Le fantastiche giravolte di Luca Zaia sull’epidemia di Coronavirus in Veneto

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-11

Come il ragazzino protagonista di Karate Kid anche il Presidente del Veneto si dedica ad un’attività molto zen: togli la zona rossa, metti la zona rossa, lamentati della zona rossa, chiedi la zona rossa

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«La misura dell’isolamento totale è una misura consona, ma la decisione deve essere presa in accordo con tutti, visto che ci sono altre realtà che devono capire se stanno dentro o fuori. Il Governo deve dare le indicazioni e la Lombardia va ascoltata, perché è in una situazione tragica». Così il presidente del Veneto Luca Zaia, sulle misure per l’emergenza coronavirus. Ieri l’assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera aveva proposto di mettere in lockdown l’intera regione.

Togli la zona rossa, metti la zona rossa, lamentati della zona rossa, chiedi la zona rossa

Una proposta che il presidente del Veneto aveva subito fatto sua. «Piuttosto che protrarre un’agonia che dura mesi, credo sia meglio arrivare a una chiusura totale, così da bloccare definitivamente il contagio. È una linea di pensiero che sta girando e penso che se ne parlerà anche oggi, perché è fondamentale isolare il virus, e più rallentiamo la velocità di contagio e più respiro diamo alle nostre strutture sanitarie» ha detto ieri Zaia sposando la linea lombarda.

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Due giorni prima lo stesso Zaia invece tuonava contro il DPCM dell’8 marzo che aveva istituito tre aree di contenimento rafforzato nelle province di Padova, Treviso e Venezia. «Il Veneto» scriveva Zaia su Facebook «si oppone alla creazione delle tre zone di isolamento previste dal DPCM» chiedendo «lo stralcio del blocco deciso per le tre province di Padova, Treviso e Venezia» a fronte di cluster circoscritti che non interessano in maniera diffusa la popolazione generale.

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Incredibile a dirsi è lo stesso Luca Zaia che appena quattro giorni prima (il 4 marzo) sbottava durante una riunione della task force regionale Coronavirus nella sede della Protezione Civile a Marghera dicendo: «Noi ci consideriamo tutta una zona rossa, trovo assurdo pensare che lo sia solo una parte della Lombardia, così come per il Veneto e l’Emilia-Romagna».

È come in guerra, ma è tutto sotto controllo perché è un’infodemia (ma intanto riapriamo le scuole!)

Ed è qui il problema: esattamente come il leader del suo partito anche Luca Zaia ha cambiato spesso idea su cosa fare per fermare il coronavirus. Il presidente del Veneto che oggi invoca la zona di quarantena per tutto il territorio regionale (domani chissà) è lo stesso che diceva che l’epidemia era sotto controllo ma anche «gli algoritmi dicono che i contagi saliranno ancora». È lo stesso che chiude in ritardo il Carnevale di Venezia e che al tempo stesso si lamentava dell’annullamento delle finali di Coppa del Mondo di sci a Cortina a causa del Coronavirus.

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Certo, non è facile tenere la barra dritta nell’emergenza coronavirus. Però certe cose si sono sempre sapute. Ad esempio Zaia si è sempre vantato di essere stato il primo a proporre di tenere fuori da scuola (a fine gennaio) gli alunni provenienti dalla Cina (di qualsiasi nazionalità).

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Al tempo stesso il  27 febbraio in un video pubblicato su Facebook Zaia dichiarava «le scuole possono benissimo riaprire per quel che ci riguarda, a meno che non ci sia la comunità scientifica che ci dice che c’è un pericolo incombente. Poi è pur vero che correi ricordarlo che questa è un’influenza, anzi scusi è una psicosi mediatica a livello internazionale. Prova ne sia che a poche ore dai casi veneti e lombardi eravamo su tutte le homepage».

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Eh già, perché ad un certo punto Zaia ha scoperto l’esistenza del termine infodemia, che è senz’altro un problema reale, dicendo (il 28 febbraio) che «il vero problema è la pandemia mediatica che stanno facendo a livello internazionale ma non quella sanitaria». In Veneto, spiegava Zaia sciorinando i numeri, «la situazione è assolutamente sotto controllo».

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Si dirà: è perfettamente normale che il Presidente cerchi di tranquillizzare i cittadini, per altro invitandoli a continuare con le buone pratiche di prevenzione. Senza dubbio è così. Eppure Zaia è sempre lo stesso che tre giorni prima (il 25 febbraio) dichiarava che l’emergenza coronavirus «è come una guerra». Non proprio il paragone che si vuole fare per descrivere una situazione sotto controllo.

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Del resto già il 21 febbraio Zaia annunciava «in Veneto pronti a misure drastiche». Quali? All’epoca il governatore non lo diceva, ma faceva sapere che per la sua regione «l’allerta è massima e ci stiamo preparando a un’eventuale emergenza più importante. Combattiamo un virus, per cui l’attenzione è totale!».

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Come sia passato Zaia dal combattere il virus (il 21 febbraio) al combattere una pandemia mediatica rimane per il momento un mistero sul quale si spera in futuro vogliano far luce scienziati, tecnici, esperti. Probabilmente siamo di fronte ad  una mutazione genetica di qualche tipo.

Dai cinesi untori ai cinesi che mangiano topi e vivono nella sporcizia (mica come i veneti!)

Ma non è finita qui. C’è tutto un campionato di giravolte. Il 7 febbraio, Zaia dichiara: «i cinesi non sono untori. Non cercate voti sulla loro pelle». Curioso. Il 5 febbraio in un’intervista al Corriere della Sera criticava duramente l’esibizione delle cene nei ristoranti cinesi per combattere il panico da Coronavirus. «Vedo che c’è chi organizza pranzi e cene in ristoranti cinesi per solidarietà. Non discuto la buona fede, ma mi sembrano iniziative grottesche. Di fronte ad un virus che si sta diffondendo serve un approccio scientifico» diceva il serenissimo.

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Probabilmente l’obiettivo erano quei politici che per solidarietà alla comunità cinese si facevano vedere a cena al ristorante (il 12 febbraio la giunta comunale di Padova con il suo sfidante Arturo Lorenzoni sarebbe andata a cena proprio in uno storico ristorante cinese cittadino). Peccato però che un paio di giorni prima un sorridente Matteo Salvini avesse posato – come il cacciatore che ha sconfitto la tigre – in favore di fotocamera disteso a fianco di una teoria di ravioli al vapore e altre delicatezze orientali. Ma Zaia a certe trovate preferisce l’approccio scientifico. Come quando se ne uscì dicendo «io penso che la Cina abbia pagato un grande conto di questa epidemia che ha avuto… perché comunque li abbiamo visti tutti mangiare topi vivi e altre robe del genere. Sa, è anche un fatto di corredo, perché il virus non deve trovare un ambiente che diventa un substrato. Il virus deve trovare pulizia… … quasi un ospedale. Noi siamo un po’ maniaci per questo eh? Infatti diciamo sempre… I bambini ormai non mangiano più qualsiasi roba che cade per terra».

Poi venne fuori che pure i veneti mangiavano i topi, e a vantarsene era proprio Zaia. Discorso scientifico o grottesco? Nel dubbio sicuramente leghista.

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