Quel bambino non è morto in mare oggi. Ma altri sì. E intanto Salvini mangia ovetti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-03

No, quella foto non è di questi giorni, risale a tre anni fa. Ma davvero abbiamo bisogno di una foto per credere al fatto che nel Mediterraneo si continua a morire? Ieri un bambino e una donna sono morti perché il barcone su cui viaggiavano si è rovesciato. Ma niente paura, ci pensa il ministro-papà!

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Oggi per quegli strani e misteriosi corsi e ricorsi storici dell’Internet oggi su Twitter e su Facebook molti parlano della notizia di un bambino di pochi mesi morto in mare nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Prima che i soliti giornalisti d’inchiesta esperti in unghie smaltate scoprano che si tratta di una notizia vecchia o attacchino con la litania di bambolotti ve lo diciamo noi. Quella tragica foto è stata scattata nel maggio del 2016 e pubblicata all’epoca da Sea Watch.

La storia del bambino tra le braccia del volontario di Sea Watch

Al governo c’era Matteo Renzi e Salvini se ne andava in giro per i salotti televisivi a parlare di invasione. Sea Watch voleva dare un segnale per far capire all’Italia cosa davvero stava succedendo a Sud delle coste siciliane. Non l’esercito di riserva del terribile piano Kalergi pronto a mettere in atto il piano di sostituzione di popolo più volte paventato dal leader della Lega. Non c’è e non c’era in Italia nessun genocidio dei bianchi, c’era in vece il massacro dei disperati in fuga dalla guerra, dalla fame, dalle violenze o dalle torture. Tra questi c’era anche quel bambino.

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L’articolo dell’Huffington Post cui fanno riferimento i molti tweet commossi per la sorte orribile di quel bambino risale appunto al 31 maggio del 2016, poco più di tre anni fa. E forse è quello il motivo per cui oggi se ne parla ancora.

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La morte di quel bambino non è “colpa di Salvini” perché in quel periodo Salvini non era al governo. Il Capitano si preparava ad andarci, soffiando sul fuoco della xenofobia e del razzismo e raccontando agli italiani come i buonisti erano contenti di regalare 35 euro al giorno ad ogni migrante per mantenere gli invasori in lussuosi hotel. Nulla di tutto questo era vero. A partire dal fatto che era stata la Lega Nord a mettere in piedi quel sistema dell’accoglienza. E che sempre la Lega Nord quando era al governo aveva votato per una maxi sanatoria che aveva regolarizzato almeno duecentomila migranti irregolari (o clandestini, come preferite).

Più morti in mare e più respingimenti illegali

Quel bambino non è morto ieri. Ma questo non significa, contrariamente a quando racconta il ministro e papà che sulla rotta del Mediterraneo Centrale si muoia meno o non si muoia affatto. Ad esempio oggi la Guardia costiera libica ha recuperato al largo delle coste libiche il corpo di una donna e di un bambino morti in mare dopo il rovesciamento di un barcone di migranti. All’appello mancano ancora 25 persone, che attualmente risultano disperse. Si tratta di migranti che provenivano dal Sudan, dal Kenya, dalla Nigeria e dalla Costa d’Avorio.

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Sappiamo già cosa diranno i patridioti: sono le Ong e le missioni di soccorso a costituire un fattore di attrazione (il cosiddetto pull factor) che facendo aumentare le partenze fa conseguentemente aumentare le morti e i naufragi. Ma il pull factor costituito dalle ONG costituisce un incentivo tanto quanto il sapere che il Codice di Navigazione e i trattati internazionali impongono ai natanti di soccorrere le persone in difficoltà. Il vero fattore di attrazione è la speranza di migliori condizioni di vita che l’Occidente e l’Europa possono offrire ai migranti. Prova ne è che le persone continuano a tentare di venire in Europa pur sapendo che rischiano di morire perché le Ong non possono più operare. E non nascondiamoci il fatto che il numero di partenze è diminuito perché in Libia si è tornati a chiudere i migranti in lager e campi di concentramento, come quando c’era quel sant’uomo di Gheddafi.

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Il rapporto tra partenze e decessi nel Mediterrano Centrale Fonte

La verità è che lungo la rotta del Mediterraneo Centrale si continua a morire anche nonostante la politica dei “porti chiusi”. In proporzione al numero degli sbarchi (che è diminuito) il numero dei decessi è aumentato. In pratica arrivano meno migranti ma ne muoiono di più. Inutile dire che la criminalizzazione delle Ong iniziata già con il precedente governo e perseguita a tutta forza da Salvini è uno dei principali motivi per cui le persone muoiono in mare. Un altro invece sono le politiche adottate dagli stati europei, Italia e Francia in testa, che dopo la chiusura di Mare Nostrum (la missione che nemmeno Beppe Grillo voleva) hanno iniziato con i respingimenti in mare. Si tratta di azioni illegali, alcune documentate dall’esperto di internazionale dell’Istituto di studi politici di Parigi, l’israeliano Omer Shatz, e dal giornalista franco-spagnolo Juan Branco che hanno presentato un esposto alla corte penale internazionale dell’Aja.

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Nel documento-denuncia si legge che gli stati europei (in particolare l’Italia) avrebbero «esternalizzato le pratiche di respingimento dei migranti in fuga dalla Libia alla Guardia costiera libica, pur conoscendo le conseguenze letali di queste deportazioni diffuse e sistematiche (40 mila respingimenti in 3 anni), gli agenti italiani e dell’UE si sono resi complici degli atroci crimini commessi contro nei campi di detenzione in Libia». Anche la creazione della zona SAR libica nel giugno del 2018 sarebbe stata funzionale a mettere in atto questi respingimenti. Non solo le motovedette libiche non intervengono tempestivamente. Non solo la Marina Militare si muove solo quando esce la notizia che una bambina è morta. La zona di competenza libica è gestita da uno Stato che di fatto non esiste e non ha le risorse per farlo tant’è che quando i libici non usano le motovedette per fare la guerra le operazioni “libiche” vengono coordinate da un’imbarcazione della Marina Militare ormeggiata a Tripoli.

Leggi sull’argomento: Cosa c’è dietro l’ennesima foglia di Fico su Rom e migranti

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