La macchina del fango M5S sullo stipendio di Gregorio De Falco

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-11-14

L’atteggiamento nei confronti del dissenso pone l’ideale di governo del M5S a metà strada tra “L’État c’est moi” e la Valacchia di Vlad l’Impalatore. E la “cura” ora tocca all’ex capitano

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Ha cominciato pubblicamente Luigi Di Maio ieri al termine del consiglio dei ministri che ha dato l’ok alla lettera di risposta all’Unione Europea: parlando del voto contrario di Gregorio De Falco e dell’astensione di Paola Nugnes su un emendamento presentato dall’opposizione e passato per un voto, il vicepremier ha virato improvvisamente sulle restituzioni programmate dai grillini, augurandosi la partecipazione di tutti al taglio che verrà devoluto agli alluvionati.

Le insinuazioni sullo stipendio di Gregorio De Falco

Già ieri, però, subito dopo il voto, erano cominciate a circolare indiscrezioni che attribuivano al senatore De Falco la volontà di farsi cacciare per non restituire la propria quota parte di stipendio. Non una novità nel MoVimento 5 Stelle visto che anche la viceministra senza deleghe Laura Castelli lo aveva insinuato una decina di giorni fa in un’intervista rilasciata a Repubblica:

Ci sono frizioni interne, emerse al Senato sul decreto sicurezza. Questo la preoccupa?
«Probabilmente è difficile stare in una forza politica che ti chiede di ridurti lo stipendio».

Tre senatori su quattro, tra i ribelli, lo hanno già fatto per cinque anni. Non sarà che i parlamentari non hanno voce in capitolo?
«I luoghi per dialogare sono le commissioni e ognuno si è espresso. La maggioranza deve saper rispettare il contratto di governo, chi non vuole farlo è libero di andare altrove».

Ai più acuti di voi non sarà sfuggito che stavolta è stato proprio un voto in commissione a far scattare i nervi ai grillini, mentre la stessa Castelli diceva che erano quello il luogo per discutere (e quindi per modificare i provvedimenti). La macchina del fango aveva cominciato a scaldare i motori alla fine di ottobre:

Dallo staff del capo hanno cominciato a piovere accuse contro De Falco: «Money makes the world go round» dicono. Dicono che «lo fa per soldi» che «si vuole far cacciare perché si lamenta del taglio allo stipendio». E gli altri? I vertici fanno notare che sono tutti al secondo mandato, non più ricandidabili.

Se fosse questo il motivo, allora la frattura potrebbe replicarsi per altre decine di casi. Di Maio sperava almeno di recuperare Mantero, ma il senatore , autore di una battaglia sull’eutanasia poco gradita ai leghisti, ha fatto sapere che è probabile che voterà contro.

Il riferimento ai soldi è cristallino e si riferisce ai problemi con la moglie diventati improvvisamente attuali durante la campagna elettorale. Mentre il tentativo di recupero del senatore Mantero nel frattempo è andato a buon fine, visto che ieri lui ha votato secondo le indicazioni della maggioranza.

La macchina del fango ha un buco nella gomma

Le insinuazioni su De Falco avevano preso corpo la settimana scorsa. Le randellate sono partite da Silenzi e Falsità, un sito di propaganda filogovernativa grillina riconducibile alla Moving Fast Media Srl, con sede a Sestu (Cagliari), amministratore unico Marcello Dettori. Ovvero il fratello minore di Pietro Dettori, socio della Associazione Rousseau di Davide Casaleggio, fedelissimo di Luigi Di Maio che lo ha piazzato a Palazzo Chigi come «responsabile della comunicazione social ed eventi», a 130mila euro l’anno.

«Evidentemente, alla luce del suo comportamento di questi giorni, con Gregorio De Falco è stato fatto un errore di valutazione al momento in cui gli è stata fatta dal M5s la proposta della candidatura al Senato. Per la verità, personalmente, non ho mai ritenuto che il suo comportamento con Schettino fosse da uomo coraggioso, ma invece da uomo alla ricerca di notorietà. Primeggiare in quella occasione era un’occasione ghiotta e non se l’è lasciata sfuggire»

De Falco Schettino

La tattica non è nuova perché Grillo e i grillini da anni cercano di bollare i dissenzienti come venduti, secondo un piano di comunicazione che mira a diffamare chi esprime idee e opinioni contrarie rispetto alle scelte dei vertici. E incurante del fatto che di francescani nel MoVimento 5 Stelle, specialmente quando si tratta di spendere soldi pubblici per staff made in Pomigliano, non sembrano essercene molti. L’atteggiamento nei confronti del dissenso dà l’esatta dimensione dell’inadattabilità del MoVimento 5 Stelle alle normali procedure di una democrazia del XX Secolo e proietta il suo ideale di governo a metà tra “L’État c’est moi” e la Valacchia di Vlad l’Impalatore. E a questo proposito, il Fatto ci fa sapere che  ieri in tarda serata il senatore grillino Ciampolillo a proposito del condono per Ischia metteva a verbale questo: “In Commissione svelato l’inganno: il governo si oppone all’emendamento sul silenzio rifiuto. Decorsi sei mesi, quindi,tutte lepratiche si potranno intendere accettate. Il decreto Ischia in realtà sarà un gigantesco condono edilizio ad insulam”. Chissà se anche lui vuole improvvisamente tenersi lo stipendio.

Leggi sull’argomento: Il governo del cambiamento punta sulle privatizzazioni (honeste?)

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