Trentatré grillini contro Grillo (e Di Maio)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-01-13

Quattro eletti e altri 29 attivisti portano il MoVimento 5 Stelle in tribunale per impedirgli di usare il nome dell’associazione alle elezioni. Perché, sostiene l’avvocato Borrè che li assiste, Grillo, avallando la costituzione di nuove associazioni M5S, si è messo in una posizione di “conflitto di interesse” con i suoi primi associati. Una mossa che potrebbe avere come estrema conseguenza anche di inibire ai 5 Stelle l’uso di nome e simbolo

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Trentatré grillini andarono a Genova tutti e trentatré trotterellando: sono gli eletti Riccardo Nuti (deputato siciliano), Cristina Grancio (consigliera all’Assemblea Capitolina), Francesca Benevento (consigliera municipale al XII) e Luisa Petruzzi (al XV) insieme ad altri 29 iscritti ad aver portato il MoVimento 5 Stelle in tribunale a Genova per chiedere al giudice di nominare un curatore speciale per impedire di utilizzare il nome e il simbolo del M5S ad altri se non all’associazione del 2009 a cui sono iscritti.

Trentatré grillini contro Grillo (e Di Maio)

Con loro ci sono molti attivisti storici tra cui Roberto Motta, il primo a vincere in tribunale contro Beppe Grillo e ottenere la riammissione al M5S dopo l’espulsione alla vigilia delle Comunarie che poi hanno incoronato Virginia Raggi, Riccardo De Martiis, che ha impugnato anche il risultato delle Gigginarie che hanno scelto Luigi Di Maio come candidato premier, ma anche Antonio Caracciolo da Seminara, pure lui cacciato e poi riammesso nel 2016, Bruno Bellocchio e Alessio Marini, che con Caracciolo hanno impugnato il regolamento M5S poi superato dal nuovo presentato in occasione delle Parlamentarie.

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Il post di Beppe Grillo che annunciava il voto per statuto e regolamento del M5S

E poi ci sono Pietro Salvino, marito di Claudia Mannino (entrambi rinviati a giudizio nel caso delle firme ricopiate di Palermo), e Francesco Sanvitto, attivista e componente del Tavolo Urbanistica che ha protestato contro la “furbanistica” di Virginia Raggi insieme a Mario Canino, anche lui cacciato e riammesso dal tribunale, Stella Deccio, attivista del XII Municipio e Alberto Afflitto, ex capogruppo nel disciolto VIII Municipio insieme ad Alberto Munda che si è tirato fuori all’ultimo dalle candidature a Palermo. In tutto sono 33 e sono capitanati dalla Grancio, prima sospesa e poi reintegrata per dissidi interni al M5S sullo stadio della Roma e coordinatrice presidente del Comitato Di.Di.A M5S per la difesa dei diritti dell’Associazione MoVimento 5 Stelle costituita nel 2009, che ha indetto per oggi a Roma una conferenza stampa «sulla avvenuta presentazione, da parte dei suoi componenti (iscritti all’associazione MoVimento 5 Stelle del 2009), per mezzo degli avvocati Lorenzo Borrè e Alessandro Gazzolo, di un’ istanza al Presidente del Tribunale di Genova per la nomina di un Curatore Speciale  del’associazione MoVimento 5 Stelle del 2009 che agisca per la tutela dei diritti dell’Associazione del MoVimento 5 Stelle costituita nel 2009 e di quanti in essa si riconoscono», come recita il comunicato diffuso ieri.

Così il M5S potrebbe perdere il nome prima delle elezioni

Ovviamente non è un caso che l’avvocato Borrè – già promotore di molti ricorsi contro il M5S, il più importante dei quali (il caso Cassimatis) ha finito per far affondare a Genova la democrazia diretta da Grillo – sia il legale scelto dagli associati nel comitato. Così come non è un caso che la spremuta di sangue in chiave disciplinare operata da Roberta Lombardi all’epoca delle comunarie romane porti oggi in campo contro il M5S “talebano” attivisti come Motta, non a caso uno dei promotori della causa che rischia di far perdere il nome e il simbolo del M5S prima delle elezioni, e in ogni caso complicherà la vita a Di Maio, Grillo e Casaleggio. Proprio ora che i tre pensavano di aver risolto ogni problema legando alla candidatura alle Parlamentarie anche l’accettazione delle regole della nuova associazione che dovrebbe, nelle loro intenzioni, raccogliere il testimone delle vecchie che fungeranno da bad bank dopo i tanti ricorsi e le (finora) molte sconfitte in tribunale. Un’operazione effettuata senza discussione e senza voto degli iscritti, visto che il quorum raggiunto l’ultima volta che hanno provato a cambiare qualcosa è sub judice. 

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L’organigramma dell’associazione MoVimento 5 Stelle

La mossa di Grillo, Casaleggio e Di Maio è stata chiaramente dettata dalla volontà di dare vita ad un’associazione diversa da quella fondata nel 2009 e sulla quale non pesino i numerosi procedimenti aperti nei tribunali di mezza Italia. Come tutti sappiamo fino all’anno scorso il M5S aveva due associazioni: la prima – denominata MoVimento 5 Stelle – è stata fondata nel 2009 ed è quella alla quale appartengono tutti gli iscritti. Ce n’è una seconda, fondata nel 2012 e chiamata “Movimento 5 Stelle” della quale fanno parte Beppe, suo nipote Enrico Grillo e il commercialista Enrico Maria Nadasi. Della terza invece, al di là di statuto, regolamento e codice etico si ignora chi l’abbia costituita perché non è stato mostrato – in nome del principio della #trasparenzaquannocepare – l’atto costitutivo.

Chi esce dall’associazione M5S non può cacciare chi resta

Come abbiamo scritto ieri, la nuova associazione (quella del 2017) presuppone la rottamazione della vecchia (del 2009) ma questa “rottamazione” non può essere calata dall’alto, per altro senza avere la titolarità al trattamento dei dati personali degli iscritti che spetta, per legge, a quella del 2009. A decidere di abbandonare l’associazione primigenia a favore della nuova deve infatti essere, a norma di legge, l’assemblea degli iscritti. Tanto più che il nuovo statuto in alcuni punti – ad esempio la candidabilità per coloro che sono inquisiti è in netto contrasto con il precedente. Inoltre non si capisce a che titolo solo gli iscritti che transitano nella nuova associazione siano candidabili, mentre coloro che rimangono nella vecchia perdano di colpo ogni diritto.

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L’esito della votazione con cui nel 2015 gli iscritti all’associazione MoVimento 5 Stelle hanno deciso di dotarsi del simbolo attuale del M5S [Fonte]
C’è di più: la neonata associazione a potrebbe perdere l’utilizzo del simbolo e del nome il tutto a pochi mesi dalle elezioni. I più attenti alle questioni interne del MoVimento ricorderanno infatti che il simbolo è da qualche anno in uso dell’associazione MoVimento 5 Stelle (prima era di Grillo e successivamente la proprietà è stata trasferita all’associazione del 2012). Il nuovo regolamento prevede che – oltre alla deportazione degli iscritti nella nuova associazione – anche il simbolo (assieme al sito ufficiale) debba passare da quella del 2009 a quella del 2017. Cosa succederebbe se gli iscritti dell’associazione facessero ricorso contro la nuova associazione rivendicando il diritto e la titolarità del nome e del simbolo del M5S? A quanto sembra di capire se la faccenda finisse in tribunale il nuovo M5S avrebbe non poche difficoltà a spuntarla e potrebbe vedersi inibita l’uso del nome e del simbolo che per legge non sono equiparabili ad un marchio commerciale. Anche senza possibilità di utilizzare simbolo e nome però il M5S non dovrà raccogliere firme per potersi presentare alle prossime politiche. Ad aver presentato la lista infatti è stata – proprio a causa delle carenze del famoso “non statuto” – l’associazione creata nel 2012 e di proprietà dei due Grillo e di Nadasi la cui funzione sembra essersi a questo punto esaurita.

Le conseguenze dell’amore

Le conseguenze di questo estremo atto di amore nel M5S “delle origini” dal punto di vista legale sono prima di tutto la richiesta di nomina di un curatore speciale dell’associazione MoVimento 5 Stelle del 2009 in modo che quest’ultima ottenga dall’associazione Movimento 5 Stelle con sede in via Ceccardi e a quella con sede in via Nomentana a Roma i dati degli iscritti per convocare l’assemblea che nominerà il capo politico e farà le primarie per la scelta dei candidati e, soprattutto, inibisca alle altre due associazioni di usare il nome per presentarsi alle elezioni. Chiede infine al giudice di condannare le associazioni a consegnare le credenziali di accesso del sito e di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
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Tra chi ha firmato l’atto c’è chi spiega che a muoverlo è il legame con le vecchie regole del MoVimento 5 Stelle, prima della “svolta”-partito imposta con la scelta di Luigi Di Maio come candidato presidente del consiglio e capo politico e, soprattutto, con l’idea di un M5S più “democratico” dove l’attivismo e la militanza erano maggiormente valorizzati. In ogni caso tutti i ricorsi al tribunale civile contro Grillo mettono a nudo lo scarso rispetto (eufemismo) delle regole formali di cui si sostanzia la democrazia. Basterebbe talmente poco – ad esempio seguire i consigli dei legali – per non infilarsi ogni volta in spirali infinite di ricorsi e controricorsi. E invece il M5S di Grillo, Casaleggio e Di Maio preferisce ogni volta complicarsi la vita con il rischio concreto anche di dover pagare alla fine anche qualche risarcimento in tribunale. Sicuri che governare un paese sia più facile?

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