Il piano B: indovinate cosa salta con la Manovra del Popolo di Scorta?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-10-23

C’è un piano B anche per i gialloverdi. E prevede proprio quello che Di Maio esecra: tagliare le spese su cui si incasserà il dividendo elettorale oppure aumentare le tasse. Dopo la chiusura delle urne

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“Se cediamo adesso su reddito di cittadinanza e pensioni gli elettori ci puniranno alle urne”, dice oggi Matteo Salvini. “L’Europa ci dia il tempo necessario prima di giudicare la manovra”, ha detto qualche giorno fa Luigi Di Maio. Il fattore tempo diventa sempre più importante nei progetti gialloverdi e una deadline è fissata a maggio. Ovvero per le elezioni europee, che diventano sempre più il giorno in cui si scoprirà il bluff.

Una rottura furbetta con l’Unione Europea

Di Maio e Salvini hanno però bisogno di tempo. Ovvero di passare l’inverno dello scontento dei mercati, che si paleserà a colpi di crescita dello spread in più e più occasioni in contemporanea con i giudizi delle altre agenzie di rating prima e con la prevedibilissima bocciatura della manovra da parte della Commissione Europea poi. «Ridurre il deficit rispetto alla previsione del 2,4% significherebbe non fare il reddito di cittadinanza, evitare di eliminare la Fornero: non sono numeri ma la vita delle persone», sostiene oggi Luigi Di Maio che ieri ha rinnovato il patto politico con il leader della Lega. Dimenticando di trarre le dovute conseguenze da quanto ha scritto Tria alla Commissione Europea, in accordo con Savona: se si registrerà una deviazione degli obiettivi di crescita allora si farà una manovra correttiva. C’è quindi un piano B: Tria fa sapere che l’ipotesi di una manovra correttiva è stata già presa in considerazione.

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In cosa potrebbe consistere questa ulteriore manovrina? Se il PIL non dovesse crescere come sperato allora il Governo dovrà per forza di cose operare dei tagli alla spesa. E indovinate quale è quella parte della spesa finanziata con il deficit? Proprio le promesse elettorali di M5S e Lega.

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C’è un piano B anche per i gialloverdi insomma. E prevede proprio quello che Di Maio esecra: tagliare le spese su cui si incasserà il dividendo elettorale. Dopo la chiusura delle urne.

Da leggere: La sorpresa che il Governo del Cambiamento sta preparando per voi

Il piano A, il piano B

Cosa potrebbe andare storto? Molto. In primo luogo sul reddito di cittadinanza ad oggi il governo rischia di finire nei guai perché il meccanismo che si sta approntando è ad alto rischio di frode e aggiramento, mentre sarà impossibile approntare una tutela dalle cosiddette spese immorali, proprio perché altrimenti si rischia di non partire in tempo per le Europee. Poi c’è il problema della platea degli aventi diritto. I conti della serva ci dicono che non ci sono abbastanza soldi per tutti anche con il deficit/PIL al 2,4% ed è altamente probabile che quando si scoprirà la differenza tra gli annunci dei cartelloni (780 euro per tutti) e la realtà del progetto di legge molti che pensavano di aver svoltato grazie al reddito di cittadinanza si troveranno a cambiare idea. E a prendersela con chi gli ha promesso la svolta, ovviamente.

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Il conto dell’INPS per quota 100 (Il Messaggero, 23 ottobre 2018)

La stessa cosa potrebbe succedere con quota 100. Il governo sta già programmando di rinviare a giugno il pensionamento degli statali proprio per rendere meno pesante l’impatto sui conti, mentre chi ne usufruirà rischia comunque una decurtazione dal 5 al 21% dell’importo totale della pensione per gli anni d’anticipo. Da non sottovalutare anche la questione delle liquidazioni differite per il pubblico impiego: il governo pensa di far anticipare gli importi alle banche ma il conto finale è di 8 miliardi. Anche qui si prevede tempesta.

La Manovra di Scorta

Tutto questo per ora non sembra agitare i sogni della maggioranza gialloverde. Scrive oggi la Stampa che Salvini, il quale sta cominciando a trasformare in voti reali i consensi virtuali dei sondaggi, non sarebbe contrario a modifiche tecniche per recuperare qualche miliardo, come ad esempio spostare l’entrata in vigore della riforma delle pensioni. Non sarebbe un grande problema per il capo del Carroccio, si tratterebbe di qualche settimana. Anche per Di Maio non sarebbe un dramma lo slittamento del reddito di cittadinanza ma non oltre marzo. Il traguardo da tagliare con successo sono le europee di maggio 2019 dove M5S e Lega voglio andare all’incasso. Solo dopo sarà possibile fare un check alla manovra. Ma quando?

La prima data utile per capire se la manovra del governo giallo-verde è in grado o meno di produrre i risultati attesi slitta molto in avanti. Le stime preliminari dell’Istat sull’andamento del Pil nel secondo trimestre del 2019, il primo in cui potrebbero farsi sentire gli effetti della manovra, arriveranno solamente a fine luglio. E solo allora potrebbero scattare le contromisure ipotizzate ieri sia da Conte che da Tria, pronti a verifiche trimestrali sui conti.

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I conti della manovra (Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 2018)

Stando a tutte le previsioni (diverse a quelle del governo) molto difficilmente il Pil arriverà all’1,5% (ancora ieri Confindustria ha rivisto al ribasso le proprie stime scendendo allo 0,9) e quindi è quasi scontato che si debba mettere mano ad una manovra correttiva. Nella sua lettera inviata a Bruxelles il ministro dell’Economia si dice pronto ad adottare «tutte le necessarie misure» per rispettare «in maniera rigorosa gli obiettivi».

E quindi? Difficile ipotizzare che Di Maio e Salvini autorizzino il blocco del reddito di cittadinanza o di Quota 100. Ma «una ruota di scorta» come dice Salvini, il governo dovrà avercela. Di certo, scrive la Stampa, una manovra correttiva fatta a metà 2019 non potrà esser fatta solo di tagli: dovrà prevedere un aumento delle tasse sulle imprese e magari dell’Iva.

Leggi sull’argomento: La lettera di Tria alla UE: traduzione dal politichese

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