O il no alla TAV o il processo Diciotti: il ricatto del M5S a Salvini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-02-03

Di Maio tira fuori l’arma finale: la caduta del governo Conte senza no all’Alta Velocità. E il M5S pensa di mandare Salvini davanti ai giudici. Sul piatto della bilancia la TAV e la Diciotti. E la Lega finora ha sempre ceduto

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«Se Salvini ci provoca con Chiomonte, allora finisce qui»: Luigi Di Maio non ha apprezzato molto la visita del leader della Lega al cantiere (per lui inesistente) dell’Alta Velocità in Val di Susa,  tanto da tirare fuori nei colloqui con i suoi l’arma finale: la caduta del governo Conte in caso di ripensamenti o arretramenti sulla TAV. Con una minaccia in più, secondo alcuni retroscena: quello che mette sullo stesso piano il processo sulla Diciotti che Matteo vuole a tutti i costi evitare e che il M5S vorrebbe evitargli sì, ma soltanto se si rispettano i patti.

O il no alla TAV o il processo Diciotti: il ricatto del M5S a Salvini

E allora sul piatto della bilancia c’è da una parte la TAV e dall’altra la Diciotti. Sta ai leghisti scegliere. Con un’avvertenza.  La tanto attesa analisi costi-benefici non solo è pronta, ma è pronta anche la sua traduzione in inglese e francese. Fonti qualificate del ministero delle Infrastrutture fanno trapelare che sta emergendo un saldo fortemente negativo a carico della prosecuzione dell’opera. La Stampa racconta che l’arrabbiatura è tale che Di Maio non nasconde ai suoi collaboratori che «la faccenda del processo è tutt’altro che chiusa, e ancora non è detta l’ultima parola». È il grillino a tenere la mano pronta a schiacciare il pulsante che manderà Salvini davanti ai giudici. Una minaccia di rappresaglia figlia anche delle critiche che più passano i giorni più il leader riceve da opinionisti vicini e parlamentari, contro una linea garantista a favore del leghista che si sta rivelando perdente. Anche Repubblica dice che il Salva-Salvini non è più così scontato:

Ecco, quel salvataggio a questo punto non è affatto scontato, né in giunta per l’immunità, né in aula, quando si voterà al Senato sulla richiesta dei giudici di Catania. Anzi, stando a quanto trapela dal Movimento, l’indirizzo che prevarrebbe in queste ore andrebbe nella direzione opposta. La minaccia di crisi formulata di fatto da Luigi Di Maio («Con noi al governo non si fa») e gli insulti del pasdaran Di Battista al suo fianco nella campagna d’Abruzzo («Salvini torni con Berlusconi e non rompa i…») sono un altolà reale, anzi definitivo, fanno sapere dal quartier generale M5S.

C’è il tentativo di mediazione – l’ennesimo – imbastito in serata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è vero, concordato più con quell’area del governo. Accenna a una possibile «revisione del progetto» Tav, come previsto dal contratto, ma vincolata all’analisi costi benefici. M non dovrà essere un escamotage per tirare a campare, per prendere quei tre mesi di tempo sui quali punta la Lega per scavallare le Europee e risedersi al tavolo a bocce ferme, fuori dal clima elettorale. E rimettere mano al progetto Torino-Lione, magari con corposi tagli da 1,5 miliardi sui cantieri italiani. No, nulla di tutto questo sarà possibile, fanno sapere ora Di Maio e Di Battista.

In campo c’è anche Giuseppe Conte. Ma stavolta non farà da paciere, come si è vantato con Angela Merkel, bensì si schiererà anche lui per il no e in pochi giorni Matteo Salvini resterà col cerino della Tav in mano, ma spento. Anche perché, come va ripetendo il ministro delle Infrastrutture Toninelli ai suoi interlocutori in queste ore, è dalla sua scrivania che dovrebbero partire, controfirmati, i contratti per l’apertura dei vari lotti della Torino-Lione. Ma quelle firme, analisi alla mano, non saranno mai apposte.

Le condizioni di Di Battista sulla TAV

Anche perché, scrive oggi Luca De Carolis sul Fatto, tra le condizioni che Alessandro Di Battista ha posto per tornare a dare una mano al MoVimento 5 Stelle in vista delle elezioni europee e in tempi di sondaggi calanti c’è proprio quella di non fare un’altra figuraccia epocale come con il TAP, quando l’ex deputato si spese pubblicamente per il blocco in quindici giorni e alla fine i suoi video sono finiti a fare il giro dell’Internet insieme all’accordo sul TAP che lo ha lasciato con il cerino acceso in mano.

E da lì riparte Di Maio: “Il discorso sull’opera è chiuso: possiamo semplicemente dire che finché il M5S sarà al governo quel cantiere non inizierà, perché non è stato scavato neanche un centimetro”. Sillabe per tenersi in equilibrio, perché il vicepremier combatte con mille fronti, esterni  e interni: quindi ha bisogno di un centro di gravità permanente. E il no senza sconti al Tav è essenziale. Anche per rispondere al Salvini che pretende e probabilmente otterrà il no del Movimento alla richiesta di processo nei suoi confronti per sequestro di persona, arrivata dal Tribunale dei ministri di Catania.

Intanto La Stampa torna a interrogare l’ex commissario Foietta sull’ipotesi di TAV low cost, che all’inizio sembrava il modo migliore per uscire con un compromesso onorevole per entrambe le forze politiche ed oggi p teoricamente ancora in piedi.

La versione 2.0 della Tav low cost utilizza lo stesso ragionamento, cioè il differimento nel tempo di quei lavori. Non un nuovo progetto ma il suo rinvio perché «quando ci sarà il tunnel in funzione con il passaggio di 162 treni merci e di 22 convogli passeggeri non possono esserci vincoli che dimezzano la capacità del tunnel». Certo, «ci vorrà qualche anno ma quegli interventi andranno fatti». Del resto è quello che è successo in Francia.

Venerdì, dopo la visita al cantiere di SaintMartin-La-Porte, la ministra Elizabeth Borne ha incontrato i parlamentari della Savoia per concordare il piano del 2013 che prevede la spesa di 7,7 miliardi di euro per le tratte di accesso. Tempi e opere da realizzare non sono però state definite e le priorità saranno decise da un Osservatorio che studierà i reali flussi del traffico. Si tratta degli interventi definiti nell’ambito del dibattito pubblico che resta valido fino al 2028.

C’è però un problema di rapporti piuttosto grosso. La Lega si è schierata con gli NCC nella vicenda del DL Semplificazioni e alla fine ha perso, perché hanno vinto i taxi spalleggiati dal M5S. La Lega si è schierata con le aziende di trivellazione nella vicenda dei permessi per la ricerca del gas in mare. Alla fine ha mollato anche loro. Ora la Lega dovrà cedere sulla TAV perché sennò va a processo Salvini?

In copertina: vignetta di El Giva per neXt

EDIT ore 13,13: Salvini parla dell’argomento Diciotti-Tav: “Non siamo al mercato, io ti dò questo tu mi dai quello – dice Salvini senza mezzi termini – è roba di vecchi governi, non ho bisogno di aiutini, ho fatto il ministro, io blocco gli sbarchi, sveglio l’Europa e fermo i morti e le partenze, l’ho fatto, lo farò, poi sulla Tav aspettiamo i numeri”.

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