Economia
I nemici del governo Lega-M5S all’orizzonte
Alessandro D'Amato 06/06/2018
Torna a crescere lo spread e la BCE continua a dare segnali di conclusione del Quantitative Easing: come insegnano le leggi di Murphy, presto comparirà la necessità di trovare qualcuno a cui dare la colpa…
All’indomani del voto di fiducia incassato dal governo di Giuseppe Conte al Senato e alla vigilia del responso della Camera lo spread tra Btp e Bund torna a salire e s’impenna a quota 253 punti, contro i 236 punti dell’apertura e i 243 punti della chiusura di ieri. Il rendimento del decennale italiano è al 2,956%.
I nemici del governo Lega-M5S in arrivo
Secondo il taglio euristico dato all’interpretazione delle mosse degli indici, i mercati si stanno interrogando sul programma di governo e non gradiscono la scarsità di dettagli che il premier ha dato sulle coperture finanziarie delle misure che intende adottare. E visto che anche sull’aumento dell’Iva Conte non si è pronunciato – mentre il neoministro Giovanni Tria aveva parlato della possibilità di lasciare aumentare l’IVA nell’ottica di spostare la tassazione dal lavoro al consumo, un vecchio “pallino” di Giulio Tremonti – la possibilità che il governo prenda decisioni che possono deperire i consumi porterebbe alla crescita dello spread e dell’incertezza.
In realtà, anche se è vero che Tria quando ancora non era ministro si era espresso sulla possibilità di lasciar aumentare l’IVA, è praticamente impossibile che la Lega e il MoVimento 5 Stelle comincino la loro esperienza di governo violando una promessa del famoso contratto che hanno stipulato: e la sterilizzazione degli aumenti dell’IVA fa parte delle promesse. Insomma, se i mercati sono preoccupati per Tria di fronte a un impegno scritto contrario, sbagliano. O “non conoscono l’economia”, come ebbe a dire qualche tempo fa il deputato leghista Claudio Borghi. E nemmeno la politica, verrebbe da aggiungere.
Nubi di ieri sul nostro domani odierno (cit.)
In realtà però qualcosa all’orizzonte dovrebbe preoccupare alquanto il nuovo governo appena insediato e la polemica-bufala sul complotto della BCE riguardo lo spread è forse un indice del nervosismo sempre più crescente delle nubi che cominciano ad attestarsi sul cammino del governo Conte. Proprio oggi Peter Praet, membro del board e capo degli economisti della Banca Centrale Europea, ha infatti detto in un discorso a Berlino che l’obiettivo dell’inflazione al 2% è vicino al suo raggiungimento e c’è fiducia a Francoforte riguardo il fatto che anche quando sarà concluso il programma di sostegno della BCE si riuscirà a rimanere intorno all’obiettivo. Questo vuol dire una sola cosa: il Quantitative Easing è sempre più vicino alla sua chiusura.
Il bazooka di Draghi sta quindi per essere riposto nella sua tasca mentre il mandato dell’italiano al vertice di Francoforte volge al termine. Non solo: in pole position per la sua successione c’è lo spauracchio Jens Weidmann, capo della Bundesbank e “falco” per eccellenza che ha sempre osteggiato il QE made by Draghi e consigliato a più riprese la sua sospensione, diminuzione o chiusura. Lo stesso Weidmann proprio oggi è tornato a lanciare segnali inequivocabili: “Non è una sorpresa che da qualche tempo i mercati si aspettino che gli acquisti netti di titoli finiscano entro il 2018″. Per come stanno le cose, trovo plausibili queste aspettative”.
L’orizzonte degli eventi
Nel medio termine quindi bisognerà ragionare intorno a uno scenario in cui la BCE concluderà il suo programma di sostegno ai titoli pubblici europei e a Francoforte siederà qualcuno molto più lontano dalla sensibilità di Draghi. Ci vuole poco per immaginare come si rischia di finire: con una crisi dello spread molto più ampia di quella appena accennata della terza settimana di maggio e, come insegnano le leggi di Murphy, presto comparirà la necessità di trovare qualcuno a cui dare la colpa. Le prove generali di coretto sono state già fatte il mese scorso: rapidamente si potrà arrivare a una situazione molto più esplosiva di quella di qualche giorno fa.
Ecco quindi che passata l’estate la situazione potrebbe già precipitare: se lo spread dovesse continuare ad aumentare si chiederà a gran voce alla BCE di sostenere i nostri titoli, ricevendone in cambio un silenzio significativo mentre gli indici economici di crescita potrebbero già cominciare a peggiorare. E visto che il piano B è stato smentito a gran voce da chi oggi dice che si può crescere in Europa, il governo potrebbe presto rendersi conto dell’impossibilità di conseguire alcuni obiettivi e dell’esistenza di un bersaglio grosso a cui dare la colpa. Il resto seguirà in maniera non necessariamente ordinata, anzi.