Ma Salvini lo sa che la Regione Veneto ha emanato una legge per la coltivazione della canapa?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-12-16

Il Capitano dice che è “droga di stato”. Ma che la Cannabis Sativa oggetto dell’emendamento bloccato dalla Presidente del Senato non sia una droga lo hanno capito pure i leghisti del Veneto. Qualcuno può dirlo a Salvini?

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Matteo Salvini oggi in Aula al Senato ha ringraziato la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati per aver bloccato l’emendamento sulla cannabis legale presentato da Matteo Mantero e altri senatori della maggioranza e approvato la settimana scorsa in Commissione Bilancio a Palazzo Madama. Salvini ha detto che i suoi ringraziamenti sono «a nome di tutte le comunità di recupero dalle dipendenze» perché la presidente del Senato ha evitato «la vergogna dello stato spacciatore di droga» aggiungendo che «se alcuni colleghi mettessero per l’agricoltura vera la passione che ci mettono per le canne l’Italia sarebbe un paese più sano» (non si sa quanto intenzionale sia stata la citazione speculare al pezzo dei Pitura Freska).

Non esiste nessun emendamento per la “Droga di Stato”

C’è un problema, anzi più d’uno. Il primo è che la canapa oggetto dell’emendamento approvato nei giorni scorsi non è una droga. Avendo una percentuale di THC (il tetraidrocannabinolo) inferiore allo 0,5% la Cannabis “light” non ha proprietà psicotrope e quindi non è una sostanza stupefacente. Quando era al Viminale però Salvini ha scatenato un’inutile e costosa guerra alla canapa legale sfruttando un vuoto normativo contenuto nella legge 242 del 2016 che paradossalmente consente la produzione e la coltivazione della canapa ma non specifica quasi nulla sulla sua commercializzazione. Oltre a questo la Lega al Governo ha dato forte impulso ad una campagna a base di perquisizioni nelle scuole che ha portato allo stupefacente sequestro di qualche chilogrammo di erba a fronte di centinaia di operazioni condotte da oltre duemila agenti.

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Eppure per la Lega quell’emendamento bloccato dalla Casellati avrebbe addirittura «di fatto liberalizzato la cannabis» spingendo gli adolescenti a «fumare la droga di Stato». Che è una balla: perché nessuno fumerebbe mai la canapa legale per una ragione molto semplice: non ha un effetto “drogante”, non è una droga. Anche i prodotti additati come più “pericolosi” come quelli a base di cannabidiolo (una sostanza che non ha effetto psicoattivo) non vengono estratti unicamente dalle tanto temute infiorescenze ma da tutta la pianta.

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Se si volesse liberalizzare la cannabis, intesa come droga, si sarebbe invece intervenuti ad alzare la soglia di THC “legale” che invece è stato fissato allo 0,5%. Pillon forse ignora che in realtà la “droga di Stato” esiste già: è la cannabis ad uso medico (terapeutico) coltivata dall’Istituto Farmaceutico Militare che proprio durante il governo gialloverde ha annunciato che avrebbe aumentato la produzione passando da 150 a 300 chilogrammi nel 2020.

Ora Salvini come la spiega ai coltivatori di Canapa del Veneto e dell’Emilia-Romagna?

Come abbiamo spiegato l’emendamento di Mantero serviva solo a colmare quel vuoto normativo evidenziato dalla Cassazione nella sentenza delle sezioni riunite. Il paradosso è che attualmente è già legale coltivare e produrre la Cannabis Sativa L. (la elle sta per Linneo) ma non è consentita la commercializzazione delle infiorescenze (che non possono contenere in ogni caso più dello 0,6% di THC) pur essendone permessa la produzioneUn vuoto normativo grazie al quale nei mesi scorsi sono stati emanati numerosi provvedimenti di sequestro nei confronti dei negozi che vendono la cannabis light.

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Lo Stato spacciatore dicevamo. Eppure l’8 agosto del 2019 la Regione Veneto promulgava la legge regionale a sostegno e promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale ed agroalimentare della canapa (Canapa sativa L.). Ai più attenti non sfuggirà che il Veneto è governato dalla Lega. Forse il Veneto è una Regione spacciatrice? No, perché la Cannabis per cui è lecita la coltivazione non è una droga (come abbiamo già detto).

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La Regione Veneto in base alla già citata legge 242/2016 ha quindi autorizzato la coltivazione della pianta, e non solo, prevede di erogare contributi a chi svolge «attività di ricerca relativa alla utilizzazione della canapa in tutti gli ambiti possibili, in particolare nel campo alimentare, cosmetico e della bioedilizia» e «attività di informazione finalizzata alla diffusione della conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi diversi utilizzi nei settori agroalimentare e industriale». Insomma pure una Regione fortemente leghista ritiene che quella della canapa sia agricoltura vera, al contrario di quello che pensa Salvini. Il punto è che senza l’emendamento bloccato oggi c’è il rischio che chi coltiva la suddetta pianta possa venire sanzionato perché appunto la Cannabis legale contiene quello 0,5% di THC che nelle tabelle del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope non viene menzionato. Di fatto un giudice veneto potrebbe decidere che una pianta con lo 0,3% di THC possa essere considerata sostanza stupefacente e quindi sequestrare il campo o il raccolto. Un paradosso? Più che altro il frutto della completa ignoranza (e magari una buona dose di malafede) di Salvini sulla materia. Del resto nella sua relazione al Consiglio Regionale il consigliere Nazzareno Gerolimetto (lista Zaia Presidente) spiegava che «le varietà ammessa alla coltivazione, senza autorizzazione, sono quelle iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole non rientranti nell’ambito di applicazione del T.U. delle leggi in materia degli stupefacenti» (la relazione venne approvata anche da Lega e Fratelli d’Italia).

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Secondo Simone Benini e Carlo De Girolamo, rispettivamente candidato presidente alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e parlamentare del Movimento 5 stelle «l’ignoranza e la malafede della destra danneggiano 1.000 imprese agricole emiliano-romagnole». I due esponenti del M5S spiegano che in Emilia-Romagna vengono coltivati a norma di legge 1.200 ettari di terreno e che «la scelta politica di non ammettere nella manovra l’emendamento che colmava quel vuoto normativo che oggi blocca e costringe gli agricoltori di questo settore alla totale precarietà e’ semplicemente inaccettabile».

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