Il bullismo vergognoso verso Marco Bellavia è la regola aurea della tv spazzatura. Non l’eccezione

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2022-10-03

Marco Bellavia voleva portare il suo dolore davanti alle telecamere, provare a dargli un nome, a riconoscerlo, a normalizzarlo, ma è diventato solo un altro capitolo del copione

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Ho conosciuto, come tanti della mia generazione, Marco Bellavia da bambino, come volto di Bim Bum Bam.
Poi, come tanti di noi, l’ho perso di vista, e lui, nel frattempo, si è perso a sua volta in un male invisibile di cui tutti parlano a sproposito ma di cui quasi nessuno sa nulla: depressione. Fino a poche settimane fa, quando a sorpresa è ricomparso come concorrente del Grande Fratello Vip.

Voleva portare il suo dolore davanti alle telecamere, provare a dargli un nome, a riconoscerlo, a normalizzarlo. O questo è quello che ha detto (o più probabilmente gli hanno fatto dire) senza neanche rendersi conto che lui là dentro non è entrato per fare terapia – non si cura una depressione in un luogo di gossip, di trash, davanti alle telecamere sparate in faccia h. 24 – ma per diventare un capitolo del copione, un fenomeno da baraccone, un dolore prêt-à-porter da esibire, spolpare e poi gettare via una volta sbranato. Dagli ascolti. Dal pubblico non pagante. Dai commenti social. Dagli sponsor che a parole si costernano e si indignano e nei fatti hanno finanziato il sistema che ha generato il mostro. Dai conduttori finti empatici che ti chiamano per nome come se fossi uno di famiglia e poi ti gettano via quando lo spettacolo è finito e non servi più.

E, infine, e prima di tutto, dagli stessi concorrenti con cui lui si è aperto, ricevendo in cambio solo bullismo, violenza verbale, offese intime e gratuite, ignoranza crassa e becera, la schifosa ipocrisia di chi è in prima linea ogni volta che c’è da fare battaglie per ogni malattia visibile ma sono pronti a dare del “pazzo”, del “patetico”, a umiliare e bullizzare chi soffre di una patologia invisibile, disturbante. Come se esistessero malattie di serie a e malattie di serie b. Come se si potesse gerarchizzare la sofferenza altrui.

Ma, alla fine, il problema non sono neanche loro, quel misto di cattiveria e ignoranza sociale di cui la casa del Grande Fratello non è che una rappresentazione in scala ridotta (e amplificata).

Il problema è che, nel 2022, anche la malattia mentale è una strategia di marketing, un punto di share in più, una linea drammatica in un copione, e quando non funziona più avanti il prossimo.

Pensate che il problema sia il bullismo (e lo è, eccome), ma non è che la metastasi più visibile di quella enorme massa cancerosa che è stata ed è ancora la tv spazzatura, commerciale e berlusconiana degli ultimi 30 anni. Di cui Marco Bellavia è stato prodotto e poi vittima, in fondo che differenza c’è?

A Marco l’abbraccio più forte e sentito che possa arrivargli. Con l’augurio che trovi dentro e fuori di sé – e fuori da lì – la forza per uscirne, per ritrovarsi. Se lo merita. Tutti noi, in fondo, meritiamo qualcosa di meglio.

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