Le balle di Salvini sui giudici che “gli danno ragione” su ONG e porti chiusi

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-28

Salvini è fatto così: quando rischia il rinvio a giudizio chiede l’immunità e dice di aver agito in difesa dell’interesse nazionale. Quando invece viene archiviato racconta che i giudici hanno detto che “le ong devono sbarcare i migranti a casa loro”. Ma non è vero. E come mai quando a chiedere di sbarcare i migranti erano le navi battenti bandiera italiane Salvini le bloccava lo stesso?

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L’archiviazione nei confronti di Matteo Salvini da parte del Tribunale dei Ministri per la vicenda della Alan Kurdi ha fatto fare salti di gioia al leader della Lega. Al punto che è lecito chiedersi come mai quando il Tribunale dei Ministri aveva chiesto l’autorizzazione a procedere al Senato per il caso Diciotti l’allora ministro dell’Interno avesse invece preferito nascondersi dietro l’immunità parlamentare, scrivendo lettere in cui spiegava che non era giusto mandarlo a processo.

Cosa hanno detto i giudici sul caso della Alan Kurdi

«I giudici ci danno ragione sulle Ong, non ditelo a PD, Carole e carolanti vari! L’Italia rialza la testa, è solo BUONSENSO» ha scritto ieri su Facebook Salvini.  Il titolo del Corriere della Sera in primo piano con un virgolettato “le navi delle ONG vadano a casa loro” che sembra proprio dare ragione a quanto ha sempre detto la Lega in questi ultimi anni ma che non è quello che è scritto nella sentenza. Lo avevamo scritto, lo aveva detto il ricercatore dell’ISPI Matteo Villa su Twitter e oggi lo dice anche la ONG italiana Mediterranea Saving Humans (alla quale però Salvini ha negato più volte il permesso a sbarcare nonostante la sua nave batta bandiera italiana): «i giudici del Tribunale dei ministri non dicono che i naufraghi devono essere sbarcati nel territorio dello Stato di appartenenza della nave che soccorre i migranti».

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Secondo la ONG italiana la propaganda dell’ex ministro dell’Interno nasconde la verità perché «il responso dei giudici dei ministri addossa erroneamente (e con noi lo ritengono erroneo ben più qualificati esperti, giuristi e magistrati, di diritto marittimo internazionale), la responsabilità di gestire i casi di soccorso di naufraghi, al primo stato direttamente chiamato in causa dall’appartenenza di bandiera fino all’identificazione del porto sicuro di sbarco». Ma non è scritto da nessuna parte, scrive Mediterranea «che i naufraghi debbano essere sbarcati nel territorio dello stato al quale appartiene la bandiera della nave che ha soccorso».

Qual è il problema della “sentenza” del Tribunale dei Ministri

Matteo Villa su Twitter ha spiegato l’inghippo. Nella motivazioni della sentenza di archiviazione per Salvini giudici citano due articoli (il 3.1.3 e il 3.1.4) della Convenzione di Amburgo per ribadire che deve essere lo “Stato di primo contatto” (vale a dire lo stato bandiera, nell’interpretazione del Tribunale dei Ministri) a dover procedere al coordinamento delle operazioni di salvataggio. Ma quei due articoli della Convenzione di Amburgo riguardano invece la richiesta di ingresso, da parte di uno Stato nelle acque territoriali di un altro Paese allo scopo di compiere le operazioni di ricerca e di salvataggio in mare. Si tratta di rapporti di cooperazione tra Stati. Nel caso della Alan Kurdi non solo si parla di un’imbarcazione privata operata da un’organizzazione non governativa ma soprattutto il salvataggio è stato effettuato al di fuori delle acque territoriali perché si è svolto nella zona SAR, che si estende ben oltre il limite delle acque nazionali (libiche o italiane o di qualsiasi altro Stato).

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Inoltre quei due specifici articoli della Convenzione di Amburgo non parlano dell’indicazione del POS, il Place of Safety, ma di operazioni di soccorso in mare. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stabilisce invece che sia il primo MRCC contattato a dover eventualmente trasferire la richiesta di soccorso al RCC responsabile per quell’area e che questo RCC debba «immediately accept responsibility for co-ordinating the rescue efforts, since related responsibilities, including arrangements for a place of safety for survivors» compito che ricade principalmente sul Governo responsabile per quell’area. E che fine fa il RCC di primo contatto? Secondo l’IMO è responsabile per la gestione dei soccorsi fino a che l’RCC competente non assume la responsabilità dei soccorsi.

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Inoltre al punto 6.8 delle linee guida dell’IMO si legge che che il governo e il MRCC responsabile dei soccorsi deve mettere in atto qualsiasi sforzo per «minimizzare il tempo di permanenza dei sopravvissuti a bordo della nave che ha prestato soccorso». Esattamente l’opposto di quello che ha fatto Salvini con la sua fallimentare strategia dei porti chiusi che ha tenuto per giorni i migranti a bordo delle navi delle ONG e della Guardia Costiera, salvo poi farli sbarcare in Italia. Non finisce qui, Villa ha anche scoperto che quella parte in cui il Tribunale dei Ministri confonde gli articoli della Convenzione di Amburgo è copiata di sana pianta da un documento redatto dalla Scuola superiore di avvocatura del Consiglio Nazionale Forense. Ma non hanno letto poco sotto, dove c’è un esempio concreto di cosa si intende con stato di primo contatto, e non tiene conto che nel caso della Alan Kurdi il RCC che opera nella SAR libica non può indicare il proprio paese come place of safety. Cosa significa tutto questo, che Salvini doveva essere rinviato a giudizio? Probabilmente no, non è stato dimostrato il “dolo intenzionale” da parte di Salvini e del Viminale, e va tenuto conto anche delle competenze in capo del Ministero delle Infrastrutture, all’epoca retto da Danilo Toninelli. Il punto fondamentale però è chiarire che da nessuna parte è scritto che lo stato di bandiera deve essere quello dove vengono fatti sbarcare i superstiti. Perché è successo che Salvini abbia bloccato imbarcazioni battenti bandiera italiana. Ed è alquanto improbabile che un’eventuale cargo battente bandiera panamense possa essere costretto a portare i migranti fino a Panama.

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