Come l’infodemia dei media per il Coronavirus ci sta infettando tutti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-02-03

Dai rimedi casalinghi come quelli a base di olio di sesamo e aglio alle bufale sul virus “creato in laboratorio”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia il rischio “epidemia di informazioni” sbagliate sul nuovo coronavirus che mettono a rischio la salute pubblica. E non ci sono solo i soliti utenti sprovveduti a diffondere le fake news, ma anche i giornali e le TV

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Dobbiamo preoccuparci più per l’epidemia di coronavirus 2019-nCoV oppure dell’epidemia di informazioni sbagliate, fuorvianti o completamente inventate sul coronavirus? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’esplosione dell’epidemia e la risposta delle autorità sanitarie cinesi e internazionali «è stata accompagnata da  una massiccia “infodemia” – una sovra abbondanza di informazioni alcune accurate e alcune no – che rende difficile per le persone trovare fonti attendibili e credibili».

L’OMS e le fake news sul coronavirus

L’OMS ritiene che al pari dell’epidemia di coronavirus 2019-nCoV in Cina anche la cosiddetta infodemicl’epidemia di informazioni sbagliate e scorrette, possa rappresentare un rischio per la salute pubblica. Perché in questo modo i cittadini non sanno più quali sono i comportamenti corretti da un punto di vista sanitario e quali invece quelli che non hanno alcun effetto sulla lotta contro la diffusione del virus o che  possono addirittura peggiorare la situazione.

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L’OMS ha quindi creato una pagina dedicata  per confutare i principali “miti” sul nuovo coronavirus. Ad esempio quelli sulla possibilità che gli animali domestici possano contribuire a diffondere l’epidemia, sull’utilità di antibiotici o altre medicine per combattere il coronavirus o sul fatto che “solo le persone anziane” siano a rischio di infezione. Le paure infondate sul rischio di andare al ristorante cinese o di ricevere pacchi spediti dalla Cina (il virus non si trasmette tramite gli alimenti e non sopravvive a lungo fuori dal corpo umano).

Oppure i classici rimedi della nonna come i gargarismi con il collutorio, impacchi con  l’olio di sesamo, l’aglio e altri intrugli che secondo alcune credenze dovrebbero “proteggere” dal coronavirus ma che in realtà non sono assolutamente efficaci. Ma non ci sono solo queste informazioni e consigli pratici su come prevenire il contagio (lavandosi spesso le mani, ad esempio) a creare l’infodemia. E non si tratta unicamente dei classici post su Facebook o altri social che diventano “virali”. La colpa è anche dei mezzi d’informazione “ufficiali”.

Come l’infodemia sul nuovo coronavirus “nasconde” i problemi sanitari reali

Ad esempio tutta quella serie di articoli e servizi giornalistici sul “virus creato in laboratorio come arma batteriologica” e sfuggito per errore al controllo delle autorità cinesi. Oppure le foto e i video delle persone “morte per strada a causa del coronavirus” senza che nessuno si prenda la briga di precisare che magari sono svenute oppure sono morte sì, ma di infarto. C’è tutta una grande produzione di notizie che alimenta una psicosi da coronavirus e che porta i cittadini che vivono al di fuori delle aree in quarantena a temere il peggio. Non mancano ovviamente i messaggi che circolano su WhatsApp su falsi casi di coronavirus in Italia.

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Oppure ci sono siti come Zero Hedge (un sito di news riconducibile all’Alt-Right americana) che addirittura si sono impegnati a pubblicare un dossieraggio di uno scienziato cinese indicandolo come il responsabile della diffusione del nuovo coronavirus a Wuhan e quindi come la causa dell’epidemia. Tutto questo accade fuori dalla Cina, dove la situazione non è affatto disperata o critica. Dei 146 casi confermati di infezione da coronavirus 2019-nCoV verificatisi fuori dai confini cinesi c’è stato un solo decesso, un uomo delle Filippine morto probabilmente di polmonite da pneumococco. Il problema dell’infodemia da coronavirus non è solo quello di intorbidire le acque attorno all’epidemia in Cina (che pure c’è, anche se la curva epidemica sembra assestarsi). C’è anche quello di spostare l’attenzione da malattie infettive e problemi sanitari che sono senz’altro più pressanti e importanti. Matteo Bassetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università di Genova e direttore del San Martino, ne cita alcuni in un suo post su Facebook: «vorrei che si tornasse a parlare di problemi infettivologici più attuali, presenti ed importanti anche in Italia: il colera che ritorna a Napoli dopo molti anni, l’epidemia di morbillo nel Salento, i casi gravi di influenza da virus B e H1N1, Il meningococco in Lombardia, i superbatteri che ci vedono primeggiare in Europa, l’esitazione vaccinale e molti altri temi di malattie infettive realmente impattanti sulla salute pubblica».

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