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Le fregnacce di Di Maio sulle Ong e l’ipocrisia sui migranti “salvati” dai libici

Giovanni Drogo 03/07/2018

Oggi ad Agorà il ministro della Dignità ha giocato con le parole spiegando che quelle delle Ong non sono operazioni di salvataggio (non è vero) e che le navi delle Ong violano le regole (non è vero). Il velo dell’ipocrisia si è strappato quando Di Maio ha spiegato che è meglio che i migranti li salvino i libici perché se lo facessimo noi sarebbe un atto di respingimento, ovvero una cosa illegale

Oggi ad Agorà il ministro della Dignità Luigi Di Maio è tornato a spiegarci la sua visione del mondo sui migranti e sul ruolo delle Ong. A gennaio, in piena campagna elettorale, Di Maio era arrivato a negare di aver mai detto che le navi delle Ong erano dei taxi del mare. Era una menzogna, perché davvero Di Maio ha detto che le Organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo centrale erano in combutta con gli scafisti. A dimostrazione che quella raccontata a gennaio era una balla a fini elettorali Di Maio lo ha ripetuto oggi.

Di Maio e i porti chiusi, ma solo alle Ong

Tant’è che ad un certo punto dell’intervista il vicepremier ricorda (e rivendica) di quando si era «espresso contro le Ong un anno e mezzo fa» per spiegare che anche all’epoca Roberto Fico aveva criticato le sue posizioni e che quindi non c’è nulla di nuovo nei commenti a titolo personale del presidente della Camera. Quello che conta è che «il governo è compatto sulla linea di bloccare alle Ong l’accesso ai porti». Non a quelle Ong che non rispettano il codice di condotta imposto da Minniti – come sostiene invece Marco Travaglio – ma a tutte le Ong. Luigi Di Maio lo dice chiaramente: «noi abbiamo chiuso i porti a navi che non stanno rispettando le regole nel Mediterraneo, che sono quelle delle Organizzazioni non governative». Quali regole non stanno rispettando le Ong come la Aquarius, che addirittura era intervenuta su richiesta della Guardia Costiera italiana e che aveva caricato a bordo migranti soccorsi dalla nostra Guardia Costiera? Di Maio non lo dice.

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Il sospetto è che l’unica violazione delle regole alla quale si può attaccare il governo è quella che riguarda le due navi considerate “pirata” perché la loro registrazione non sarebbe completa o “regolare”. Per le altre invece non si sa quale sia la colpa. Ma Di Maio dice anche altre cose interessanti, ad esempio ammette che la Libia non è in grado di coordinare i soccorsi da sé (non ha un RCC) quando dice che «quando c’è bisogno di intervenire coordinando la guardia costiera libica lo stiamo facendo». E del resto come fa il governo libico, che non controlla nemmeno tutto il territorio del paese (e buona parte della costa), a gestire una zona SAR? È una domanda alla quale fino ad ora nessuno ha dato risposta.

L’ipocrisia di Di Maio sulla pelle dei migranti

Ma niente paura, perché «ieri sera in Consiglio dei ministri abbiamo approvato un decreto che fornisce circa 20 nuove motovedette alla guardia costiera libica per pattugliare le coste». Salvini ne aveva annunciate una dozzina, nel comunicato stampa del governo non è specificato quante unità saranno cedute alla Libia. Ma perché è così importante che i libici abbiano le loro motovedette? La risposta la dà direttamente Di Maio: «i salvataggi li fanno direttamente i libici che sono gli unici a poter riportare quelle persone sulle coste libiche perché se lo facciamo noi con le nostre navi è respingimento e non si può fare per i trattati internazionali. Se lo fa una nave con bandiera libica si può fare. E lì ci sono le organizzazioni non governative come l’UNHCR che aspettano (o come in questo caso sono rappresentanti dell’Onu) le motovedette libiche che riportano i migranti sulla spiaggia».

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Sono 564 le persone morte nel Mediterraneo centrale a giugno Fonte

Insomma se lo facciamo noi con le navi della Marina o della Guardia Costiera – che intervengono in acque internazionali – è un respingimento in mare. E non si può fare perché espone le persone a bordo dei gommoni (tra loro potrebbero esserci dei rifugiati) al rischio di subire trattamenti inumani e degradanti. Da parte di chi? Delle autorità libiche, ad esempio, ma anche di quelle dei paesi di provenienza dove potrebbero essere mandati indietro.

Tutti i crimini delle Ong secondo Luigi Di Maio

Di Maio ha ricordato della famosa inchiesta del procuratore di Catania Zuccaro. Non ha ricordato però di quella nei confronti di ProActiva, che è stata archiviata dalla procura di Ragusa e nemmeno di quelle nei confronti di SeaWatch e Jugen Rettet, entrambe archiviate dalla procura di Palermo. Non lo fa perché dagli atti dei Pm emergono due cose: che non ci sono prove di un coinvolgimento delle Ong nelle attività degli scafisti e che le Ong hanno agito rispettando le leggi italiane (su richiesta dell’IRMCC di Roma) e internazionali. Ma Di Maio fa di peggio, spiega che c’è «un problema di regole nel Mediterraneo perché se la guardia costiera libica dice alle Ong “dateci indietro i migranti che li riportiamo in Libia” e loro si ostinano a voler andare verso i porti italiani o verso altri porti, questo è un problema».  Di quali regole stiamo parlando? Perché la guardia costiera libica non ha alcuna giurisdizione in acque internazionali, ovvero dove avviene la stragrande maggioranza dei salvataggi.

Certo, ogni tanto la guardia costiera libica non arriva in tempo (perché non è in grado di gestire la zona SAR “di sua competenza”) e muore qualcuno. Ma per Di Maio «non bisogna utilizzare i morti per questa polemica. I morti in mare ci sono stati sempre, purtroppo. Non è che adesso ci vengono a dire che tutto a un tratto sono iniziati i naufragi». Ed è vero, di morti in mare ce ne sono stati già altre volte, ma è il rapporto tra arrivi e numero di morti che è preoccupante. Nel giugno del 2017 arrivarono oltre 23mila persone e ne morirono 529. Nel giugno del 2018 ne sono arrivate tremila e ne sono morte oltre 500.

 

C’è un’altra cosa che Di Maio avrebbe capito se avesse letto la richiesta di archiviazione della procura di Palermo. Il ministro della Dignità (degli italiani) dice che «c’è una differenza tra salvataggio e traghettamento» perché «il traghettamento è quando ti metti in prossimità della costa, con un drone vedi dove stanno arrivando i migranti – come funzionano queste organizzazioni – e poi senti lo scafista e ti fai portare i migranti sulla nave». Ora a parte che questa dinamica non è mai stata dimostrata ci sono dei punti poco chiari nella ricostruzione di Di Maio. Il primo è che le Ong intervengono su coordinamento del MRCC di Roma che riceve la chiamata di soccorso. Il secondo è che Di Maio dice che le Ong usano un drone per individuare i barconi ma al tempo stesso sono in contatto telefonico con gli scafisti, delle due l’una. Il terzo è che le navi delle Ong stanno al di fuori del limite delle acque territoriali, quindi non sono “in prossimità della costa”.

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Che differenza c’è tra “traghettamento” e salvataggio? Il salvataggio – spiega il vicepremier – «è quando un’imbarcazione lancia il mayday perché è in difficoltà perché sta rischiando di per affondare e intervengono le navi della guardia costiera libica o a volte della guardia costiera italiana». La procura di Palermo però dà un’altra definizione e spiega che le persone a bordo dei gommoni sono in pericolo (a causa del sovraffollamento dei gommoni e per la presenza a bordo di donne e minori) e quindi l’intervento degli operatori di soccorso (a maggior ragione se coordinati dal MRCC di Roma) era legittimo «anche se le condizioni meteorologiche non dovessero rappresentare, al momento del salvataggio, un problema». Da come presenta i fatti Di Maio sembra invece che solo le navi della guardia costiera compiano operazioni di salvataggio. Ma non è così perché anche le operazioni delle Ong sono coordinate dalla Guardia Costiera italiana e sono operazioni di salvataggio a tutti gli effetti.

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In tutto questo Di Maio sorvola sul fatto che in Libia sono documentate – anche dagli operatori dell’UNHCR che lavorano all’interno dei centri di detenzione – le violazioni dei diritti umani perpetrate ai danni dei migranti . Il vicepremier però invece che rispondere alla domanda se sia umano o meno rimandare (o fare in modo che vengano rimandati) i migranti in Libia si rifugia nel più classico degli “e allora le amministrazioni precedenti??” ricordando come quando venne deciso di rovesciare il regime dittatoriale di Gheddafi nessuno abbia battuto ciglio. Di Maio però non dice – o forse non sa – che anche prima della guerra del 2011 le condizioni dei migranti nei campi di concentramento libici erano tutt’altro che buone. Anzi, le torture e le violenze erano all’ordine del giorno. L’unica differenza è che lo Stato italiano aveva degli accordi con Gheddafi affinché trattenesse i migranti all’interno dei campi di detenzione. Ma probabilmente è tutta la visione della politica estera di Di Maio che avrebbe bisogno di un’aggiustatina, perché conclude dicendo che sul tema dell’immigrazione “cadono anche i governi più solidi”. Il riferimento è alla Germania e alla crisi di governo. È superfluo ricordare come il governo tedesco non sia ancora caduto e come la coalizione imbastita dalla Merkel (ci sono voluti sei mesi) sia tutt’altro che solida. Diverso è il caso del governo spagnolo di Rajoy, quello sì è caduto, ma per problemi che nulla hanno a che fare con i migranti.

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