Quella volta che i Poteri Forti hanno cancellato a Paragone tre trasmissioni tv

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-16

Voce di uno che grida nel deserto del governo della discontinuità: il senatore del M5S che non ha avuto il coraggio di votare no alla fiducia al Conte bis oggi ci spiega che lui è coerente con le sue idee e che i pentastellati lo sanno. E ricorda di quando gli chiudevano le trasmissioni in TV: peccato che una sia stata un flop, una non brillasse per gli ascolti e invece l’unica di successo l’ha fatta chiudere lui passando dalla RAI a La 7

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Le vie della politica italiana sono infinite. E può succedere che anche uno come Gianluigi Paragone, che in teoria dovrebbe essere già fuori dal M5S per non aver votato la fiducia al secondo governo Conte, oggi possa continuare a dare lezioni al suo Capo Politico e ai compagni di partito. Il regolamento dei senatori del MoVimento sancisce che gli eletti sono tenuti «a votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle».

Per Paragone sono tutti pupazzi, tranne lui

In un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera oggi Paragone parla di un M5S “scisso” e punta il dito contro Luigi Di Maio: «il gioco non è più nelle sue mani».  Qualche giorno fa su Facebook, commentando la decisione del ministro dell’Economia Gualtieri – definito “ministro eurocomandato” – di mettere in soffitta la Flat Tax Paragone scriveva «Il pilota automatico del Mef si completa con altri pupazzetti e comparse agli ordini della solita, fallimentare politica economica». Il ministro al servizio dell’Unione Europea e i pupazzetti: che per il M5S sarebbero la viceministra Laura Castelli e il sottosegretario Alessio Villarosa. Gli stessi che c’erano anche con il governo precedente.

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Non è la prima volta che Paragone, ex direttore della Padania, se la prende con Di Maio. Qualche tempo fa riguardo al doppio incarico ministeriale diceva che «serve un ministro a tempo pieno», che Di Maio «come vicepremier ha perso la sfida» e che al MISE «il Nord lo ha bocciato». Un ingrato? Dal punto di vista del Capo Politico del M5S sicuramente sì. Perché fu Di Maio a scegliere di candidare Paragone all’uninominale (dove è stato bocciato, è entrato in Parlamento grazie al paracadute del proporzionale).

Laura Castelli figlioccia del sistema

Oggi a ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus Paragone ha rincarato la dose cercando al tempo stesso di salvare la poltrona (sempre in base al regolamento in caso di espulsione dovrebbe anche lasciare lo scranno da senatore).  La cosa migliore da fare? Giocare la parte della vittima: «mi hanno chiuso 3 trasmissioni per le idee che avevo, sarebbe paradossale se il M5S mi cacciasse dato che mi avevano chiamato proprio perché mi erano state chiuse le trasmissioni. Di Maio sta soltanto gestendo qualcosa che altri hanno scritto per lui». Ora qualcuno dovrebbe far notare a Paragone che quando gli hanno “chiuso” La Gabbia il programma faceva uno share medio tra il 3,1 e il 3,8%. Ma anche all’epoca (era il 2017) Paragone parlava di complotti. Del resto uno che credeva alla storia delle matite copiative cancellabili e che da quella trasmissione ha propinato il complotto di Laura Boldrini per riempirci di immigrati, che volete che sia quello dello share? Per quanto riguarda invece il suo programma in Rai (L’Ultima Parola) fu Paragone a decidere di andarsene a La 7 per divergenze con la dirigenza (che pure non aveva cancellato il programma). L’altro programma RAI, Malpensa Italia invece fu un vero e proprio flop. Per fortuna che La Padania prendeva sostanziosi finanziamenti pubblici.

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Ma Paragone non ce l’ha solo con Di Maio e promette «sarò una spina nel fianco all’interno del M5S e questo mi consentirà di raccogliere un malcontento che fra un po’ sicuramente verrà fuori». Insomma vuole far vedere che sta giocando per la squadra, per raccogliere i voti dei delusi dall’accordo con il Partito Democratico tenendoli dentro al M5S. Infatti fa subito capire da che parte sta: «Castelli ormai è diventata una figlioccia del sistema, anche Villarosa non è più quello di prima». Ne ha anche per Conte che definisce “addomesticato” e «un bellissimo pavone nello zoo europeo». Il modo migliore per far capire che lui sta proprio dalla parte del MoVimento, mica è uno che rema contro. Apprendiamo ad esempio che se il governo gialloverde è riuscito a portare a casa il clamoroso risultato del 2,04% è perché «prima della crisi dissi a Tria: non si azzardi a fare una manovra sotto il 2% perché io non la voterò». È bastato un ridicolo 0,04% (e ricordiamo che si partiva da un 2,4%) a far cambiare idea all’inflessibile Paragone. Chissà cosa servirà ora, magari quella poltrona da presidente della Commissione Banche che i soliti poteri forti non vorrebbero dare proprio a lui?

 

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