Opinioni

Quanto ci costano le sparate gialloverdi?

di Massimo Famularo

Pubblicato il 2018-08-16

La retorica sovranista e le farneticazioni fantaeconomiche dei penta-leghisti hanno buon gioco a incantare i poveri in spirito e i duri di comprendonio, anche in virtù dell’eco acritica e anticritica, che ne danno i media leccapotenti di regime; ma l’incanto si regge sul presupposto che il costo vivo per il cittadino comune non sia (ancora) immediatamente […]

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La retorica sovranista e le farneticazioni fantaeconomiche dei penta-leghisti hanno buon gioco a incantare i poveri in spirito e i duri di comprendonio, anche in virtù dell’eco acritica e anticritica, che ne danno i media leccapotenti di regime; ma l’incanto si regge sul presupposto che il costo vivo per il cittadino comune non sia (ancora) immediatamente percepibile. Il conto è tuttavia piuttosto salato e cresce di giorno in giorno, proviamo a capire brevemente quanto ci costano le sparate lega-stellate sia nell’immediato, per via dell’effetto annuncio rispetto alle politiche miopi e autolesioniste, sia in prospettiva, nel malaugurato caso che dette politiche vengano, anche solo in parte, poste in essere.

Quando un giorno sì e l’altro pure l’italiano medio sente parlar dell’andamento da ottovolante dello spread (differenza tra rendimento dei titoli italiani e tedeschi) il danno per il paese non si osserva immediatamente in busta paga, né nello scontrino del panettiere, tuttavia c’è un onere miliardario che grava su tutti i cittadini italiani ed è in larga misura imputabile alla scarsa credibilità dell’attuale esecutivo nel rispetto degli impegni di finanza pubblica.

Parimenti, la riduzione nell’occupazione e negli investimenti privati, causate dall’irrigidimento della normativa sui contratti di lavoro o dalle ridotte prospettive di crescita del paese, potranno essere toccate con mano dai cittadini comuni solo quando, si troveranno a sperimentare come risulti più frequente perdere il lavoro e più difficile trovarne un altro in modo stabile. Con riferimento ai dipendenti pubblici e ai pensionati, la percezione è ulteriormente attenuata e differita nel tempo e finisce col manifestarsi in modo tragico e traumatico nel momento in cui lo stato arriva sul punto di non poter più tenere fede ai propri impegni per pagare stipendi e pensioni.

salvini di maio totò peppino

Vignetta di Emiliano Carli su Facebook

Il danno più immediato e direttamente riconducibile all’esecutivo ha essenzialmente a che fare con il costo del debito pubblico e, posto che il concetto di rischiosità dell’emittente può apparire indigesto, proviamo a illustrarlo concedendoci un po’ di approssimazione e formulando una similitudine con i contratti di affitto. Quando concedete in affitto un immobile, regolerete il canone richiesto e il deposito cauzionale in base alle referenze e alla reputazione del vostro inquilino: di fronte a un soggetto molto affidabile, sarete disposti ad accettare un canone più basso e vi accontenterete di un deposito più contenuto (o al limite potreste rinunciarvi), poiché avete una ragionevole prospettiva che rispetti i propri impegni e, provveda a riparare eventuali danni che dovesse arrecare.

Un inquilino meno affidabile dovrà pagare un affitto più elevato e versare una caparra sostanziosa per convincervi a farsi accettare, inoltre, nel caso dovesse apparire veramente troppo rischioso, potreste decidere di non concedergli affatto l’immobile e cercare qualcun altro. Gli stati moderni si trovano in una posizione analoga a quella degli inquilini descritti, per convincere i potenziali acquirenti a sottoscrivere titoli del proprio debito sovrano, devono corrispondere un rendimento che è proporzionale a quanto l’emittente è ritenuto affidabile: chi è più rischioso paga di più, chi è troppo rischioso non trova acquirenti.

Da quando si sono insediati al governo, i gialloverdi vengono percepiti come inquilini molto rischiosi e dunque lo stato italiano paga un costo più elevato, che si traduce in maggiori imposte e/o minori risorse per far fronte ai servizi che eroga lo stato. A questo va aggiunto che le farneticazioni su Flat Tax, legge Fornero e reddito di cittadinanza ci rendono dei sorvegliati speciali che, in ogni momento potrebbero diventare troppo rischiosi e perdere l’acceso al mercato.

A questo costo immediato, collegato alla mancanza di credibilità del Lega M5S, vanno aggiunti degli ulteriori oneri prospettici che, nell’ipotesi più ottimistica, si limitano al peggioramento degli squilibri macroeconomici accumulati nei decenni passati dai governi precedenti, nello scenario più catastrofico potrebbero portare a una crisi di fiducia nei confronti della repubblica italiana. Quest’ultima ipotesi potrebbe avere diversi esiti, tutti molto penalizzanti per i cittadini italiani e graduabili a partire da un intervento di autorità sovrannazionali (fondo salva stati, fondo monetario internazionale) che richiederebbe immediatamente sensibili misure di aggiustamento fiscale con maggiori imposte e/o tagli alla spesa pubblica, fino al default sul debito sovrano e all’uscita dall’euro. Quest’ultima ipotesi comporterebbe controlli sui movimenti di capitale, ridenominazione delle attività detenute dai residenti con una perdita di valore impossibile da quantificare in anticipo, ma verosimilmente molto elevata.

Dunque il costo prospettico del populismo sovranista spazia tra il peggioramento degli squilibri ereditati dalla cattiva gestione precedente, aggravando il percorso di declino economico sui cui è avviato il nostro paese da decenni, fino al default e all’uscita dall’euro che vaporizzerebbe i risparmi di gran parte e distruggerebbe una quota rilevante dell’economia del paese. A questo proposito, il monito più rilevante andrebbe indirizzato ai pensionati e ai dipendenti pubblici, che percependo nell’immediato un costo limitato o nullo, rischiano di accorgersi della portata reale del problema solo quando perderanno tutto o quasi.

Per nostra fortuna, nonostante Di Maio e Salvini ricordino i folli supercattivi dei film in stile dottor Stranamore, lo scenario più probabile, peraltro supportato dalla scelta di ministri come Tria e Moavero, è che si rivelino più inclini all’opportunismo, che non ai deliri autodistruttivi e che mantengano la portata dei provvedimenti concreti entro limiti tali che, pur stressando gli operatori finanziari come avviene in questi giorni, non arrivino al punto di rottura. I pifferai gialloverdi definirebbero la dialettica dell’esecutivo nei confronti del mercato un ricatto da parte di perfidi speculatori e una limitazione della nostra sovranità nazionale, ma il precedente esempio dell’affitto chiarisce che si tratta di una sciocchezza. ll vincolo alla libertà di azione dei governi non deriva dai perfidi speculatori, che si comportano come fareste voi con un inquilino, che non ha alcun diritto di affittare casa vostra e può riuscirci solo se riesce a conquistare la vostra fiducia.

La necessità di convincere costantemente gli operatori privati ad acquistare il proprio debito, deriva dal meccanismo con il quale praticamente tutte le nazioni moderne finanziano le proprie spese, per usare la lingua dei populisti tutti gli stati hanno da tempo “ceduto un pezzetto della propria sovranità” per poter disporre di risorse maggiori rispetto a quelle ottenibili con le entrate fiscali.
Ma qual è il jolly che calano i cosiddetti sovranisti per sostenere la propria narrazione e sedurre grulli, distratti e talebani complottisti? La possibilità di stampare moneta per ripagare i debiti, idea poco felice che non regge alla prova del più semplice del buon senso, come spiegato in questo articolo ed è stata tragicamente smentita dall’esperienza di stati come il Venezuela e più di recente della Turchia. 

Dunque non esiste alcuna formula magica per rendere indolori gli aggiustamenti macroeconomici di cui ha bisogno il nostro paese, così come non è possibile realizzare le misure compra-consenso contenute nel contratto di governo, senza dissestare ulteriormente le finanze del nostro paese, oltre un livello inaccettabile per chi attualmente ne finanzia il funzionamento sottoscrivendo il debito pubblico.

Per concludere, la cattiva politica costa parecchio ai cittadini comuni, e quella fantapopulista costa anche di più. L’esecutivo gialloverde ha ereditato un paese con una pressione fiscale abnorme, necessaria per pagare la spesa pubblica e gli interessi sul debito, ripagando in parte il prezzo del consenso comprato nei passati decenni. Una parziale realizzazione di quanto incluso nel contratto di governo, peggiorando gli squilibri macroeconomici già presenti nel paese, porterà ulteriore deterioramento dell’economia del paese e impoverimento dei cittadini e, se portati alle estreme conseguenze, potrebbero causare il dissesto del paese.  Per quanto non immediatamente percepibile, il costo del populismo è già abbastanza elevato e crescerà nel tempo, dovremmo quindi tenerlo in debita considerazione quando ascoltiamo quotidianamente la propaganda giallo-verde.

 

*** Massimo Famularo è un investment manager esperto di crediti bancari in sofferenza che lavora a Milano. Qui la sua bio

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