Come M5S mantiene le promesse: la Taverna e l’elemosina alle università italiane

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-12-06

La vicepresidente del Senato esulta sui social perché la Manovra del Popolo consentirà alle Università italiane di tornare a respirare con un investimento di ben 40 milioni di euro aggiuntivi per il Fondo per il finanziamento ordinario delle università. Peccato che quando si vanno a guardare i numeri si scopra che sono solo briciole. Eppure in campagna elettorale il M5S prometteva di destinare 25 miliardi in 5 anni alla spesa per l’istruzione

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«Con 60 milioni le Università tornano a respirare». È raggiante la senatrice Paola Taverna quando annuncia che nella Manovra del Popolo il governo ha previsto lo stanziamento di 40 milioni di euro per i fondi agli atenei, 10 milioni per le borse di studio e 10 per gli istituti di ricerca. Secondo la senatrice pentastellata «finalmente il Governo agisce e pone l’istruzione fra gli obiettivi principali». Ma davvero 60 milioni di euro sono una boccata d’ossigeno? La risposta è no.

Davvero 40 milioni di euro sono uno stanziamento eccezionale?

Secondo Paola Taverna lo stanziamento dimostra che il governo Conte ha l’istruzione universitaria tra gli obiettivi principali. Ma cosa sono sessanta milioni di euro di fronte ai 9 miliardi previsti per il Reddito di Cittadinanza e ai 7 miliardi che ci costerà il “superamento” della legge Fornero? Niente. Dire che il governo pone l’istruzione tra gli obiettivi principali presentando il tutto come un enorme regalo di Natale per gli atenei italiani è una sonora fregnaccia. I 40 milioni di euro graziosamente donati alle università del Bel Paese andranno a finire all’interno del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO). Sapete a quanto ammonta la dotazione del FFO per il 2018? Sette miliardi e trecento milioni di euro.

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Messa in questa prospettiva è evidente quindi come l’Università non sia tra gli obiettivi principali dell’esecutivo. E come potrebbe essere altrimenti. Ma per Paola Taverna su una manovra da 37-40 miliardi di euro mettere 40 milioni “nelle casse dei nostri atenei” equivale a mettere al centro la spesa per l’istruzione. Al massimo si può dire che il governo gialloverde sta facendo quello che hanno fatto tutti i governi dal 2010 ad oggi: aumentare impercettibilmente la dotazione del Fondo.

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Riguardo invece ai 10 milioni per le borse di studio, basti qui ricordare che gli studenti universitari italiani sono 1.654.680. Non tutti naturalmente avranno diritto alla borsa di studio. Ma quante sono le borse di studio erogate annualmente?

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Nel 2016 vennero erogate 136mila borse di studio e nel 2017 i fondi statali per il diritto allo studio ammontano a 217 milioni di euro (nel 2013 erano 149 milioni). Di nuovo: ben vengano i 10 milioni di euro in più ma non sono certo uno stanziamento clamoroso. Anzi, il partito che prometteva «un rilancio forte di formazione, università e ricerca» dicendo che avrebbe portato entro la fine della legislatura la spesa per l’Università e la ricerca «in media con l’Unione europea: al 5% del Pil per la formazione e al 3% per la ricerca» forse avrebbe potuto fare di più.

Le noccioline che il M5S “regala” alle università italiane

Anche perché il M5S aveva scritto nero su bianco quanti soldi servivano per questo ambizioso programma di rilancio di formazione, università e ricerca: 25 miliardi di euro in cinque anni. Ovvero cinque miliardi di euro l’anno. Paola Taverna però festeggia perché sono stati stanziati 60 milioni di euro, non esattamente quello che era stato promesso. Il professor Michele Boldrin commenta su Twitter il grande annuncio della senatrice Taverna dicendo che «il governo Lega-M5S è disposto ad investire nel futuro dei giovani meno di 1/200 di quanto intende regalare ai sessantenni per farli stare in pensione 30 anni». Il tutto a carico di chi quelle pensioni dovrà pagare il futuro, cioè i giovani (se troveranno lavoro).

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In termini percentuali secondo Italia Dati alla Mano  la misura a sostegno dell’Università e della ricerca porta la spesa per l’istruzione universitaria dallo 0,16% del PIL allo 0,16% del PIL. Non sposta quindi nulla. Ma il M5S la vede diversamente e twitta «Altro che tagli: con noi al Governo lo Stato torna a fare lo Stato!».

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Le cose non migliorano se si va oltre i confini italiani e si guarda quanto spendono gli altri stati membri della UE per l’istruzione, l’università e la ricerca.

I dati Eurostat del 2016 e mostrano come il nostro Paese investa il 3,9% del PIL nell’istruzione (la Francia investe invece il 5,4% del PIL, la Germania il 4,2%) . In particolare per quanto riguarda l’istruzione universitaria (tertiary education nei grafici qui sopra) l’Italia spende lo 0,3% del PIL (Francia lo 0,6% e la Germania lo 0,8%). Nel 2017 la spesa per l’Università era salita allo 0,4% del PIL, sempre poco rispetto a quanto fanno nel resto d’Europa.

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Con l’incredibile manovra del popolo però questa spesa rimarrà sostanzialmente uguale. Il MoVimento 5 Stelle si è dato 5 anni di tempo (ma nel contratto di governo tutti questi riferimenti sono scomparsi) per portare la spesa per l’istruzione al 5% del PIL, ovvero aumentarla dell’1,1%. Perché quindi festeggiare lo stanziamento di 40 milioni di euro?

Leggi sull’argomento: Come Di Maio mantiene le promesse: 14 euro di aumento agli insegnanti

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