L’intervista di Renzi a Repubblica

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-17

Renzi rilascia un’intervista ai “nemici” di Repubblica per spiegare il suo addio al Partito Democratico. Promette appoggio al governo, risponde a Letta e svela un sms di Franceschini

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Annalisa Cuzzocrea su Repubblica intervista oggi Matteo Renzi che annuncia che lascia il Partito Democratico. Nel lunghissimo colloquio che occupa le pagine 2 e 3 del quotidiano Renzi comincia difendendosi dall’accusa di spaccare il PD e il fronte anti-Salvini:

Adesso però lei spacca il Pd indebolendo proprio il fronte anti-Salvini. Che senso ha?
«È il contrario. Abbiamo fatto un capolavoro tattico mettendo in minoranza Salvini con gli strumenti della democrazia parlamentare. Ma il populismo cattivo che esprime non è battuto e va sconfitto nella società. E credo che le liturgie di un Pd organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo non funzionino più».

L’unità è una richiesta che viene soprattutto dalla base. Zingaretti ha fatto di tutto per mantenerla. Cos’è che gli rimprovera?
«Non ho un problema personale con Zingaretti, né lui ha un problema con me. Abbiamo sempre discusso e abbiamo sempre mantenuto toni di civiltà personali. Qui c’è un fatto politico. Il Pd nasce come grande intuizione di un partito all’americana capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie. Chi ha tentato di interpretare questo ruolo è stato sconfitto dal fuoco amico. Oggi il Pd è un insieme di correnti. E temo che non sarà in grado da solo di rispondere alle aggressioni di Salvini e alla difficile convivenza con i 5 Stelle».

Rischia di passare alla storia come colui che ha ucciso il partito che aveva l’ambizione di unire la tradizione socialdemocratica e quella cattolica, i Ds e la Margherita. Lo sa?
«Ma dai! Sono cinque anni che mi dite che rovino il Pd. Basta con questa tiritera sul passato. C’è un futuro ricco di difficoltà, ma bellissimo, là fuori. Lo andiamo a prendere? Lo costruiamo? O ci limitiamo ad aspettarlo rinchiusi nelle nostre correntine? Diciamo la verità: c’è una corrente culturale nella sinistra italiana per la quale io sono l’intruso».

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Per spiegare la mossa Renzi annuncia il rientro nel PD di Bersani e D’Alema:

Sembra una vendetta.
«Ho votato la fiducia persino al governo coi grillini, figuriamoci se mi preoccupano i risentimenti o le vendette. Mi hanno sempre trattato come un estraneo, come un abusivo, anche quando ho vinto le primarie. Ancora oggi c’è una corrente culturale che paragona i due Matteo mettendoli sullo stesso piano. È il riflesso condizionato di quella sinistra che si autoproclama tale e che non accetta di essere guidata da uno che non provenga dalla Ditta. Del resto il contrappasso è semplice: io esco, nei prossimi mesi rientrano D’Alema, Bersani e Speranza. Va via un ex premier, ne torna un altro. Tutto si tiene».

Parla di fuoco amico, ma ammesso e non concesso che Bersani, Epifani, D’Alema siano usciti dal Pd per farle la guerra, lei non sta facendo lo stesso? Non sta tradendo la fiducia di chi ha votato il Pd anche per le sue idee?
«Scriverò una lettera aperta agli elettori dem, ma non accetto lezioni da chi ha votato altre liste alle ultime elezioni. Con il nuovo governo e con la fase nuova che si apre, per lo più in un sistema proporzionale, è evidente che non puoi passare la giornata a discutere al tuo interno se vuoi battere il populismo nel Paese».

E dice che i suoi parlamentari saranno in totale trenta, mentre risponde a Letta che aveva detto ieri di non poter credere che Renzi lasciasse perché non c’era un sottosegretario di Pontassieve: «Per rispetto della sua intelligenza non commento una simile idiozia». Poi indica un possibile contrasto nascente con il PD sull’alleanza “civica” alle regionali con il M5S:

Appoggerà le intese Pd-M5S alle regionali?
«A me l’alleanza strategica con Di Maio non convince. Non ho fatto tutto questo lavoro per morire socio di Rousseau. Per me la politica è un’altra cosa rispetto all’algoritmo di Casaleggio. Ma non voglio disturbare il Pd. La nostra Casa non si candiderà né alle regionali né alle comunali almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente. La prima elezione cui ci presenteremo saranno le politiche, sperando che siano nel 2023. E poi le Europee del 2024. Abbiamo tempo e fiato».

Puntando a quale obiettivo? Non teme che le sue idee, andando altrove, rischino di sparire?
«Il mio amico Franceschini me lo ha scritto ieri sera via sms. Uscirai dal Pd e non ti considererà più nessuno. Può darsi. Mi piace da impazzire quando mi dicono che sono morto. L’ultimo che lo ha pensato si sta ancora leccando le ferite. Faceva il ministro dell’Interno. Adesso lui è tornato al Papeete e il Viminale è un posto più civile».

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