Quando Salvini combatteva la mafia a mani nude con un braccio legato dietro la schiena

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-01-24

Ogni volta che Matteo Salvini deve difendersi da chi lo critica di aver fatto poco per combattere la mafia e la criminalità organizzata lui tira fuori la storia della villetta dei Casamonica che ha tirato giù a calci e pugni. Ma nemmeno quell’abbattimento è merito suo

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Matteo Salvini che citofona a degli sconosciuti chiedendo «scusi lei spaccia?» e proponendosi di «riabilitare il buon nome della famiglia» è una scena già abbastanza ridicola di suo. Se a questo aggiungete la dichiarazione da tribunale speciale del popolo sul non essere garantista nei confronti di chi è accusato di spacciare la faccenda diventa ancora più assurda. Ma guai a rimproverare all’ex ministro dell’Interno di non prendersela con quelli della sua stazza. Perché il leader della Lega ha la risposta (preconfezionata) sempre pronta.

Quando Salvini non sa cosa dire tira fuori i Casamonica

A chi gli diceva che forse avrebbe potuto combattere lo spaccio di droga o che non avrebbe avuto il coraggio di andare a citofonare a casa di mafiosi e ‘ndranghetisti Salvini ha ricordato che lui è stato minacciato di morte dai Casamonica «non perché ho citofonato, ma perché ho dato la prima mazzata con la ruspa ad una loro villa». Non è la prima volta che Salvini tira fuori i Casamonica per far vedere che lui è un uomo che non si fa spaventare da nulla. Qualche tempo fa aveva dichiarato «dopo Carola Rackete, mi querela la signora Cucchi? Nessun problema, sono tranquillissimo, dopo le minacce di morte dei Casamonica e i proiettili in busta, non è certo una querela a mettermi paura».

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In un’altra occasione aveva detto che le minacce delle sardine non gli facevano paura, perché appunto era stato minacciato dai Casamonica. La prima volta che Salvini parlò di queste minacce era il novembre del 2018 quando disse «stamattina sono stato nel quartiere La Romanina, dove verrà buttata giù una Villa confiscata ai Casamonica e dove nascerà un giardino per bambini. Questi signori  hanno detto che ‘mi sparano’, io gli ho detto che se pensano di intimorire qualcuno hanno scelto la persona sbagliata. ‘So de coccio’, chi mi conosce lo sa». È passato più di un anno ma il leader della Lega ancora continua con la storia delle minacce dei Casamonica.

Le balle di Salvini sulle ville dei Casamonica

Più passa il tempo più la storia diventa epica. A Porta a Porta Salvini tornando sulle critiche di Fabio Volo per la citofonata al Pilastro ha detto «mentre facevo abbattere quella villa, forse Fabio Volo scriveva un altro libro che gli ha fatto guadagnare dei bei soldini». Ma l’ordine di abbattere quella villetta, una delle tante dei Casamonica, non è stato dato da Salvini. L’allora ministro dell’Interno diede solo il primo colpo di benna. Un atto simbolico con il quale si appropriò mediaticamente dell’operazione.

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Ma la storia di quella villetta va ben oltre Salvini. Era il 21 giugno 2018 quando il ministro dell’Interno si presentò davanti alla villa confiscata nel 2009 (perché era un abuso edilizio) al clan dei Casamonica alla Romanina (il loro feudo) assieme alla prefetta di Roma Paola Basilone e al presidente del Lazio Nicola Zingaretti per annunciarne l’abbattimento. Il titolare del Viminale avrebbe voluto essere il primo a mettere in moto le ruspe. In una diretta dell’11 ottobre aveva infatti dichiarato «È questione di giorni. Entro ottobre guiderò personalmente la ruspa che abbatterà la villa abusiva dei Casamonica a Roma». Quella villa – sequestrata dalla Regione in collaborazione collaborazione con l’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC) – è stata abbattuta il 26 novembre 2018.

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Ma dentro non c’era ovviamente nessuno. Scriveva Repubblica che la villetta era stata sgomberata nel 2013, e che successivamente l’immobile era finito nelle disponibilità del Demanio in capo al quale era rimasta fino a giugno 2018, quando entrò nel patrimonio immobiliare della Regione Lazio che aveva avviato le pratiche con l’agenzia dei beni confiscati a gennaio di quell’anno, quando Salvini non era ancora ministro. La casa e il terreno sono diventati così della Regione Lazio che ha stanziato 250mila euro per abbatterla (essendo stata vandalizzata negli anni non era più possibile riutilizzarla) e per creare un parco pubblico. Salvini era davvero orgoglioso del lavoro svolto, al punto da tenere il conto di tutte le ville abbattute mentre era ministro. Dimenticando che l’abbattimento è solo l’atto finale di una lunga trafila di provvedimenti iniziata diversi anni prima, quando lui al Ministero non ci aveva ancora messo piede. Ma sequestri, abbattimenti e demolizioni si facevano anche prima di lui e si sono sempre fatti. All’epoca Francesco Rutelli aveva ricordato che nel dicembre del 1993 fece abbattere alcune costruzioni abusive sulla Casilina e che nel quadrienno 1993-1997 vennero eseguiti 300 ordini di abbattimento. E c’è anche chi ha denunciato come per colpa di una circolare emanata da Salvini la lotta alla mafia è diventata più difficile. Ma niente paura, al senatore della Lega basta andare su un palco e dire che «la ‘Ndrangheta è una merda» per diventare l’eroe dell’antimafia, magari mentre un’inchiesta dell’Espresso rivelava curiosi legami tra il suo partito e le cosche calabresi oppure quando ad Avellino la Lega faceva eleggere come consigliere comunale il figlio del boss Amedeo Genovese, fondatore del clan Partenio, recluso con fine pena mai al 41 bis per omicidio e associazione camorristica.

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