Maria Elena Boschi e i renziani che lasciano il PD

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-09-17

La lista dei renziani che lasciano il PD e di quelli che invece restano: oltre a Maria Elena Boschi, ci saranno Gennaro Migliore (ex Sel), Michele Anzaldi, Roberto Giachetti, Silvia Fregolent, Marco Di Maio, Anna Ascani, Luciano Nobili, Luigi Marattin, Lucia Annibali, Mattia Mor, Nicola Carè, Massimo Ungaro

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Ci sono Maria Elena Boschi e Teresa Bellanova. C‘è, a sorpresa, anche Tommaso Cerno che avrà un bel daffare per portare il nuovo partito di Renzi in area No-TAV (no, non ci riuscirà). Questa affermazione è rettificata in calce all’articolo. C’è anche Ivan Scalfarotto, che fino a ieri non sapeva nulla sulla scissione annunciata a Porta a Porta e poi invece ufficializzata tramite intervista a Repubblica da Matteo Renzi, che però su Facebook non ha raccolto grande entusiasmo.

Maria Elena Boschi e i renziani che lasciano il PD

La pattuglia di eletti che seguiranno Renzi fuori dal Partito Democratico conta, secondo il senatore di Scandicci, una trentina di parlamentari. Non tutti del PD, però, visti anche i tentativi di avvicinamento da parte di Forza Italia al governo Conte Bis. Non ci saranno Lorenzo Guerini, neoministro della Difesa, e Luca Lotti. Non ci sarà nemmeno Andrea Marcucci, che resta capogruppo in Senato pur essendo un fedelissimo conclamato. Ci sarà invece Francesco Bonifazi, ex tesoriere del PD e alfiere della protesta per la Toscana senza posti di governo. Giovanna Casadio su Repubblica fa sapere che ci saranno anche Davide Faraone, Eugenio Comincini, Nadia Ginetti, Ernesto Magorno a cui si aggiunge la ex forzista Donatella Conzatti.

Ettore Rosato, che ha in mano il pallottoliere renziano, conta di arrivare entro domani al numero di dieci senatori che dovrebbe servire intanto a creare una “componente” del Misto, cui potrebbe aggiungersi Pier Ferdinando Casini (adesso nel gruppo delle Autonomie). Nencini però fa sapere: «Deciderò con il mio partito, il Psi». In base al regolamento di Palazzo Madama, è proprio Nencini, detentore di un simbolo che ha corso alle Politiche, a poter garantire la creazione di un gruppo parlamentare a sé stante.

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Renziani che vanno, renziani che restano nel PD (Corriere della Sera, 17 settembre 2019)

E poi, oltre a Maria Elena Boschi, ci saranno Gennaro Migliore (ex Sel), Michele Anzaldi, Roberto Giachetti, Silvia Fregolent, Marco Di Maio, Anna Ascani, Luciano Nobili, Luigi Marattin, Lucia Annibali, Mattia Mor, Nicola Carè, Massimo Ungaro. Renzi manterrà al governo due ministre, Bellanova (che sarà capo della delegazione renziana) e Elena Bonetti e due sottosegretari, Scalfarotto e Ascani.

Renziani che vanno, renziani che restano (nel PD)

Ma l’elenco di chi resta è altrettanto lungo e rischia di diventare un problema per Zingaretti. Perché c’è già chi ipotizza che possano fungere da cavallo di Troia all’interno del Partito Democratico o di seguire una strategia di progressiva contestazione nei confronti del segretario, per poi muoversi a fine legislatura. Rimane nel PD il fedelissimo renziano Dario Parrini, rimane Antonello Giacomelli, rimane Dario Nardella. Non se ne va invece Andrea Romano, anche lui scandalizzato per la scarsa Toscana al governo qualche giorno fa e oggi in un articolo sul Foglio scrive: “Colpisce la leggerezza con cui si teorizza la scissione consensuale rispetto alla sfida che attende la sinistra italiana. E la scissione è un grave errore, che rischia di indebolire (insieme alla svolta verso il proporzionale) quell’agenda riformista e innovatrice che il Pd deve realizzare oggi dentro l’alleanza forzata con M5S”.

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La vignetta di Ellekappa su Repubblica (17 settembre 2019)

Intanto il Fatto scrive che in prima fila per il passaggio al nuovo partito (che potrebbe chiamarsi “L’Italia del Sì” o “Movimento Civile” dopo che “Azione Civile” è stato fermato dalla protesta di Ingroia) ci sarebbe addirittura Mara Carfagna, “che però continua a negare” e ha smentito in più occasioni di voler lasciare Berlusconi.

EDIT 18 settembre 2019: “Circolano voci sulla una mia uscita dal Pd per seguire Matteo Renzi nel suo progetto di Italia viva. Non sarà così, auguro a Matteo ogni fortuna, ma non ci sarò in questo tratto di cammino o di marcia, en marche, che sia”. Lo dice in una nota Tommaso Cerno. “Adesso che i democratici sono venuti verso chi come me pensava da tempo che il futuro della sinistra fosse generare un big bang fra progressisti e Movimento 5 Stelle per creare un fronte democratico che impedisse alle destre di riportare il paese indietro di 70 anni, sarebbe alquanto strano togliermi di mezzo per cercare un centro che per me esiste solo nel culto della libertà e della modernità”. “Auguro a Italia viva ogni fortuna politica e personale e mi rivolgo al Pd: quel che vedo io è che dopo l’addio di Renzi, il rischio per i Dem non è tanto la fuoriuscita di dirigenti o voti in favore di Italia viva, quanto piuttosto la tentazione di qualcuno all’interno di prendere il posto che fu di Renzi per dirsi ancora una vota determinante e ricominciare la fatica di Sisifo della rincorsa all’unità. Il mio appello a Nicola Zingaretti è: fermali subito! Perché il Pd non solo superi questo scisma, ma ne esca rafforzato, deve finire immediatamente l’era delle correnti e del Cencelli”.

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