Il Coronavirus è morto ma…

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-06-22

Nuovi focolai in Germania, Galles e Portogallo mentre il numero di casi nel mondo segna un record. “Dobbiamo ricordare che Covid-19 non è andato via” e “Chi pensa di poter riprendere una vita normale si sbaglia gravemente”, dicono in Europa. In Italia invece sia per ragioni politiche che per evidenti motivazioni economiche si tende a minimizzare un po’ ovunque. Il rischio è che tutto questo lo pagheremo a breve

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In Galles 158 dipendenti della 2 Sisters che lavorano in un allevamento di polli ad Anglesey sono stati testati positivi al Coronavirus SARS-COV-2 e a COVID-19 e il governo non esclude un lockdown locale nell’isola per contenere l’espandersi dell’epidemia. In Portogallo è stata avviata un’indagine su una festa di compleanno alla quale hanno partecipato alcune decine di persone e che ha portato a cento contagi.

Il Coronavirus è morto ma…

E poi c’è la Germania, che si trova a dover fronteggiare una crescita dell’indice RT a 4 giorni, arrivato a 2,88 dopo l’esplosione dei focolai della Tönnies e di Göttinger. Si tratta di situazioni ad oggi gestibili, ma in alcuni casi di portata enorme: ieri sono arrivati a 1330 i contagiati nel più grande mattatoio d’Europa, a Gütersloh, l’impianto della Tönnies nel Land tedesco del Nord Reno-Vestfalia. L’infezione si allarga di ora in ora, man mano che giungono i risultati dei tamponi completati ieri sui circa 6.500 addetti della Tönnies, l’azienda proprietaria dell’impianto. Mancano ancora gli esiti di circa 2 mila prelievi.

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 il premier del Nord Reno Westfalia, Armin Laschet, dopo aver visitato il mattatoio ha per il momento escluso un nuovo lockdown a livello regionale. Anche se c’è un “enorme rischio pandemico”, l’infezione è chiaramente localizzata all’interno del mattatoio e non c’è un “salto significativo” nel resto della popolazione, ha detto Laschet. Tutti i dipendenti del mattatoio sono stati posti in quarantena, ma la misura potrebbe non essere sufficiente, perché nel frattempo le migliaia di lavoratori potrebbero a loro volta avere infettato famigliari e amici, che a loro volta potrebbero avere diffuso il virus.

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Fonte: MauroV1968 su Twitter

La Public Health Wales (PHW) ha invece dichiarato che il numero di casi dovrebbe aumentare: 400 persone sono state testate da giovedì, quando si sono accorti del focolaio, e domenica è stato registrato un aumento di 83 casi confermati come positivi anche se il dottor Christopher Johnson del PHW ha dichiarato che “L’aumento dei casi è previsto quando viene implementato un programma di track and trace focalizzato e non significa che la diffusione dell’infezione sia in aumento”. Il consiglio di Anglesey ha già confermato che le scuole non riapriranno come previsto il 29 giugno.

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Coronavirus: i focolai in Galles (fonte: BBC)

Tutto il personale e gli appaltatori che lavorano nell’impianto di trasformazione delle carni, che ha 560 lavoratori, sono stati invitati a isolarsi per 14 giorni e vengono contattati per i test. 2 Sisters è uno dei maggiori produttori di alimenti nel Regno Unito e lavora circa un terzo di tutti i prodotti avicoli consumati ogni giorno in Gran Bretagna. “Dobbiamo ricordare che Covid-19 non è andato via”, ha sottolineato Johnson. “Incidenti come questo mostrano il potenziale di sacche di infezione non diagnosticata asintomatica nella comunità, evidenziando l’importanza dell’adesione alle misure di distanziamento sociale e di igiene”.

Cosa ci insegnano i focolai in Galles, Portogallo e Germania

Non molto diversa è la situazione in Portogallo, dove si sono finora verificati poco più di 1500 decessi da COVID-19 e 38.841 casi su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti. “Chi pensa di poter riprendere una vita normale si sbaglia gravemente”, ha detto la ministra della Sanità Marta Temido. La maggior parte dei casi è emersa nella capitale Lisbona e nelle aree circostanti. Secondo un conteggio di AFP, giovedì il Portogallo ha avuto il più alto tasso giornaliero di infezioni nell’Unione europea dopo la Svezia rapportato alla popolazione. “Stiamo vedendo che è difficile rompere le catene di trasmissione”, ha spiegato la ministra. Intanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha registrato un nuovo record ieri, con 183.020 nuovi casi di coronavirus nel mondo in un giorno. Di questi oltre 116 mila sono stati riscontrati nelle Americhe (tra cui 54.771 in Brasile e 36.617 negli Stati Uniti), e più di 15.400 in India. Il precedente record era stato segnato il 18 giugno con 181.232 nuovi contagi di Covid-19 in un giorno. In tutto, dall’inizio dell’epidemia, i casi sono arrivati a superare 8,7 milioni con oltre 461 mila morti.

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Coronavirus in Germania: gli impianti infetti (Corriere della Sera, 22 giugno 2020)

E l’Italia? Mentre l’indice di contagio diventa superiore a uno nel Lazio, che fronteggia una serie di focolai – l’ultimo all’istituto Teresianum – e si pronostica una seconda ondata dell’epidemia in Lombardia nel prossimo autunno, l’indagine nazionale sulla penetrazione del Coronavirus nella popolazione tramite test sierologici fa flop perché gli italiani hanno paura di farsi controllare, la Fondazione Hume di Luca Ricolfi pubblica i risultati di uno studio su dati della Protezione Civile dai quali si evince che negli ultimi 8-10 giorni ci sono segnali preoccupanti: il numero di morti giornaliero continua a calare, ma a un ritmo lentissimo; i ricoverati in terapia intensiva hanno smesso di scendere; il numero di nuovi casi è in aumento, sia in termini assoluti sia in rapporto al numero di persone testate con i tamponi.

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Coronavirus: lo studio della Fondazione Hume

Di più: “Ci sono almeno 15 province in cui, in base all’andamento dei nuovi casi, è possibile individuare indizi di ripresa dell’epidemia. Non sono tutte in Lombardia, e neppure tutte nel Nord. Fra le province a rischio ve ne sono anche alcune del centro e del sud: Bologna, Arezzo, Rieti, Macerata, Roma. Accanto a queste 15 province, in cui più chiari sono i segnali di ripresa dell’epidemia, ve ne sono altre in cui i segnali sono meno nitidi, ma comunque la curva epidemica non esibisce un chiaro profilo di convergenza a zero”. Infine, sono ben 20 le province che hanno un rapporto superiore alla media nazionale di 0,53 casi ogni 100 mila abitanti. Nei giorni scorsi è stata diffusa anche un’altra ricerca interessante, condotta dagli esperti della Fondazione Kessler: è stato preso un campione di 4.326 positivi della Lombardia, ed emerge che tra chi ha meno di 60 anni, il 69 per cento degli infetti non sviluppa alcun sintomo, sta bene, neppure si accorge di avere il coronavirus. Uno studio dell’Istat, invece, cala di 2 anni, da 84 a 82, l’aspettativa di vita nelle province del Nord, soprattutto in quelle maggiormente colpite dal Covid-19. Sono tutti elementi che, a prescindere dagli studi che dicono che i nuovi positivi non sono (o meglio: sono molto meno) contagiosi, dovrebbero farci essere più prudenti. Ma oggi invece, sia per ragioni politiche che per evidenti motivazioni economiche si tende a minimizzare un po’ ovunque. Il rischio è che tutto questo lo pagheremo a breve.

Leggi anche: Coronavirus in Germania: il focolaio della Tönnies e il rischio di un nuovo lockdown

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