Fact checking

La sorpresa che il Governo del Cambiamento sta preparando per voi

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-22

Nella risposta alla Commissione Europea Tria fa sapere che l’ipotesi di una manovra correttiva è stata già presa in considerazione. Se il Paese non riuscisse ad intercettare la crescita e l’obiettivo per il 2019 di un rapporto deficit/PIL al 2,4%, allora il governo interverrà per correggere il DPB tagliando la spesa. Quale?

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Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha risposto alla lettera di Bruxelles per fornire i chiarimenti richiesti in merito al Documento Programmatico di Bilancio (DPB) inviato dal governo italiano alla Commissione Europea nei giorni scorsi. Nel concludere la missiva Tria scrive che «qualora i rapporti debito/PIL e deficit PIL non dovessero evolvere in linea con quanto programmato» il Governo si impegna a «intervenire adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicati siano rigorosamente rispettati». L’obiettivo in questione è il rapporto deficit/PIL al 2,4%.

Cosa ha promesso Tria alla Commissione Europea

In buona sostanza il governo del Cambiamento promette che se si registrerà una deviazione degli obiettivi di crescita allora si farà una manovra correttiva. Questo significa che al momento l’esecutivo non ha alcuna intenzione di cambiare la manovra secondo le indicazioni della Commissione pur sapendo che in questo modo si andrà ad aprire una procedura di infrazione del Patto UE. C’è però un piano B: Tria fa sapere che l’ipotesi di una manovra correttiva è stata già presa in considerazione.

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In cosa potrebbe consistere questa ulteriore manovrina? Se il PIL non dovesse crescere come sperato allora il Governo dovrà per forza di cose operare dei tagli alla spesa. E indovinate quale è quella parte della spesa finanziata con il deficit? Proprio le promesse elettorali di M5S e Lega.

Nella lettera però Tria prevede un«calo significativo» del rapporto debito/PIL «per il prossimo triennio». Ma cosa significano quelle tre righe messe alla fine della missiva inviata alla Commissione? Sostanzialmente che il governo, nell’eventualità che i conti pubblici non rispettino le previsioni contenute nel DPB è preparato a farli andare ancora peggio. Tria spiega infatti, come ha già fatto in precedenza, che gli investimenti pubblici “a debito” (ovvero fatti facendo più debito pubblico) serviranno ad imprimere un’accelerazione alla crescita che darà una spinta al PIL. Se però le cose non dovessero andare a buon fine e quindi il Paese non riuscisse ad intercettare la crescita promessa e soprattutto l’obiettivo per il 2019 di un rapporto deficit/PIL al 2,4% allora interverrà per correggere il DPB tagliando la spesa.

Giuseppe Conte cita George H. W. Bush

Oggi il premier Conte durante l’incontro con la stampa estera ha detto «Read my lips: there is no way for Italexit, to get out from Europe or Eurozone». Tradotto: leggete le mie labbra, non c’è alcuna possibilità che l’Italia esca dall’Europa o dall’Eurozona.

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Come ha notato l’economista Mario Seminerio su Twitter  la frase utilizzata da Conte è una citazione di un famoso discorso fatto da George H. Bush alla Convention del Partito Repubblicano nel 1998 allorquando accettò la candidatura alle Presidenziali. In quell’occasione Bush padre promise di non aumentare le tasse, dicendo appunto “read my lips, non new taxes”. Bush in quel discorso spiegava che a differenza del suo avversario lui non aveva in programma di aumentare le tasse, né come “piano C” (third resort) né come ultima spiaggia.

Poi però una volta eletto Bush senior fece esattamente il contrario, introdusse nuove tasse per poter contenere il deficit (certo, all’epoca il Senato e la Camera erano a maggioranza Democratica). La promessa grazie alla quale venne eletto gli si ritorse contro e proprio questo fallimento viene indicato come uno dei fattori del successo di Bill Clinton nel 1992. Il fatto che Conte abbia scelto proprio di richiamarsi alla promessa non mantenuta di Bush non è quindi di buon auspicio (ammesso e non concesso che chi ha suggerito al premier quella frase sia a conoscenza delle implicazioni). Anche perché questo governo è nato grazie all’apporto di due forze politiche che a vario titolo vogliono uscire dall’euro, chi con un piano B e chi mettendo in discussione i trattati di Maastricht.

Cosa ha capito Conte dell’outlook stabile di Moody’s

C’è poi l’importante contributo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha dichiarato che «l’outlook stabile ci fa capire che anche Moody’s pensa che i fondamenti sono buoni: l’italia gode di buona salute». Il premier qui sta parlando della decisione di Moody’s che nel declassare il rating dell’Italia a Baa3 da Baa2, appena un gradino sopra il livello «spazzatura» ha detto che l’outlook per il nostro Paese è stabile. Una dichiarazione che ha fatto esultare i sovranisti perché smentirebbe i vari “gufi” e chi pensava che sarebbe stato indicato un outlook negativo.

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In realtà bisogna andare a leggere tutto quello che ha detto l’agenzia Moody’s che ha motivato la decisione spiegando che «le famiglie italiane hanno alti livelli di ricchezza, una protezione importante contro choc futuri e anche una rilevante fonte potenziale di finanziamento per il governo». Tradotto: l’outlook rimane stabile perché si ritiene che il governo in caso di necessità potrà sempre contare sulla ricchezza degli italiani per ripianare il debito. Come? Con una bella patrimoniale, ad esempio. Che sicuramente rassicurerà gli investitori esteri ma non è certo quello che gli italiani sognano da questo governo.

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L’idea non è certo un’invenzione delle agenzie di rating visto che da giorni autorevoli esponenti del governo (come ad esempio Matteo Salvini) vanno rilasciando inquietanti dichiarazioni come quella sugli italiani che daranno una mano sul debito pubblico, oppure il «non possiamo fermarci se 7-8 banche sono in difficoltà» pronunciato da Luigi Di Maio. Fino al «Non si può andare avanti a chiedere unicamente alle banche di sostenere il paese: il cittadino si deve ritenere parte del progetto e dobbiamo chiedergli di crederci» della vice ministro dell’Economia Laura Castelli. Moody’s non ha ignorato queste dichiarazioni come non ha ignorato i dati sulla ricchezza detenuta dalle famiglie italiane, chissà perché il premier Conte ha deciso di fare diversamente.

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