M5S: 15mila alle Parlamentarie (e i ricorsi in arrivo)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-01-06

In 30mila hanno votato Di Maio candidato premier, adesso in 15mila vogliono candidarsi nel 5 Stelle: per questo nessuno protesta per l’archiviazione dell’attivismo. Ma tra poco il contenzioso si sposterà in tribunale. E se ne parlerà per tutta la campagna elettorale

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Immaginate di far parte insieme a una decina di amici di un’associazione per la diffusione del calcetto che organizza tornei; vi siete dati delle regole, le avete votate all’unanimità e avete cominciato le vostre attività. Immaginate che il presidente e il segretario dell’associazione da un giorno all’altro vi avvertano di aver cambiato le regole che erano state votate con altre e che da oggi dovete attenervi a quelle. Considerato l’amore per il calcio degli italiani, il giorno dopo in quell’associazione scoppierebbe una rivoluzione.

M5S: 15mila candidati alle Parlamentarie

Non è stato così nel MoVimento 5 Stelle: in quello che i sondaggi definiscono il primo partito italiano da un giorno all’altro sono state cambiate le regole votate appena un anno prima dagli iscritti, una decisione presa d’imperio dal candidato premier Luigi Di Maio e dal garante Beppe Grillo, quindi annunciate al popolo in occasione delle Parlamentarie. Con le nuove regole si è permesso a chi non aveva fatto nemmeno un giorno di attivismo di potersi candidare per arrivare in parlamento a rappresentare il MoVimento 5 Stelle, alla faccia di tutti quelli che si sono ammazzati di fatica negli anni scorsi, quando i grillini prendevano percentuali da prefisso telefonico e in alcuni territori nemmeno riuscivano a candidarsi.
garante m5s democrazia diretta beppe grillo 1
Eppure tutto questo – a parte le proteste di alcuni già sottoposti a provvedimenti disciplinari, che non avevano chances di fare il bis – non ha in alcun modo scalfito i grillini e per un motivo ben preciso: nello stesso giorno in cui sono state cambiate le regole è stata riaperta la lotteria delle Parlamentarie. E così chi doveva protestare ha avuto improvvisamente ben chiaro che così avrebbe rischiato di essere escluso dalle candidature. Per questo è sceso un improvviso silenzio sulle decisioni di Di Maio, un silenzio che probabilmente arriverà fino al giorno dopo le elezioni. Poi da lì, se Di Maio non dovesse vincere, si aprirà il fronte: scatterà di colpo il processo allo sconfitto, come in pura tradizione italica.

I ricorsi in arrivo

D’altro canto, scrive oggi Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano, sono appena 15mila coloro che hanno deciso di presentare la propria candidatura per il prossimo parlamento: se considerate che hanno votato in trentamila per Di Maio candidato premier, vi rendete conto della curiosa condizione in cui si trovano i grillini nella necessità di selezionare la loro classe dirigente. Resa ancora più difficile dagli errori come quello dell’indirizzo di spedizione dei documenti necessari a inviare la candidatura, dove via Piemonte 32 è diventata via Piemonte 3.
candidatura parlamentarie
Per questo, spiega ancora il Fatto, nel M5S già rischiano l’esaurimento per verificare dati e curricula incrociati.

E crescono i rimpianti per i no di tanti personaggi di peso. Possibili candidati che però “pretendevano collegi blindati o posti da capilista”. Il M5S non è stato in grado di garantirli, e in tanti si sono tirati indietro. Bel guaio, e infatti Di Maio continua a lanciare appelli “a farsi avanti”per gli uninominali.
Finora sono arrivate soprattutto candidature di giornalisti, un paradosso per il Movimento che ha sempre avuto un rapporto difficile con la stampa (il blog di Grillo è sempre quello che ospitava “il giornalista del giorno”, gogna per i cronisti sgraditi).

Ma il vero banco di prova per i nervi grillini saranno i ricorsi in arrivo. Dopo gli annunci dei giorni scorso e le tante debolezze individuate nella procedura che ha portato alle candidature, tra poco il contenzioso si sposterà in tribunale: «L’eliminazione del voto dell’assemblea, elemento fondamentale della prima associazione, non appare legittima. C’è il codice civile a impedirlo, e una sentenza dell’81: l’assemblea non può essere eliminata d’emblée, né essere confinata al voto online. Per usare una metafora, stanno costruendo una nuova casa sopra la vecchia, senza demolire la vecchia. Gli abitanti della vecchia casa possono far valere i loro diritti. Che economicamente, sommati, possono costare molti soldi», ha detto qualche giorno fa l’avvocato Lorenzo Borré in un’intervista alla Stampa.

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