Il voto a febbraio e l’opzione guerra alla UE nei piani di Lega e M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-10-26

Nella maggioranza comincia a circolare l’ipotesi di tornare alle urne per incassare il dividendo elettorale prima di pagare il conto alla realtà. E poi domani, quando la realtà dei numeri tornerà a bussare alla porta? Domani è un altro giorno. Un altro palco, un’altra Rolls Royce, un’altra corsa per la vita

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Il 21 novembre la Commissione Europea aprirà la procedura d’infrazione contro l’Italia se, come sembra altamente probabile, non verranno modificati i saldi della Manovra del Popolo con la Manovra del Popolo di Scorta come paventato da Tria e Savona.

Il voto a febbraio e l’opzione guerra alla UE nei piani Lega-M5S

Prima arriveranno i giudizi di Standard & Poor’s sulla sostenibilità del debito italiano dopo quello di Moody’s e soprattutto i risultati della vigilanza europea sulla solidità delle nostre banche, il vero spauracchio dell’esecutivo come dimostrano le cautele sui 15 miliardi stanziati dall’esecutivo precedente che il governo potrebbe utilizzare. Matteo Salvini oggi ha rilasciato un’altra delle sue dichiarazioni criptiche sostenendo che “Se qualcuno ne ha bisogno noi ci siamo. Senza fare gli interventi del passato. Se qualche banca o qualche impresa avrà bisogno noi ci siamo”. Inutile spiegare al Capitano che alle banche servono, nel caso, soldi per la ricapitalizzazione e gli interventi del passato e del futuro non possono essere diversi, perché l’opzione di asciugare dal sudore la fronte del banchiere in difficoltà darebbe magari sostegno allo stesso ma difficilmente aiuterebbe i suoi bilanci.

banche 15 miliardi
Le banche sotto pressione in Borsa (Il Sole 24 Ore, 26 ottobre 2018)

Del resto, se davvero le banche vanno in difficoltà significa che lo spread è salito oltre la quota dei 400 punti, soglia indicata da più parti come il limite oltre il quale è impossibile sostenere una guerra con l’Unione Europea che comunque anche a Bruxelles ritengono difficile vincere visto che le loro armi – la sanzione o multa che bisognerebbe riscuotere – sono abbastanza spuntate e rischiano di alzare ulteriormente il livello dello scontro con il governo italiano. È per questo, informa oggi Francesco Bei sulla Stampa, che ai piani alti del governo, soprattutto nella centrale leghista, si inizia a parlare a mezza bocca di uno scenario estremo, molto lontano dalla retorica ufficiale che colloca le elezioni alla scadenza naturale della legislatura nel 2023. Nella maggioranza circola infatti la data di febbraio per lo sbocco elettorale di una crisi che, da finanziaria e bancaria, potrebbe facilmente diventare anche politica. I prossimi quindici giorni saranno decisivi per capire se le fiamme che vediamo oggi diventeranno un vero incendio.

Lo sbocco elettorale di una crisi politica

Nella supermedia dei sondaggi di Youtrend per AGI Lega – Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle perdono ancora terreno, mentre nei giudizi sulla manovra prevale da un lato l’idea che il giudizio di Bruxelles sia giustificato, dall’altro la preoccupazione di una possibile crisi finanziaria. Un piccolo segnale che non costituisce certo un’inversione di tendenza per il consenso elettorale ancora robusto di cui godono grillini e (soprattutto) leghisti, ma che dovrebbe suonare come un campanello d’allarme per i gialloverdi: lo scontro frontale con l’Unione Europea mentre i nervi del 2011 sono ancora scoperti e il ricordo della Grecia è ancora vivido potrebbe diventare un boomerang politico per Lega e M5S. Esattamente come provvedimenti oggi sbandierati (è il caso del reddito di cittadinanza) se il mutato quadro macroeconomico dovesse portare a un restringimento della platea dei percettori o – peggio – a una sospensione del sussidio per cause di forza maggiore, ovvero per “colpa” dell’Europa.

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Le slide del reddito di cittadinanza

E quindi, ragiona ancora il retroscena sulla Stampa, dal punto di vista dei due leader che guidano l’esecutivo, far saltare subito il banco potrebbe risultare una mossa meno azzardata che subire l’umiliazione del programma Omt perché in «difficoltà economica grave e conclamata». Sarebbe il commissariamento dell’Italia, che anche Berlusconi riuscì a evitare. Da qui la via d’uscita più semplice, quella di una campagna elettorale tutta giocata all’attacco di Bruxelles, con il bilancio italiano nel frattempo congelato in esercizio provvisorio. Uno scenario estremo e tuttavia con diversi vantaggi per i protagonisti.

Le urne a febbraio

D’altro canto anche se i giorni al governo sono pochi MoVimento 5 Stelle e Lega hanno sparato gran parte delle loro cartucce nella Manovra del Popolo senza però aver pagato il prezzo elettorale della misura dell’efficacia dei loro provvedimenti. Al Centro e al Nord ancora non sanno che la maggior parte dei percettori del reddito di cittadinanza sarà al Sud e che siccome le risorse sono scarse non a tutti arriverà il sussidio, così come in pochi immaginano che la gran parte dei fruitori di Quota 100 sarà dipendente pubblico: in tanti ancora aspettano la flat tax al 15% sui loro redditi mentre  la crisi delle banche si porterà dietro una stretta del credito che colpirà le imprese del Nord e le scelte politiche sulle infrastrutture, dalla Tav alla Gronda, non faranno scoppiare di felicità il Settentrione, comunque vada. Il rischio è che tra un anno il governo si trovi con una legge di bilancio da riscrivere in chiave di austerity mentre la ruota dell’opinione pubblica sarà girata in senso contrario, a puntare il dito su chi ha promesso e non ha mantenuto o l’ha fatto male.

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Dichiarazione integrativa, i conti dell’Ordine dei Commercialisti (La Repubblica, 25 ottobre 2018)

Meglio quindi andare all’incasso del 60% accreditato dai sondaggi e indicare un nemico a cui dare la colpa quando le cose vanno male, senza contare che con il boom della Lega e l’appoggio del residuo di centrodestra su cui lanciare l’OPA più facile del mondo promettendo posti di governo, Salvini può anche pensare che le urne gli tolgano dai piedi l’unico avversario scomodo, il MoVimento 5 Stelle che potrebbe avere anche molti problemi a candidare di nuovo Luigi Di Maio visto che c’è la regola dei due mandati e rimangiarsela non sembra una scelta potabile nei confronti degli attivisti che aspettano il loro turno per partecipare alla lotteria delle candidature su Rousseau. Da qualunque punto di vista la si guardia, l’ipotesi di un ritorno alle urne sembra più accettabile di quella di piegare il capo di fronte allo spread, ai mercati, all’Unione Europea e alla calcolatrice. E poi domani, quando la realtà dei numeri tornerà a bussare alla porta? Domani è un altro giorno. Un altro palco, un’altra Rolls Royce, un’altra corsa per la vita.

In copertina: vignetta di El GiVa per neXt Quotidiano

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