Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia partito della coerenza, serietà e concretezza (e tutti quei consiglieri indagati)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-10-29

Estremamente soddisfatta per lo strabiliante risultato alle regionali in Umbria la Meloni rivendica il suo ruolo all’interno del centrodestra e rimarca la diversità di FdI rispetto agli altri partiti politici. Ma in realtà la Meloni è solo molto brava a nascondere la polvere sotto il tappeto, perché dal 2012 ad oggi sono molti gli eletti di Fratelli d’Italia finiti nei guai con la giustizia

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«Gli elettori ripagano la nostra coerenza e danno il benservito a chi li ha traditi. Fratelli d’Italia sempre più in alto!». Giorgia Meloni ha ragione di festeggiare dopo il risultato delle elezioni regionali in Umbria dove il suo partito supera per la prima volta il 10%. Fratelli d’Italia è l’unico partito che è cresciuto sia in percentuale che in voti assoluti ed è il terzo partito in Umbria dopo la Lega e il Partito Democratico. «La gente vuole coerenza, la gente vuole serietà, la gente vuole concretezza» ha detto ieri la Meloni in conferenza stampa.

I consiglieri di Fratelli d’Italia indagati per ‘Ndrangheta

La leader di FdI rivendica di essere il motore della crescita del centrodestra e di essere l’unico partito di non essere sceso a patti con la Lega o il PD (certo, poco prima di fondare Fratelli d’Italia la Meloni votò la fiducia a Monti ma è acqua passata). Ma mentre Fratelli d’Italia tenta di passare per l’unico partito coerente e “serio” dell’arco costituzionale, quello che è lontano anni luce da scandali, scivoloni mediatici e inchieste giudiziarie la realtà dei fatti è diversa. Certo, c’è Giorgia Meloni, una che a Piazza San Giovanni si è descritta così: «io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana» ma ci sono anche quelli di Fratelli d’Italia che non possono dire di essere dei cavalieri senza macchia.

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Il caso più eclatante è quello di Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Ferno (Varese) che a luglio scorso è stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’inchiesta Krimisa sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta in Lombardia. Ma Misiano non è stato certo l’unico esponente di FdI arrestato per presunti legami con la ‘Ndranghera. Prima di lui c’era stato il presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso che secondo gli inquirenti faceva parte dell’organizzazione criminale che operava tra le province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza e che aveva ai vertici soggetti considerati di primo piano come Salvatore Grande Aracri, Francesco Grande Aracri e Paolo Grande Aracri. Dopo l’arresto Caruso è stato espulso dal partito senza troppi complimenti. La coerenza prima di tutto. Ad agosto di quest’anno invece era stato il turno di Alessandro Nicolò capogruppo di Fratelli d’Italia alla regione Calabria fortemente voluto dalla Meloni e accusato di collusione con la cosca “Libri”.

Tutti quelli di FdI finiti nei guai in questi anni

Se si guarda alla cronaca giudiziaria il – fino ad ora – piccolo partito della Meloni non sembra essere poi così diverso dagli altri, né sembra essere particolarmente coerente (in fondo la Meloni che oggi si lamenta del limite dei contanti a mille euro lo votò nel 2011). Nel 2016 fu arrestato il tesoriere del partito ed ex deputato di FdI, Pasquale Maietta, sulla base delle rivelazioni di un pentito che aveva raccontato agli inquirenti dello strano giro di società del patron del Latina Calcio. Nel 2018 Luciano Passariello – considerato il “braccio destro” della Meloni in Campania, cosa che lei ha smentito – fu al centro di un’inchiesta giornalistica (di Fanpage) sul traffico di rifiuti in Campania. Coerentemente FdI ne chiese l’espulsione prima ancora che iniziasse il processo.

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Ci sono poi peccatucci veniali, come ad esempio la proposta di schedatura delle coppie omosessuali chiesta a Ferrara da Federico Soffritti, capogruppo di Fratelli d’Italia a Ferrara. Secondo Soffritti quell’interpellanza faceva parte di una strategia di Fratelli d’Italia in vista delle prossime regionali in Emilia-Romagna, regione dove la Meloni spera di replicare il successo umbro. Ma Soffritti non è certo l’unico che combatte la lobby LGBT. Il vicepresidente del consiglio comunale di Vercelli Giuseppe Cannata (eletto con FdI) è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di istigazione a delinquere dopo che su Facebook aveva pubblicato un post con scritto: “e questi schifosi continuano imperterriti. Ammazzateli tutti ste lesbiche, gay e pedofili”. A proposito di vicinanza alla gente abbiamo poi  la candidata alle regionali in Umbria Raffaella Pagliochini che chiedeva il voto via SMS ai malati di cancro. Oppure Francesca Lorenzi, candidata (non eletta) di Fratelli d’Italia al Comune di Firenze che qualche tempo fa si chiedeva chi pagasse per le bare dei migranti morti in mare. Insomma il partito della Meloni non è poi diverso dagli altri. E se è vero che la responsabilità penale è individuale è sulla selezione della classe dirigente che non si può certo evitare di farsi qualche domanda su come essa avvenga. Del resto i consiglieri, i candidati, gli eletti sono un simbolo. E come ha detto oggi Giorgia Meloni parlando del futuro di Roma «se rinunciamo a quel simbolo, o lo rendiamo impresentabile, penalizziamo la nostra storia».

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