qualsiasi altro Stato).

Inoltre quei due specifici articoli della Convenzione di Amburgo non parlano dell’indicazione del POS, il Place of Safety, ma di operazioni di soccorso in mare. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stabilisce invece che sia il primo MRCC contattato a dover eventualmente trasferire la richiesta di soccorso al RCC responsabile per quell’area e che questo RCC debba «immediately accept responsibility for co-ordinating the rescue efforts, since related responsibilities, including arrangements for a place of safety for survivors» compito che ricade principalmente sul Governo responsabile per quell’area. E che fine fa il RCC di primo contatto? Secondo l’IMO è responsabile per la gestione dei soccorsi fino a che l’RCC competente non assume la responsabilità dei soccorsi. Aggiungete a questo punto quanto detto in precedenza sul ruolo degli assetti della Marina Militare italiana nel coordinamento dei soccorsi “libici” da Tripoli e capirete che la questione non si risolve certo lavandosene pilatescamente le mani e dicendo che sono affari della Spagna.

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Fonte 

Inoltre al punto 6.8 delle linee guida dell’IMO si legge che che il governo e il MRCC responsabile dei soccorsi deve mettere in atto qualsiasi sforzo per «minimizzare il tempo di permanenza dei sopravvissuti a bordo della nave che ha prestato soccorso». Esattamente l’opposto di quello che ha fatto Salvini. In base ai trattati e alle convenzioni internazionali non è vero quindi che spetta allo “stato bandiera” indicare il POS. Vi immaginate ad esempio se a soccorrere dei naufraghi nell’Egeo fosse un mercantile battente bandiera cinese o panamense? Non ha alcun senso che si imponga lo sbarco in un porto distante migliaia di miglia quando ce ne sono di più vicini. Impensabile quindi che una nave come la Open Arms potesse andare in Spagna dopo che il premier Sanchez aveva offerto il porto di Algeciras (il 18 agosto, sedici giorni dopo la prima richiesta all’Italia). Salvini conclude ricordando che «gli eventi dell’agosto 2019  sono simili a quelli del 16 marzo 2018, che avevano coinvolto Open Arms e lo stesso comandante e rispetto ai quali la procura di Ragusa aveva già chiesto il rinvio a giudizio (accuse: violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina)». Ma non la racconta tutta, infatti dimentica che a carico del comandante della Open Arms c’era anche l’accusa di associazione a delinquere mossa dalla procura di Catania, che però è stata archiviata. E non sarebbe la prima volta se anche il processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina finisse in un nulla di fatto.

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