Il Grande Complotto dell’attacco dei mercati al governo Lega-M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-08-13

«Se qualcuno vuole usare i mercati contro il governo, sappia che non siamo ricattabili», fa sapere Di Maio mentre Siri immagina non meglio precisati controlli di capitali. Ma la verità è un’altra

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«Io non vedo il rischio concreto che questo governo sia attaccato, è più una speranza delle opposizioni. E se qualcuno vuole usare i mercati contro il governo, sappia che non siamo ricattabili. Non è l’estate del 2011 e a Palazzo Chigi non c’è Berlusconi, che rinunciò per le sue aziende»: Luigi Di Maio evoca il complotto dell’attacco dei mercati al governo Lega-M5S in un’intervista al Corriere della Sera che idealmente va a rispondere a quella rilasciata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti  a Libero ieri.

Il Grande Complotto dell’attacco dei mercati al governo Lega-M5S

“L’attacco io me lo aspetto – ha detto il sottosegretario – i mercati sono popolati da affamati fondi speculativi che scelgono le loro prede e agiscono. Abbiamo visto cos’è accaduto a fine agosto nel ’92 e sette anni fa con Berlusconi. In estate ci sono pochi movimenti nelle Borse, è un periodo propedeutico a iniziative aggressive nei confronti degli Stati, guardi la Turchia”.

Per il sottosegretario comunque l’esecutivo è pronto a reagire. “L’Italia è un grande Paese e ha le risorse per reggere, anche grazie al suo grande risparmio privato. Quello che mi preoccupa è che, nel silenzio generale, gran parte del risparmio italiano è stato portato all’estero e quindi la gestione dei nostri titoli non è domestica”.

Il motivo dell’imminente attacco, secondo il numero due della Lega, è di natura politica: “Il governo populista non è tollerato. La vecchia classe dirigente italiana ed europea vuol far abortire questo governo per non alimentare precedenti populisti“, ma l’orizzonte dell’esecutivo “non sarà di breve termine. L’accordo con M5S è saldo”.

giancarlo giorgetti

E che la psicosi dell’attacco dei mercati nell’Autunno Caldo prossimo venturo abbia ormai conquistato le prime pagine di tutti i giornali lo dimostra anche l’apertura della Stampa di oggi, dove si racconta che in queste settimane – a dispetto di una certa retorica anti-finanza, ma come si conviene al governo di un Paese del G7 – un utile canale di comunicazione è stato aperto con Mario Draghi, presidente della Bce e dunque tra i più influenti personaggi dell’economia mondiale.

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Draghi ha intrecciato proficui colloqui con Paolo Savona, l’economista più solido della squadra di governo e con Giancarlo Giorgetti, il leghista «bocconiano» che si cimenta con il governo «reale» dell’economia domestica.

Il senatore della Lega Armando Siri, consigliere economico di Matteo Salvini, riconosce il rischio dell’assalto speculativo ma (eventualmente) lo considera fronteggiabile: «Certo, il pericolo c’è, soprattutto perché abbiamo consentito di tenere all’estero troppi titoli italiani, uno scenario che va contrastato con norme che consentano di “trattenere” in Italia quel rischio. Ma l’Italia è un grande Paese, con un’economia in grado di rispondere a qualsiasi attacco speculativo. No, non ci faremo intidimidire».

Ma è l’economia, stupido!

Il piano quindi appare ben delineato. Da una parte il MoVimento 5 Stelle nega la possibilità di attacchi ma dice che nel caso sarebbero pronti a fronteggiarli; dall’altra la Lega arriva a immaginare non meglio precisati controlli dei capitali per “trattenere” (è impossibile) in Italia il rischio. Il tutto mentre oggi gli occhi degli operatori saranno tutti rivolti all’asta dei Btp a 3, 7 e 30 anni e si attendono le valutazioni delle agenzie di rating sul debito italiano che dovrebbero arrivare a fine agosto e fine settembre.

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Il tesoro degli italiani all’estero (Il Sole 24 Ore, 13 agosto 2018)

Sarà divertente capire come il luogotenente Siri intenda controllare i soldi degli italiani, visto che, racconta oggi Il Sole 24 Ore, il tesoro posseduto all’estero dagli italiani – o, almeno, quello “in chiaro” – vale 217,7 miliardi, stando alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2017. Una cifra monstre, che corrisponde a poco meno del 10% del debito pubblico. E che, nonostante il calo registrato nell’ultimo anno, risulta comunque cinque volte più grande di quella del 2012. Magari nel frattempo lo stesso Siri capirà che questi annunci sono inopportuni, visto che tendono a stimolare la fuga di capitali che vorrebbe fermare.

Il Grande Complotto e le contromisure sovraniste

Tanto vale invece raccontare la verità. L’Italia è da tempo nel mirino di fondi e agenzie di rating perché il governo Lega-M5S non gode della stima (eufemismo!) degli operatori. Spiega oggi Massimo Giannini su Repubblica che le premesse per un’improvvisa “fly to quality”, cioè una fuga dagli incerti titoli tricolori, ci sono tutte.

Da due mesi il differenziale tra i nostri Bond e i titoli tedeschi è cresciuto di oltre 100 punti, con un impatto di quasi 5 miliardi sul costo del debito pubblico e di quasi 3 miliardi sui patrimoni di banche e assicurazioni. In sei mesi è triplicato il costo dei Cds, le polizze contro il rischio di default di un Paese. Gli operatori già sospettano che l’Italia non possa (o non voglia) onorare il suo debito (a maggio superiore ai 2.347 miliardi, per oltre il 30 per cento in mani estere).

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La fuga di capitali dall’Italia (La Repubblica, 13 luglio 2018)

Un deflusso di capitali è già in atto: il saldo della bilancia dei pagamenti è peggiorato di 39 miliardi a maggio, quello del Target 2 (differenza tra pagamenti effettuati e ricevuti dalle banche attraverso la Banca centrale europea) ha raggiunto il record negativo di 481 miliardi a giugno (salvo riscendere di 16 miliardi a luglio).

L’ombrello di Mario Draghi si sta per chiudere: dal 30 settembre gli acquisti di titoli sovrani si ridurranno da 30 a 15 miliardi al mese, e a fine dicembre cesseranno del tutto. Balliamo sotto il vulcano.

La situazione di partenza è questa e il balletto di promesse da mantenere dalla flat tax al reddito di cittadinanza fino alla riforma Fornero la rende ogni giorno più difficile. L’unica contromisura sovranista realmente in ballo oggi è la propaganda elettorale, mirata addirittura alle elezioni europee dove secondo Di Maio «i numeri dicono che la maggioranza formata da Ppe e Pse non esisterà più, finirà l’epoca dell’austerity e inizierà un nuovo settennato di bilancio espansivo». In attesa di scoprire a quali numeri si riferisca il vicepremier (forse a quelli dei sondaggi?), gli andrebbe segnalato che prima della primavera c’è sempre l’inverno. E ancora prima sarà l’Autunno Caldo a dover dimostrare che il governo è in grado di stare in sella. Magari rimangiandosi gran parte di quello che ha promesso.

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