Economia
Ma allora l’ILVA si chiude o no?
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2018-06-08
Ieri Beppe Grillo ha detto che l’ILVA si deve bonificare con un programma di dieci anni e i soldi dell’Europa. Fioramonti: “Metteremo gli operai a fare altre cose”. Ma Di Maio fa sapere che non ha ancora deciso…
Giuseppe Conte è autonomo, il governo Lega-M5S deve governare e c’è grande accordo sia tra gli alleatOPS, firmatari del contratto che all’interno delle forze politiche del nuovo esecutivo. Sarà per questo che ieri sera Beppe Grillo si è sentito in dovere di far sapere al popolo che nessuno ha mai pensato che bisogna chiudere l’ILVA anche se si parla di chiuderla su Twitter.
La brutta fine che sta per fare l’ILVA
Grillo linka un post sul suo blog intitolato “Che il cielo sopra l’ILVA diventi sempre più blu”, in cui si parla del “Bacino della Ruhr”, in Germania, l’area finita di bonificare in dieci anni (1990-2000) a tutt’oggi un esempio seguito da tutti gli architetti, i bio-architetti e gli ingegneri del mondo industrializzato. Secondo Grillo gli strumenti perché «il cielo sopra l’Ilva diventi sempre più blu» sono due. Il primo: il reddito di cittadinanza. Il secondo: «I circa 2,2 miliardi, che sono stati immessi in un fondo, quando l’Europa si chiamava Ceca (Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio, ndr.) dalle imprese di settore proprio per i prepensionamenti dei lavori usuranti e per le bonifiche». Fondi che attualmente sono gestiti dal Consiglio europeo, e che per il comico sono stati messi, «credo, all’ingrasso in qualche fondo tripla A tedesco, presumo e presumo, e danno un po’ di contentini per la ricerca al carbone».
Tutto chiaro, no? L’ILVA si bonifica con i fondi europei e tutto va a posto. Lorenzo Fioramonti in un’intervista rilasciata a La7 aggiunge che “se a luglio dovesse esserci un non accordo tra acquirenti e sindacati noi dialogheremo con le realtà locali, la Regione il Comune e i sindacati per fare all’Ilva un’altra cosa“. Il deputato M5S ha garantito che “lavoreremo perché nessuno perda il posto di lavoro. Li metteremo a fare altre cose a cominciare dalle bonifiche invece di buttare dei soldi per tenere in piedi un mostro che distrugge. Quei soldi li daremo direttamente a un organismo che bonifichi e riconverta”.
L’ILVA e i sindacati terrorizzati
Parole che scatenano la reazione dei sindacati: “Il potenziale viceministro di Luigi Di Maio dovrebbe evitare di dire furbescamente che in questa fase il governo sta alla finestra rispettando il confronto tra Mittal e sindacati perché è il governo che ha fatto il bando di gara, e sono i loro predecessori al governo che hanno fatto l’ accordo segreto con Mittal. Il governo deve convocarci e dire se quell’accordo per loro vale visto che noi lo giudichiamo negativo e quali intenzioni ha sul futuro dell’Ilva e sulla produzione dell’acciaio”, dice il segretario della Fiom genovese Bruno Manganaro.
Anche Alessandro Vella della FIM dice la sua: “Noi pensiamo che la produzione dell’acciaio possa, come accade in tutta Europa, essere resa compatibile con la salute e l’ambiente applicando le migliori tecnologie oggi disponibili. Il nostro Paese importa acciaio dalla Germania in una fase in cui tutte le nostre aziende ne hanno bisogno per le loro produzioni. Lasciamo al professore (Fioramonti, ndr) le sue teorie benaltriste e confidiamo nel buon senso e nella ragionevolezza del Ministro Di Maio. Ci sono circa 20.000 lavoratori che aspettano”.
È tutto in mano a Di Maio, raga!
A schierarsi per la chiusura sono anche i Genitori Tarantini, che in una lettera aperta ai ministri della Giustizia, della Salute, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e del Lavoro, che in una lettera ai ministeri dell’Ambiente, della Giustizia e dello Sviluppo scrivono: “Quanto costa un chilo di acciaio prodotto a Taranto, al netto delle spese vive? Quanto costa in vite umane? Quanto in malattie e spese sanitarie? Quanto in tumori in ogni parte del corpo, senza distinzione di sesso e età? Quanto in diritti negati, soprattutto ai bambini? Quanto in agricoltura e allevamento negati? Quanto in mare violentato? Quanto in sfregi alla bellezza e alla storia?”. Alla luce “di queste considerazioni, immaginate – concludono – quello che si potrebbe ottenere dalla chiusura immediata delle fonti inquinanti. Quello che pretendiamo è solo quello che gli antichi latini predicavano: Fiat iustitia ruat caelum. Sia fatta Giustizia anche se i cieli cadono”.
E mentre l’ex ministro responsabile del dossier Carlo Calenda sfotte amabilmente Beppe, nella polemica finalmente interviene l’unico che dovrebbe parlare, ovvero il neoresponsabile dello Sviluppo Luigi Di Maio. Che però, ovviamente, non dice proprio niente: “Se chiuderemo l’Ilva? Voglio dare un messaggio chiaro a tutti coloro che hanno queste preoccupazioni: qualsiasi decisione sarà presa con responsabilità e attenzione, non davanti alle telecamere, non in un’intervista”. La decisione quindi non è stata presa. Ma come, Fioramonti e Grillo avevano detto di sì…