Come Barbara Lezzi e il M5S hanno preso in giro Taranto tra la promessa della chiusura e quella di salvare l’ILVA

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-05

Sull’ex Ilva di Taranto hanno sbagliato tutti, per anni. Ma nessuno era mai riuscito ad inanellare così tanti errori in così poco tempo come ha fatto il MoVimento 5 Stelle, che ora con Barbara Lezzi torna a sognare fantomatici investimenti europei e dopo aver fatto scappare l’unico investitore parla della necessità di “soldi e investimenti”

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La decisione di Arcelor Mittal di recedere dal contratto per l’Ilva di Taranto nasce dalla scelta del M5S di tornare ad assecondare alcuni principi ritenuti “non derogabili” come quello dell’immunità penale per i nuovi proprietari dell’acciaieria. Ma oltre a dimostrare la rigidità di un MoVimento che si è sempre raccontato come fluidopost-ideologico (ovviamente non vuol dire nulla, ma è così bello dirlo) ne dimostra la sua intrinseca fragilità.

Il dilemma del prigioniero del M5S: chiudere ILVA o salvare i lavoratori?

Perché il M5S è quello che durante la campagna elettorale delle politiche del 2018 aveva letteralmente promesso di chiudere l’Ilva e di riconvertire tutta l’area dello stabilimento. “Come hanno fatto nella Ruhr”, scrisse Beppe Grillo promettendo una bonifica miracolosa con i fondi europei, la stessa di cui è tornata a parlare ieri l’ex ministra Barbara Lezzi che si erge a “vincitrice” e paladina dei tarantini. E in molti in Puglia ci hanno creduto al M5S, attori e ambientalisti, elettori che alle urne hanno votato per il partito di Di Maio e di Grillo nella speranza di essere salvati dall’Ilva, dal TAP e dalla Xylella. E in Puglia i consensi sono arrivati, tanti, un successo incredibile e impensabile. È durato poco, giusto il tempo per l’allora ministro del Lavoro del Conte 1 di fare una sceneggiata sulla firma del contratto che poi è stato sottoscritto dal Governo.

E proprio in quel contratto c’era l’esimente penale, l’immunità, inserita nel 2015 dall’allora governo Renzi. A confermarlo oggi a Omnibus anche il segretario nazionale FIM CIS Marco Bentivogli che era presente alla trattativa di Di Maio con Arcelor-Mittal. Cosa è successo dopo? Secondo Bentivogli la batosta delle europee, che ha fatto seguito ad una lunga serie di tradimenti più o meno importanti ha contribuito a riaccendere la battaglia contro quello che il M5S ha sempre visto e raccontato come un inutile regalo ai vertici aziendali.

Come il M5S sta continuando a prendere in giro i tarantini

E così nell’aprile del 2019 il governo gialloverde decise di non prorogare lo scudo legale per l’ILVA. Uno scudo che non avrebbe protetto unicamente Arcelor (tant’è che valeva anche per i commissari che hanno gestito l’amministrazione straordinaria) e nemmeno unicamente i “vertici” ma tutti gli impiegati che proprio in virtù dell’attività operativa dello stabilimento, avessero dovuto prendere decisioni operative con un impatto ambientale.

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Se dal punto di Arcelor Mittal la questione era abbastanza scontata visto che non aveva nulla a che fare con la gestione Riva ed Italsider per il MoVimento 5 Stelle la battaglia sull’immunità penale invece aveva un altro significato. Serviva a riconquistare quei voti persi in Puglia. Persi perché il M5S ha fatto promesse che sapeva di non poter mantenere sena avere poi l’onestà intellettuale di ammetterlo. Come quando Barbara Lezzi cercò di spiegare il sì alla TAP raccontando che era “segreto” quando fu votato in Parlamento durante la scorsa legislatura.

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La storia dell’immunità è un problema assolutamente marginale per la questione di Taranto. Perché è evidente che ai cittadini interessa che la bonifica vada avanti e agli operai interessa non perdere il posto di lavoro. Ma per il M5S la questione dello “scudo penale” invece diventa un’arma ideologica di propaganda per tenere sulla corda l’azienda, per far vedere che non stanno cedendo agli interessi del Capitale. Il tutto evitando di dire che se nemmeno Arcelor-Mittal – che è il più grande gruppo siderurgico a livello mondiale – è in grado di gestire l’ex ILVA non lo potrà fare nessuno e che senza Arcelor l’azienda chiuderà e tutti saranno licenziati. Di Maio poteva revocare il contratto ad Arcelor, ma non lo ha fatto, poteva togliere le esimenti penali, ma le ha fatte rimettere.

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Il M5S non ha avuto il coraggio di portare alle logiche conseguenze la sua battaglia ambientalista per Taranto. Alla fine ha scelto di farlo sulla questione dello “scudo” e a farlo è stata proprio l’ex Ministra del Sud Lezzi, che ha presentato un emendamento che cancellava l’articolo 14 del decreto imprese che aveva ripristinato l’immunità per i vertici dell’ex Ilva. Che poi la decisione di togliere l’immunità sia stata usata come scusa da parte di Arcelor per recedere dal contratto è un altro discorso. Il governo, quello presente e quello passato, avrebbero dovuto evitare di fornire all’azienda una scusa per disinvestire ben sapendo che l’assenza dello scudo penale è una clausola di risoluzione del contratto che consente ad Arcelor di andarsene senza rischiare nulla.

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