Opinioni
Li grillini der monno vecchio
Massimo Famularo 22/08/2018
Le recenti esternazioni del governo, in merito alla revoca della concessione per la gestione della rete autostradale, prima di aver accertato le effettive responsabilità in merito al tragico incidente del Ponte Morandi, costituiscono l’ennesima testimonianza di una visione anacronistica dei rapporti tra cittadino e stato e, soprattutto opposta a quanto da sempre propagandato con la […]
Le recenti esternazioni del governo, in merito alla revoca della concessione per la gestione della rete autostradale, prima di aver accertato le effettive responsabilità in merito al tragico incidente del Ponte Morandi, costituiscono l’ennesima testimonianza di una visione anacronistica dei rapporti tra cittadino e stato e, soprattutto opposta a quanto da sempre propagandato con la retorica dell’ “uno vale uno”.
Mentre ancora gli sciacalli mediatici consumano il fiero pasto di like e condivisioni, la giustizia sommaria promossa dall’avvocato degli italiani decreta il colpo di grazia sull’ingenua illusione che il “governo del cambiamento” potesse ergersi a difensore dei cittadini contro i poteri forti, qualunque cosa s’intenda con quest’espressione dai toni complottisti. Sebbene webeti e grillo-entusiasti possano far fatica a comprenderlo, cercare in fretta un colpevole per assecondare gli umori del popolo e promuovere una nazionalizzazione delle autostrade onde spezzare le reni ai capitalisti cattivi è esattamente il contrario di quanto un governo che tutela gli interessi dei cittadini dovrebbe fare. Al netto degli ovvi provvedimenti d’urgenza per assistere le vittime dell’incidente e gli sfollati e della prioritaria necessità di ripristinare quanto prima la viabilità in uno snodo nevralgico, l’unica strada per mantenere un equo trattamento, passa per l’accertamento delle responsabilità di tutte le parti in causa e per il perseguimento dei colpevoli secondo la normativa vigente. L’approccio grillo-legaiolo, che pretende di sistemare le cose, prima ancora di capire cosa ci sia da sistemare, finisce per riproporre un anacronistico arbitrio da parte dello stato, che di fatto si configura come una dittatura in cui nessun cittadino vale uno e gli amministratori dello stato si configurano come “animali più uguali degli altri”.
Oltre che di un atteggiamento ingiusto e anacronistico (l’habeas corpus era contenuto già nella magna carta del 1215 e poi meglio specificato nell’omonimo atto del 1679), si tratta anche di un pericoloso e miope moto di arroganza da parte di un esecutivo che ha già dimostrato di spaventare i mercati con la semplice esposizione dei propri programmi. Per quanto sia molto probabile che sussistano vizi non trascurabili nella concessione per la gestione delle autostrade, primo tra tutti quello inerente il profilo del controllo, che allo stato risulta demandato alla stessa società che dovrebbe essere controllata, la revisione dell’accordo tra le parti, va effettuata nel rispetto degli accordi presi in precedenza e senza cercare di cambiare le regole del gioco in corso d’opera. Se non bastasse il principio di giustizia, esistono motivazioni più prosaiche che rendono l’ipotesi di nazionalizzazione particolarmente miope, oltre ai costi stimati in circa 20 miliardi e all’incertezza sull’esito del probabile contenzioso contro Atlantia, ci sono i problemi pratici legati ai limiti gestionali dell’ANAS che dovrebbe sostituirsi alla concessionaria e non disporrebbe nell’immediato di mezzi sufficienti per svolgere l’attività. Anche la fantasiosa ipotesi di utilizzare le disponibilità di Cassa Depositi e Prestiti, seppur in principio maggiormente in linea con i dettami di uno stato di diritto, appare oltremodo contorta: assisteremmo al paradosso dello stato italiano che paga per acquisire una società il cui asset principale è dato da una concessione dello stato stesso.
Per riassumere, oltre ai dubbi di credibilità in merito alla tenuta del bilancio pubblico, che a fronte delle pressioni sullo spread verso il Bund, hanno richiesto ad oggi tre operazioni di buy back sui titoli del debito italiano, si aggiunge l’alea del possibile arbitrio di uno governo che “non può aspettare i tempi della giustizia” e, ogni volta che gli umori del popolo lo rendono opportuno, si sente legittimato a non adempiere agli impegni presi in passato e a modificare le regole del gioco ai danni dei privati. Il tragico incidente del ponte Morandi ha dunque offerto all’esecutivo gialloverde l’opportunità di aggiungere le beffe al danno e di preparare danni aggiuntivi per il futuro. Le beffe derivano dal fatto che chi è stato eletto con la propaganda di “1 vale 1” e del primato degli italiani sta di fatto riproponendo una visione del rapporto tra stato e cittadini che, già nel 1831, Giuseppe Gioacchino Belli considerava come propria dei “soprani der monno vecchio”: io sò io, e vvoi nun zete un cazzo.
*** Massimo Famularo è un investment manager esperto di crediti bancari in sofferenza che lavora a Milano. Qui la sua bio