Fact checking
La sorpresa di Lamorgese: su rimpatri e ricollocamenti Salvini non ha fatto nulla
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2019-10-02
Lo dicono i dati elencati oggi dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese durante un’audizione al Senato. Il numero dei rimpatri è perfettamente in linea con quello degli anni precedenti mentre per la maggior parte dei casi i migranti che dovevano essere “ridistribuiti” sono rimasti in Italia
Oggi in in vista della riunione del Consiglio dell’Unione europea che si terrà martedì e mercoledì prossimo il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha riferito a Palazzo Madama davanti alle commissioni riunite Affari Costituzionali e Politiche dell’Unione Europea di Camera e Senato. Si è parlato ovviamente di immigrazione, redistribuzione e ricollocamento dei migranti e di rimpatri.
Salvini non ha fatto nulla per i rimpatri
È emerso così che un’altra delle grandi promesse di Salvini, quella di rimandare tutti quelli che non potevano stare in Italia al loro paese, è stata disattesa. Secondo il ministro «i rimpatri effettuati dal nostro Paese nel 2017 sono stati 6.514 quelli forzati e 869 quelli volontari e assistiti, per un totale di 7.383. Nel 2018, i rimpatri forzati sono stati 6.820 e quelli volontari 1.161 per un numero complessivo di 7.981 mentre nel 2019, al 22 settembre, abbiamo rimpatriato forzatamente 5.044 immigrati e disposto 200 rimpatri volontari e assistiti per un totale di 5.244 persone». Il dato di settembre è perfettamente in linea con quello dello stesso periodo dello scorso anno. Insomma i numeri sono rimasti costanti sia quando al governo c’erano Renzi e Gentiloni che quando c’era Salvini. E già qualche tempo fa l’ex ministro dell’Interno aveva messo le mani avanti.
I 600mila rimpatri che aveva promesso in campagna elettorale (nel contratto di governo si parlava di almeno 500mila irregolari) erano impossibili da realizzare nell’arco di una legislatura e i leghisti lo sapevano bene. Ma ai tassi attuali pure di un’intera vita visto che per rimpatriare tutti gli irregolari potrebbe servire almeno un secolo, come aveva dichiarato il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. Eppure c’è stato un tempo in cui Salvini si vantava del fatto che i rimpatri erano più degli sbarchi, anche questo però non era vero. E anche i numeri dei rimpatri, presi così da soli non riflettono la realtà del fenomeno visto che nel 2018 gli stranieri formalmente espulsi sono stati 36mila.
I ricollocamenti “organizzati” da Salvini non sono quasi mai andati in porto
Le ragioni sono le più diverse, secondo il ministro Lamorgese «occorre far funzionare i rimpatri a livello europeo: una politica migratoria e di asilo efficace e credibile richiede un rapido rimpatrio di coloro che non hanno diritto a rimanere in Italia e in Europa, nel rispetto dei diritti umani e del principio di non respingimento». Ma la verità è che mancano gli accordi di riammissione con i paesi d’origine e i soldi per i rimpatri. Anche qui Salvini aveva promesso che avrebbe stanziato 42 milioni di euro per i rimpatri, nel decreto Sicurezza però ne sono stati stanziati appena 3 milioni.
Ma per Salvini, che qualche giorno fa si vantava di essere stato lui a contattare i capi di Stato europei per gli accordi di redistribuzione dei migranti sbarcati dalle navi delle ONG, arriva un’altra doccia fredda a base di numeri: «su un totale di 855 migranti da redistribuire, abbiamo registato offerte di accoglienza per 673 persone ma di queste solo 241 sono state effettivamente trasferite», ha detto la titolare del Viminale. Ancora una volta la matematica non viene in aiuto della propaganda della Lega. Insomma le ricette sulll’immigrazione di Salvini si sono rivelate in larga parte inefficaci. Anche perché se il capo del Carroccio era riuscito a diminuire gli sbarchi dalla Libia non era riuscito a fare quasi nulla per le partenze dalla Tunisia: in quel caso i migranti arrivano direttamente sulle nostre coste, anche perché non possono essere intercettati dalla guardia costiera libica.
La storia del nuovo governo che aumenta gli sbarchi
Infine un ultimo appunto a chi in questi giorni va dicendo che “il trend” migratorio si è invertito perché il nuovo governo ha aperto i porti. I porti non sono mai stati chiusi se non – per giorni o settimane – alle navi delle ONG. Fino ad oggi il governo ha “riaperto” i porti alle navi delle ONG anche grazie al famoso accordo di Malta ma non ha cambiato nulla della politica di Salvini sugli altri sbarchi: quelli che arrivano in maniera autonoma e sono quasi sempre riusciti a sbarcare. Persone che sarebbero sbarcare in ogni caso, ma delle quali Salvini non avrebbe mai dato notizia. Perché anche lui sapeva quello che sanno tutti: una volta “elusa” la sorveglianza della guardia costiera libica non c’è niente che ferma i migranti.
Oltre a questo c’è da sottolineare che un mese di aumento degli sbarchi (è vero, sono aumentati) non è un “trend”. Come spiega su Twitter il ricercatore dell’ISPI Matteo Villa bisogna tenere in considerazione anche dei punti di partenza dei migranti. Quali sono le rotte che Salvini poteva dire “di controllare”? L’unica rotta è quella dei migranti che salpano dalla Libia e in quel caso, sottolinea Villa, le partenze seguono il trend stagionale degli ultimi anni. Sono invece raddoppiati gli sbarchi dei migranti partiti dalla Tunisia, sui quali anche il governo precedente non ha potuto fare nulla così come degli arrivi da Grecia e Turchia (sì, i migranti arrivano anche da lì, via mare) che non sono minimamente controllabili. Non solo è ancora presto per poter parlare di un aumento stabile degli sbarchi (ma anche se così fosse non siamo di certo di fronte ad un’invasione) ma non è nemmeno possibile ascrivere al governo attuale o alle ONG l’aumento degli sbarchi. Non c’è nessuna legge che viene “disapplicata” come dice Salvini. Perché l’unica legge emanata dal precedente governo consentiva unicamente di bloccare le navi delle ONG e nulla era in grado di fare nei confronti delle imbarcazioni degli scafisti.
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