Debito pubblico: i dilettanti allo sbaraglio ne “La Corrida” di Via XX settembre

di Fabio Scacciavillani

Pubblicato il 2018-08-15

Nel quotidiano remake de “La Corrida” – in cui si esibiscono a via XX settembre i dilettanti allo sbaraglio del governo balneare sovranista – un certo Armando Siri si è specializzato in una recita che intriga il pubblico per ben 18 secondi prima dell’inevitabile salva di fischi e lazzi. Nel suo numero ripete ossessivamente che …

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Nel quotidiano remake de “La Corrida” – in cui si esibiscono a via XX settembre i dilettanti allo sbaraglio del governo balneare sovranista – un certo Armando Siri si è specializzato in una recita che intriga il pubblico per ben 18 secondi prima dell’inevitabile salva di fischi e lazzi. Nel suo numero ripete ossessivamente che il debito pubblico italiano debba tornare in mano agli italiani. Non è chiaro perché secondo il cervello di Siri questo sia un obiettivo meritorio. Anzi gli economisti (quelli che, al suo contrario, hanno almeno uno straccio di laurea) ritengono l’esatto opposto. Ma non vorremmo addentrarci nei misteri imprescrutabili che si tramandano all’interno di sette celtiche. Del resto il Siri ci ha abituato a queste contorsioni intellettuali: lui è nientemeno che il teorico (si fa per dire) della flat tax legaiola, che da flat si è biforcata in due aliquote, e fra poco, pare, compirà il miracolo della triforcazione.

ARMANDO SIRI

Il Nostro in un’intervista ha annunciato che a fine settembre presenterà un disegno di legge per l’istituzione dei Cir, che sarebbero, i conti individuali di risparmio “con l’obiettivo promuovere l’acquisto dei titoli di Stato da parte delle famiglie italiane” con rendimenti più alti e vantaggi fiscali. Però ci dispiace avvisare il Siri che tutto questo impegno mediatico e parlamentare rischia di produrre una valanga di risate. Si dà il caso che l’originalità di cotanto sforzo intellettuale si limita alla prima lettera dell’acronimo: da tempo in Italia sono stati lanciati i Pir (Piani Individuali di Risparmio) che prevedono 70% di investimenti in emittenti italiani (Tesoro compreso) con relativa agevolazione fiscale.

Ma anche ammettendo che qualche pirla si ecciti come un porcospino per i Pir o i Cir che dir si voglia, le fondamenta della filosofia (si fa sempre per dire) populo-sovranista di rito celtico-padano poggiano su un ragionamento di rara lucidità. Mentre i grandi patrimoni internazionali, gli hedge fund, i ricchi in generale o semplicemente gli investitori con un minimo di sale in zucca si libereranno dei titoli tossici italiani per scampare al massacro finanziario causato dai somaristi, i piccoli risparmiatori se li dovrebbero far rifilare, battendo le manine. Per la goduria dei dilettanti allo sbaraglio. Evidentemente la lezione di Banca Etruria non è servita a niente, se politici di mezza tacca continuano ad escogitare modi perversi per attirare in trappola risparmiatori incauti, ignoranti o creduloni.

 

*** Fabio Scacciavillani dopo aver conseguito il Ph.D. in Economia all’Università di Chicago (dove è stato assistente del Premio Nobel Merton Miller), ha lavorato al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Centrale Europea (nel periodo pioneristico dell’unione monetaria), a Goldman Sachs, al Centro Finanziario Internazionale di Dubai e in Confindustria. Attualmente è il Capo della Strategia del fondo sovrano dell’Oman che gestisce i proventi delle esportazioni petrolifere del Sultanato. Nelle pubblicazioni e nell’attività professionale si è concentrato su tassi di cambio, politica monetaria, riforme strutturali e mercati finanziari. E’ ospite fisso su Bloomberg TV ed editorialista del Fatto Quotidiano. Ha scritto “Tremonti: Il Timoniere del Titanic” con Giampiero Castellotti e “The New Economics of Sovereign Wealtyh Funds” con Massimiliano Castelli.

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