Paola Taverna: da “io nun so un politico” a “lei non sa chi sono io” in meno di una legislatura

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-15

Nelle more dello scontro a colpi di tweet tra Paola Taverna e Maria Elena Boschi (roba che nemmeno Alien contro Predator) scopriamo che l’umile portavoce del Quarticciolo ora preferisce essere chiamata “il Vicepresidente del Senato”, in attesa della discussione della tesi di laurea triennale dopo la quale verosimilmente si si dovrà riferire alla senatrice Taverna con il titolo di “Dottoressa il Vicepresidente del Senato”

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Da qualche giorno su Twitter va in scena un noioso battibecco tra la senatrice Paola Taverna e l’ex ministro Maria Elena Boschi. Tutto è nato quando la deputata del PD ha commentato la notizia di Fincantieri che non riesce a trovare seimila operai per i suoi cantieri. Secondo la Boschi il governo dovrebbe concentrarsi sull’allarme (si fa per dire) lanciato dall’AD di Fincantieri Bono invece che sul Reddito di Cittadinanza. Naturalmente il problema di Fincantieri non è causato dal RdC.

La battaglia a colpi di Tweet tra la Boschi e la Taverna

A stretto giro di posta la replica piccata della senatrice Taverna che ricorda all’onorevole Boschi che «il sistema del Reddito è già partito» e che adesso il MoVimento 5 Stelle si sta occupando«del taglio di 345 Parlamentari». La senatrice pentastellata suggerisce alla Boschi di «inviare il cv come saldatrice. Oppure c’è il Rdc con cui le proponiamo dei lavori, se rifiuta due volte la mandiamo nella sua Bolzano. Ci pensi!». Ora è vero che la Boschi ha sbagliato a dire che il fatto che a Fincantieri non si trovino operai è colpa del Reddito di Cittadinanza, ma con la sua risposta Paola Taverna ne commette atri. Il primo è che il RdC è partito ma solo per quanto riguarda l’erogazione del sussidio, non per quanto concerne l’aiuto per i disoccupati a trovare lavoro. Cosa questa che è la parte più importante del provvedimento, almeno in linea teorica.

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Il secondo è che Taverna rivendica come un successo il taglio di 345 parlamentari. Chissà dov’era durante la scorsa legislatura Paola Taverna quando il M5S  andava all’attacco della “schiforma” costituzionale Renzi-Boschi che prevedeva il taglio di 200 senatori. Si potrebbe anche discutere su quanto valga il principio dell’uno vale uno quando si riduce il numero di rappresentanti.  Volendo poi si può pure discutere sull’idea di mandare la boschi a fare la saldatrice in cantiere, che senza dubbio ha il sapore antico di quando il MoVimento 5 Stelle voleva mandare tutti a casa. Ora invece i pentastellati discutono se e come derogare al limite dei due mandati.

Come Paola Taverna è diventata “politica”

Sembra proprio che per la senatrice Taverna andare a fare “la saldatrice” sia quasi un’umiliazione. Eppure è un lavoro onesto. Il punto semmai è che la Boschi è un avvocato e quindi qualora rimasse fuori dal Parlamento alle prossime elezioni probabilmente tornerà a fare quel lavoro. E in un tweet la deputata Dem si chiede cosa andrà mai a fare invece la senatrice Taverna quando finirà la legislatura e dovrà tornarsene a casa (non l’alloggio popolare dove abitava la madre).

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In un impeto di lei non sa chi sono io che poco si addice a quella senatrice che ovunque ricordava delle sue umili origini e che ribadiva “io nun so politica” quando i cittadini infuriati la contestavano la Taverna ci tiene a farci sapere che oggi  «ho preso il mio ultimo 30 a Sociologia dei fenomeni politici. Se vuole da ottobre può chiamarmi Dottoressa in Scienze Politiche». Perché la Taverna è pur sempre parte di quel MoVimento che voleva abolire il valore legale dei titoli di studio e che ogni giorno se la prende coi professoroni. Ma non finisce qui, perché in attesa di essere proclamata dottoressa (triennale) l’eroina del Popolo si accontenta di un titolo più semplice e terra-terra.«Ad oggi per lei sono il Vicepresidente del Senato» scrive, e sembra quasi sentirla urlare tiè e fare il gesto dell’ombrello davanti allo schermo dopo aver cliccato sul pulsante tweet.

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Paola Taverna nel 2013, in versione “usciamo dall’euro” e “io nun so politica”

Il problema qui non è se la laurea (triennale) in Scienze Politiche valga meno di una in giurisprudenza (con relativo Esame di Stato per l’iscrizione all’albo). Non è nemmeno importante che la Taverna si laurei a 50 anni. Il punto è che questi qui erano entrati in Parlamento per aprire l’Aula come una scatoletta di tonno ma dopo sei anni, di cui uno trascorso al governo, sono più impegnati a fare il calcolo di cosa sono diventati che quello di cosa hanno fatto.

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Paola Taverna nel 2018

Se la prendono con i giornalisti, come dei politici qualsiasi. Oppure si vantano di essere ad un passo dalla laurea, magari dopo aver tagliato i fondi all’Università. Ma cerchiamo di vedere il lato positivo: cinque anni fa la Taverna avrebbe detto alla Boschi una cosa come «mafiosi, schifosi, siete delle merde, ve ne dovete andare, dovete morire!», oggi si limita ad augurarle di andare a fare la saldatrice. Poi uno dice che studiare non serve a niente, si imparano anche delle parole. Chissà se ha anche imparato a fare correttamente il cambio euro/lira, potrebbe servire presto.

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