Giovanni Tria ministro dell’Economia del governo Conte?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-05-31

Sarebbe Giovanni Tria il ministro dell’Economia del governo Lega-MoVimento 5 Stelle. Preside della facoltà di economia dell’università di Tor Vergata, dopo la smentita di Pierluigi Ciocca, il professor Tria sarebbe il prescelto di Salvini e Di Maio avrebbe premiato il professor Tria, secondo quanto scrivono Bloomberg e La Stampa e conferma anche l’ANSA. Qui è possibile …

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Sarebbe Giovanni Tria il ministro dell’Economia del governo Lega-MoVimento 5 Stelle. Preside della facoltà di economia dell’università di Tor Vergata, dopo la smentita di Pierluigi Ciocca, il professor Tria sarebbe il prescelto di Salvini e Di Maio avrebbe premiato il professor Tria, secondo quanto scrivono Bloomberg e La Stampa e conferma anche l’ANSA. Qui è possibile leggere il suo curriculum. Il sito internet Formiche a metà maggio aveva chiesto a Giovanni Tria un giudizio sul contratto di governo Lega-M5S: Tria è stato molto diplomatico su flat tax e reddito di cittadinanza, spiegando che il costo delle riforme, o più modestamente dei provvedimenti annunciati, dipende dalla loro specifica configurazione una volta che l’annuncio si dovrà tradurre in norme:

Con tutto il rispetto per le competenze riunite intorno al tavolo politico delle trattative, poi le norme attuative dei propositi si dovranno scrivere con le competenze istituzionali in grado di misurare effetti di bilancio e coerenze legislative di sistema. E in genere la realtà delle cifre ridimensiona spesso la visione. Il secondo è che fino ad oggi non è emerso un accordo chiaro su quali siano i paletti di bilancio che si vorranno rispettare.

In altri termini, se le compatibilità di bilancio del programma dipenderanno da un improbabile mutamento delle regole europee (abbiamo già avuto un governo che è partito con il proposito di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles) o se queste regole saranno forzate.

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Tria era stato piuttosto tiepido sulla flat tax, pur condividendone gli scopi di partenza: “Ciò che conta è avviare il processo di semplificazione del sistema e la sua sostenibilità dipende non tanto dall’aliquota unica o le due aliquote, ma dal livello delle aliquote. La scommessa, secondo i sostenitori della riforma, è che essa porti ad effetti benefici sulla crescita e quindi generi quel gettito fiscale aggiuntivo che dovrebbe compensare, almeno in parte, anche il costo iniziale della riduzione delle aliquote. Sarebbe preferibile, tuttavia, contare meno sulle scommesse e far partire la riforma con un livello di aliquota, o di aliquote, che consenta in via transitoria di minimizzare la perdita di gettito, per poi ridurle una volta assicurati gli effetti sulla crescita”.

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Infine, Tria era molto critico sull’annullamento delle clausole di salvaguardia sull’IVA perché ritiene che in Italia si debba riequilibrare il peso relativo delle imposte dirette e di quelle indirette spostando gettito dalle prime alle seconde. Difficile che la maggioranza Lega-M5S accolga il suo consiglio sul punto. Non entusiasta sull’ILVA e sul sistema di controllo degli appalti, che a parere di Tria rischia di penalizzare gli investimenti.

In questo dibattito organizzato dall’Associazione Amici di Marco Biagi Giovanni Tria rispondeva alla domanda se uscire dall’euro: “Riterrei sbagliato rispondere sì e bisogna rispondere no alla domanda, ma c’è altro da dire. Bisogna creare le condizioni per la sopravvivenza dell’euro e bisogna andare nella direzione opposta a quella della disgregazione. Ma bisogna rafforzare l’unione monetaria”. Nell’intervento Tria critica gli errori della politica economica europea: “Non abbiamo ottenuto il consolidamento fiscale, il debito pubblico dell’eurozona è aumentato e ora nessuno rispetta le regole, non solo del debito ma anche del deficit. Anche il surplus commerciale tedesco non è compatibile con la continuazione della politica monetaria della BCE. E’ necessario prevedere altri strumenti di equilibrio per accentuare la convergenza, la divergenza farebbe esplodere l’euro. Quello che è mancato all’appello sono gli investimenti privati e pubblici”. Nel 2015 il suo nome era comparso tra quelli dei “superburocrati” assai pagati per una scuola dell’amministrazione mai partita. In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore e firmato insieme a Renato Brunetta promuoveva una profonda riforma dell’Unione Europea:

Non ha ragione chi invoca l’uscita dall’euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, ma non ha ragione neanche il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, quando dice che «l’euro è irreversibile», se non chiarisce quali sono le condizioni e i tempi per le necessarie riforme per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l’implosione non l’exit.

Ragioniamo sulle proposte in campo e cerchiamo soluzioni condivise da tutti i paesi membri dell’Unione europea, per percorrerle insieme piuttosto che usare la logica “Brexit”, per cui quando l’Europa non conviene o non piace più la si abbandona. Cambiare insieme, come gioco strategico a somma positiva, è possibile e conviene. Uscire da soli significa pagare solo costi senza benefici.

Per Paolo Savona intanto sembra confermato un ruolo nel governo: il professore andrebbe agli Affari europei. Per gli Esteri il nome sarebbe invece quello di Enzo Moavero Milanesi.

Giovanni Tria: il curriculum

Leggi sull’argomento: Cosa diceva Paolo Savona di Lega e M5S

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