Tutte le volte che il M5S ha cambiato idea sulla regola dei due mandati

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-05-02

Il MoVimento 5 Stelle è sempre più partito e sempre meno movimento, al contrario di quello che sperava il fondatore e guru Gianroberto Casaleggio. La dimostrazione è la volontà di derogare alla regola dei due mandati elettivi per Luigi Di Maio. Una regola che, curiosamente, non piace proprio a quelli che sono già al secondo mandato. E così i pentastellati #sitengonoilprivilegio

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Ieri in un’intervista al Messaggero il deputato Carlo Sibilia ha aperto alla possibilità di derogare alla regola dei due mandati per Di Maio (e di conseguenza per i parlamentari della XVIII Legislatura). Sibilia ha detto che Di Maio sarà certamente candidato premier anche nel caso si andasse ad elezioni anticipate. In base al nuovo statuto del M5S infatti il il candidato premier è il Capo Politico del partito e al punto b dell’Articolo 7 dello statuto prevede che il Capo Politico resti in carica per 5 anni (e può svolgere non più di due mandati consecutivi). Il problema è che Luigi Di Maio, in quanto portavoce, ha già svolto un mandato parlamentare e quindi gliene resterebbe solo uno.

Quanto vale la regola del due mandati per gli eletti a 5 Stelle

Certo, in teoria il Garante (ovvero Beppe Grillo) può proporre all’Assemblea degli iscritti di votare la sfiducia al Capo Politico e così Grillo ha in mano una carta da giocare per rimuovere Di Maio. Ma si tratta per il momento di fantascienza, dello stesso genere dell’articolo che prevede che sia l’Assemblea ad eleggere il Garante. Il punto cruciale, non proprio una novità, è il fatto che Di Maio non andrà a casa dopo due mandati perché questo secondo mandato non sembra sarà un “mandato pieno”. Eppure la regola del M5S parla chiaro: ogni portavoce, a qualsiasi livello, deve attenersi al limite dei due mandati elettivi.

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La regola però lascia ampio spazio alle interpretazioni. Alessandro Di Battista alla Festa del Fatto qualche tempo fa disse che “noi abbiamo sempre interpretato la regola dei due mandati come massimo dieci anni nelle istituzioni”. Non si spiega quindi come mai al sindaco di Pomezia Fabio Fucci sia stato impedito di correre per un terzo mandato. Fucci è stato consigliere d’opposizione per un anno e mezzo dal 2011 al 2013 fino allo scioglimento del consiglio e poi è stato eletto sindaco. Tecnicamente quindi non ha fatto “dieci anni nelle istituzioni” né due mandati pieni. La deroga alla regola aprirebbe la possibilità per Virginia Raggi e diversi consiglieri comunali e municipali a 5 Stelle di Roma di potersi ricandidare nuovamente, dal momento che la caduta di Marino è avvenuta prima la fine del termine della consiliatura.

Quando Luigi Di Maio diceva “da noi puoi essere eletto due volte”

Nell’agosto del 2017, durante un comizio per la campagna elettorale di Giancarlo Cancelleri in Sicilia Di Maio invece ribadiva l’importanza della regola dei due mandati rimarcando la differenza del M5S dalle altre forze politiche: «Da noi non puoi entrare nelle istituzioni e farti la tua carriera per vent’anni. Dai noi puoi essere eletto due volte. Dopo di che torni alla tua vita, se c’avevi un lavoro torni a quello di prima. Altrimenti è meglio che lavori bene quando vieni eletto perché anche tu devi trovarti un lavoro. E questo vale anche per me». Tra gli applausi il Capo Politico prometteva che come «oggi, nel MoVimento 5 stelle se qualcuno si mette in testa di fare anche un terzo mandato, è fuori» questo limite di mandati sarebbe diventato una legge dello Stato anche per tutti gli altri partiti (unitamente all’introduzione del vincolo di mandato, che qualche anno fa invece Grillo difendeva). Qualche mese prima però Massimo Bugani (uno dei soci fondatori dell’Associazione Rousseau) spiegava che la regola dei due mandati impediva il radicamento sul territorio.

Nel 2015 Gianroberto Casaleggio ribadiva l’importanza delle regole del M5S spiegando che «ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli». Ora le cose sono cambiate. Rocco Casalino al New York Times aveva aperto alla possibilità di derogare alla regola dei due mandati, confermando le voci riferite da un eletto pentastellato all’Adnkronos secondo le quali era stato proprio Luigi Di Maio a fornire rassicurazioni in tal senso. Se, a seguito di uno stallo protratto e infruttuoso per la nascita del nuovo esecutivo, si dovesse tornare a votare entro sei mesi, è stata la promessa del leader, “tutti gli eletti saranno confermati in lista“, ‘sterilizzando’ nel contempo la XVIII legislatura ai fini del divieto M5S di esercitare più di due mandati elettivi. Resta da capire come si salveranno le apparenze, cosa succederà allo scadere dei “dieci anni nelle istituzioni”? I portavoce si dovranno dimettere oppure potranno terminare il mandato? E se a “sforare” sarà un sindaco o un Presidente del Consiglio si tornerà alle urne senza alcuna ragione se non quella di rispettare una regola di un’associazione privata?

 

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