Italia Zona Rossa: può succedere davvero?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-11

Conte, che lunedì si è confrontato con la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, teme le rivolte sociali. Ha paura che misure penalizzanti possano innescare problemi di ordine pubblico

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Mentre oggi nel consiglio dei ministri dovrebbe approdare il DPCM con le misure di aiuto economico a famiglie e imprese, sui giornali di oggi circola un’ipotesi che prende spunto dalle richieste della Lombardia: tutta l’Italia potrebbe diventare zona rossa per l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e per COVID-19.

Italia Zona Rossa: può succedere davvero?

Per Zona Rossa si intende quello che attualmente chiedono i sindaci lombardi e il governatore Attilio Fontana: stop a trasporti pubblici e privati, chiusura di tutti gli esercizi commerciali tranne che di quelli per i generi di prima necessità e i farmaci e soprattutto stop alla produzione e a tutte le attività produttive. E mentre Matteo Salvini rilancia come un giocatore di poker ubriaco chiedendo che tutta l’Europa diventi zona rossa (evocando anche complotti e guerre commerciali in atto), Giuseppe Conte lavora a un nuovo decreto. Monica Guerzoni fa sapere che potrebbe essere pronto già oggi e consentirà alle Regioni di decidere ulteriori chiusure, restando però all’interno di una cornice nazionale. Scrive il Corriere:

In realtà Conte farà sapere di non aver «escluso affatto la possibilità di adottare misure più restrittive, ove necessarie». Il premier vuole tenere conto «di tutti i fondamentali interessi in gioco». Confindustria è contraria. E poi Conte, che lunedì si è confrontato con la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, teme le rivolte sociali. Ha paura che misure penalizzanti possano innescare problemi di ordine pubblico.

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Zona Rossa in Lombardia: cosa succede (Corriere della Sera, 11 marzo 2020)

La Stampa scrive in un retroscena a firma di Paolo Russo e Ilario Lombardo che il premier si è dato circa 48 ore: «Se ci sarà da prendere misure ancora più restrittive lo faremo. Ma devono dircelo gli scienziati. Resto coerente alla linea che abbiamo tenuto sin dall’inizio, sin dai primi due casi emersi in Italia, quando abbiamo deciso di bloccare i voli dalla Cina e ci avevano detto che stavamo esagerando».

Il ragionamento di Conte è lo stesso con tutti i diversi interlocutori che incontra nell’ennesima lunghissima giornata di riunioni e telefonate. «Gli esperti vogliono anche misurare gli effetti delle misure che abbiamo preso. Se tra due giorni vediamo che la curva dei contagi né si ferma né si arresta allora procederemo…». Il premier si aggrappa alla speranza di vedere gli italiani cambiare i comportamenti, restare a casa e permettere così di contenere il contagio. I casi in Sicilia, in Sardegna e in tutto il Sud, poi, sono ancora pochi, controllabili, e non renderebbero così urgenti agli occhi di Conte interventi che rischiano di «rivelarsi sproporzionati», soprattutto sul fronte dei contraccolpi economici.

Con il sì degli esperti si chiude l’Italia

Non è senza significato che quello che ha detto Conte ieri ricalchi ciò che ha sostenuto un paio di giorni fa Walter Ricciardi: «State a casa o fermiamo l’Italia». Ovvero: tutti gli italiani devono capire che di casa si esce solo per motivi strettamente necessari. Non c’è altra certezza al momento se non questa sulla quale il governo italiano sta fondando la sua strategia di contenimento del virus. Per quello ieri Conte di fronte alle opposizioni non ha escluso la possibilità di una serrata generale: «Il governo è disponibile ad aggiornare tutti i provvedimenti necessari per contrastare la diffusione del contagio». Ma vuole farlo condividendolo con gli amministratori e sulla base delle valutazioni del comitato tecnico-scientifico, «tenendo in conto tutti i fondamentali interessi in gioco». Spiega ancora La Stampa:

La Lombardia è l’emergenza sanitaria oggi, il resto d’Italia potrebbe esserlo domani. Lo schema è lo stesso e si ripete uguale. Prima la regione epicentro dell’epidemia italiana, poi il resto del Paese. Conte sembra restare fedele alla sua strategia a tappe, a cerchi concentrici, partendo dalla Lombardia, con interventi scaglionati che possono allargarsi a tutta della Penisola. Oggi le città sembrano addormentate, ma gli spostamenti per lavoro rischiano di rimanere un problema, tanto che se il virus continuasse a girare veloce gli esperti sono pronti a una nuova stretta modello Wuhan. Bloccare, come chiede Fontana, tutti gli spostamenti da e per la Lombardia dove si concentra larga parte dei nuovi contagi e limitare in tutta Italia gli spostamenti, vietando quelli da un comune all’altro per motivi di lavoro.

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I numeri del Coronavirus in Italia aggiornati a ieri (Corriere della Sera, 11 marzo 2020)

A preoccupare gli scienziati e il governo è soprattutto Roma, che conta 650 mila pendolari al giorno (a Milano sono meno di 300 mila, a Torino 103 mila), ma anche Napoli è osservata speciale. La paura che rimbalza in queste ore è che, a parte le regioni del Nord, Lazio e Campania siano le zone dove si potrebbe arrivare in breve allo stesso livello d’emergenza di Lombardia e Veneto. Ma con una sanità non certo migliore e più attrezzata. Intanto tra gli scienziati c’è già chi si schiera: Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, intervistato dall’agenzia Dire, sostiene: “Con misure davvero molto più drastiche delle nostre la Cina sta cominciando ora a vedere la luce in fondo al tunnel. Da loro il problema è diventato serio a gennaio, e oggi siamo a marzo. Noi siamo all’inizio, se ci comporteremo molto bene ce la faremo in un tempo comunque difficilmente inferiore a quello dei cinesi. Mi auguro meno, ma due mesi mettiamoli in conto”. L’imperativo è essere creativi e darsi da fare, non limitarsi ad aspettare che le cose si sistemino da sole perché questo non accadrà”. “Sembra necessario ribadire ancora una volta- ha concluso Galli – che non bisogna sottovalutare il problema e dobbiamo stare attenti tutti, non soltanto gli anziani. I giovani invece stanno sottovalutando il rischio. ‘Io resto a casa’ è una giusta misura di distanziamento sociale per evitare infezioni di questa portata che si trasmettono per via aerea”.

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