Fact checking
«Salvini usa la Diciotti per far saltare il governo»
Alessandro D'Amato 24/08/2018
Il sospetto di Montecitorio comunicato al Quirinale: il leader della Lega si è reso conto che le promesse elettorali sono impossibili da realizzare e vuole rompere sui migranti per lucrare consenso elettorale. Ma…
Salvini non vuole affrontare la Legge di Stabilità che rischia di sconfessare tutte le promesse elettorali. Perciò prepara giorno dopo giorno, sui migranti, una via di fuga, un’ipotesi di elezioni anticipate a breve, magari nel 2019 insieme alle Europee. Questa tesi, secondo quanto raccontano oggi Goffredo De Marchis e Alberto D’Argenio su Repubblica, è stata confidata da Roberto Fico, presidente della Camera dall’altroieri impegnato a distribuire Foglie di Fico per coprire il governo sulla Diciotti, ai canali diplomatici che tengono i contatti con la presidenza della Repubblica. E di certo ad occhio ha il suo fascino.
«Salvini usa la Diciotti per far saltare il governo»
Perché lo stesso Salvini nell’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera sottolinea che “le prove generali di un attacco economico” al governo sono già partite, riferendosi ai 72 miliardi in BtP in fuga dall’Italia da quando è stato varato l’esecutivo gialloverde ed è evidente che la Lega ha capito che sarà impossibile seguire la strada delle promesse elettorali senza generare una nuova crisi dello spread che né Conte né Tria saranno poi in grado di affrontare e governare a causa dell’assoluta mancanza di mezzi tecnici. Per questo l’ipotesi che Salvini voglia rompere fa il paio con l’atteggiamento del leader della Lega, che da due giorni invita persino la magistratura ad indagarlo perché sa che andarsene con le stimmate del martire può costituire un bonus da giocarsi al prossimo appuntamento elettorale.
D’altro canto anche le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, poi arditamente rettificate, ventilavano l’affascinante complotto dei Poteri Forti contro Dolce Remì per l’ennesima volta, anche se è chiaro a tutti che le vendite delle obbligazioni italiane da parte degli investitori esteri non sono guidate dalla manina di Sauron ma dalla prudenza di chi ha investito i suoi soldi in prodotti finanziari che credeva sicuri e che oggi ritiene non lo siano più perché non apprezza i giochi di parole di Di Maio (il che è comprensibile).
Il grande ritorno del ricatto dei contributori netti
Infatti ieri proprio Di Maio, per non farsi scavalcare da Salvini, è tornato a minacciare di non pagare “i 20 miliardi di contributi annui all’Unione se la Commissione non ci viene incontro con la ricollocazione dei migranti della Diciotti”. Non sa, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo, che in realtà l’Italia è contributore netto, sì, ma per 2,5 miliardi, lo 0,5 del PIL dell’UE. Non nota, il vicepresidente del Consiglio, che così l’Italia non riceverebbe più i fondi UE con stop ai progetti per il Sud e, soprattutto, farebbe il primo passo verso l’uscita dall’Unione Europea e dall’euro. Con tutte le conseguenze possibili ed immaginabili per la stabilità del governo che Di Maio presiede per interposta persona. Gli conviene?
Senza contare che non bisognerebbe sottovalutare l’ipotesi che anche in Europa si siano stufati di essere ricattati e possano anche decidere di lasciare l’Italia a risolversi il problema da sé, giusto per evitare di tirare la volata a Salvini per le prossime Europee come invece sembra intenzionato a fare Di Maio.