De Falco porta il M5S in tribunale

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-01-22

Ad assisterlo l’avvocato Borré, che ha già vinto altre cause a Roma e Napoli.

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Gregorio De Falco porta il MoVimento 5 Stelle in tribunale. Il senatore espulso il 31 dicembre scorso per lesa maestà “reiterate violazioni dell’articolo 11 dello Statuto e dell’articolo 3 del Codice Etico ricorrerà in tribunale come hanno già fatto altri cacciati dal M5S come Cristina Grancio, che hanno ottenuto il ritiro della sanzione prima di andarsene.

De Falco porta il M5S in tribunale

Ad assisterlo sarà l’avvocato Lorenzo Borré, che ha già patrocinato (e vinto) le cause di Roma e di Napoli ed attualmente rappresenta anche i 33 grillini che hanno fatto causa per nome e simbolo dell’associazione M5S 2009. A De Falco i probiviri M5S avevano contestato, tra i vari punti, la mancata partecipazione al voto in Aula del decreto Genova e al voto di fiducia su un emendamento del governo al decreto sicurezza. In particolare, secondo i vertici grillini, De Falco non avrebbe rispettato l’articolo 3 del Codice etico, il quale tra l’altro obbliga il parlamentare “a votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del Consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle”.

beppe grillo lorenzo borré

Ma, come sappiamo, la questione dell’obbligo di voto di fiducia cozza con gli articoli 67 e 68 della Costituzione e con il divieto di mandato imperativo . L’atto viene giudicato dal ricorrente “gravemente ingiusto e illegittimo sotto molteplici profili” a partire dalla “volontaria lesione delle guarentigie costituzionali sancite dall’articolo 67” della Carta, in base al quale “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

De Falco e il M5S, storia di amore e odio

De Falco, che prima di entrare nel MoVimento 5 Stelle sfotteva Di Maio e Di Battista, è stato protagonista della campagna elettorale per le notizie sulla moglie e la figlia che poi la stessa Raffaella Iebba, sua moglie, contribuì a smontare parzialmente. Successivamente, dopo aver perso il collegio uninominale, era stato ripescato nelle liste proporzionali. In parlamento si è impegnato molto a spiegare che i naufraghi vanno salvati a Salvini e al M5S, con scarsi risultati. Poi, dopo le prime notizie sulla sua “dissidenza”, nei suoi confronti si è scatenata una macchina del fango guidata da sottosegretari e viceministri (in particolare, come sempre, si distinse Laura Castelli) che raccontavano di una sua presunta allergia alle rendicontazioni e alle restituzioni, poi smentita dall’interessato con i fatti.

gregorio de falco macchina del fango 1

Le randellate sono partite da Silenzi e Falsità, un sito di propaganda filogovernativa grillina riconducibile alla Moving Fast Media Srl, con sede a Sestu (Cagliari), il cui amministratore unico Marcello Dettori. Ovvero il fratello minore di Pietro Dettori, socio della Associazione Rousseau di Davide Casaleggio, fedelissimo di Luigi Di Maio che lo ha piazzato a Palazzo Chigi come «responsabile della comunicazione social ed eventi», a 130mila euro l’anno.

«Evidentemente, alla luce del suo comportamento di questi giorni, con Gregorio De Falco è stato fatto un errore di valutazione al momento in cui gli è stata fatta dal M5s la proposta della candidatura al Senato. Per la verità, personalmente, non ho mai ritenuto che il suo comportamento con Schettino fosse da uomo coraggioso, ma invece da uomo alla ricerca di notorietà. Primeggiare in quella occasione era un’occasione ghiotta e non se l’è lasciata sfuggire»

De Falco Schettino

La tattica non è nuova perché Grillo e i grillini da anni cercano di bollare i dissenzienti come venduti, secondo un piano di comunicazione che mira a diffamare chi esprime idee e opinioni contrarie rispetto alle scelte dei vertici. De Falco ha però resistito fino alla cacciata. E oggi porta il M5S in tribunale. Con ottime probabilità di vittoria.

Leggi sull’argomento: La macchina del fango grillina contro De Falco

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