Il vero problema delle autostrade italiane (che il governo dovrebbe risolvere invece di fare propaganda)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-08-16

Invece che annunciare la revoca della concessione e chiedere le dimissioni dei vertici di una società privata il governo del cambiamento dovrebbe concentrarsi su quello che è in suo potere fare. Un esempio? Fare in modo che nel settore il controllore non sia il controllato e dare più poteri all’ente indipendente per la regolamentazione dei trasporti, che si occupa di verificare l’operato delle società di servizi pubblici. Prima dei disastri, non dopo

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Il Governo del Cambiamento ha deciso di fare la voce grossa dopo il disastro del viadotto sul Polcevera crollato due giorni fa. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha chiesto le dimissioni dei vertici di Autostrade per l’Italia, la società privata che ha in concessione il tratto della A10. Il presidente del Consiglio Conte invece ha annunciato su Facebook che il governo ha deciso di avviare la procedura di revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia come già promesso anche dal vicepremier Luigi Di Maio che aveva parlato anche di una multa da 150 milioni di euro nei confronti del concessionario.

Le reazioni del governo al crollo del viadotto Polcevera (non servono a niente)

Il governo insomma non vuole attendere l’esito delle indagini e degli accertamenti. Il risultato tangibile al momento è il tonfo in Borsa delle azioni di Autostrade per l’Italia il cui titolo questa mattina ha aperto perdendo il 50%. Ad oggi non sono ancora state accertate le cause del disastro che è costato la vita a 39 persone. L’ipotesi più accreditata al momento è quella di un cedimento strutturale degli stralli (ovvero dei tiranti) in calcestruzzo armato precompresso che dalla sommità dei piloni di novanta metri sorreggono le carreggiate dell’autostrada.

crollo ponte morandi viadotto polcevera genova
La ricostruzione del crollo di Genova (La Repubblica, 15 agosto 2018)

L’annuncio del governo – che però non sembra tener conto delle eventuali penali che il Concedente (lo Stato italiano) dovrà pagare al Concessionario per la revoca della concessione (che scadrà nel 2038) – ha prodotto quello che Atlantia, il gruppo quotato in Borsa che controlla Autostrade per l’Italia, e tutti gli azionisti temevano. La decisione del governo però non va minimamente a scalfire il problema che riguarda la manutenzione del viadotto (e dei tratti autostradali in genere).

Chi controlla il controllore? 

L’idea di Toninelli è quella di un passaggio di gestione dell’A10 all’Anas, la società per azioni che da gennaio 2018 fa parte di Ferrovie dello Stato Italiane (a sua volta controllata dal Ministero dell’Economia). C’è chi ha visto in questa proposta un eventuale ritorno delle autostrade nelle mani dello Stato. Ma tra il dire il fare di mezzo ci sono i 10-15 miliardi di euro che l’Italia dovrebbe pagare come penale ad Autostrade per l’Italia. Dall’altra parte è innegabile che la società concessionaria non fosse a conoscenza dei problemi del viadotto. Tant’è che a maggio 2018 aveva indetto una gara per «Interventi di retrofitting strutturale del viadotto Polcevera al km 0 + 551» con importo pari a 20.159.344 euro. Nonostante l’urgenza l’inizio dei lavori – della durata di 784 giorni – però era stato rinviato a fine estate, per non intralciare il traffico estivo.

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La manutenzione era quindi in programma. Ma è su questo punto che si innesta un altro aspetto fondamentale della gestione da parte della società concessionaria. Autostrade per l’Italia infatti svolge infatti in totale autonomia le ispezioni e le verifiche. Che vengono sì svolte regolarmente ma da tecnici incaricati dalla società. In poche parole lo Stato non ha modo di intervenire durante i controlli né esiste un ente terzo che garantisca la bontà degli accertamenti. Come è possibile?

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Secondo Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze all’Università degli Studi di Milano Bicocca e già consulente economico di Palazzo Chigi, l’auto-controllo di Autostrade per l’Italia su sé stessa è un retaggio di quando la società era di proprietà dello Stato (fu fondata dall’IRI). Spiega Arrigo che quando Autostrade era IRI «si controllava da sola in quanto pubblica. Non avrebbe avuto senso che un soggetto pubblico mano sinistra (Anas) controllasse un soggetto pubblico mano destra». Con la privatizzazione le cose avrebbero dovuto cambiare, all’atto della vendita della società si sarebbe dovuto creare un ente regolatore indipendente. Ente che avrebbe dovuto essere creato in base all’art. 1 bis della legge 474 del 1994 (Autostrade per l’Italia venne privatizzata nel 1999). L’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) venne però istituita solo diciassette anni dopo con il decreto legge 201 del 2011. Di fatto però l’ART è pienamente operativo solo dal 2013 però ha competenza unicamente sulle nuove concessioni e non su quelle già in essere, come è il caso di Autostrade per l’Italia. Inoltre non è possibile – per il pubblico – conoscere i piani finanziari degli enti concessionari e quindi sapere se l’aumento delle tariffe è giustificato da maggiori oneri manutentivi o migliorie già eseguite o se si tratta di un accantonamento per eventuali investimenti futuri.

In buona sostanza quindi la privatizzazione delle autostrade fu un pessimo affare per lo Stato che non seppe – all’epoca – imporre ai “regolati” (i concessionari) una serie di norme che avrebbero potuto garantire maggiore sicurezza per gli utenti. Ed è proprio su questo aspetto che si dovrebbero concentrare gli sforzi dell’attuale esecutivo, quello del Cambiamento.

Leggi sull’argomento: Cosa succede se il governo revoca la concessione di Autostrade per l’Italia

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