Cosa succede quando Matteo Salvini si affida ad un video per spiegare “la verità su Aquarius”

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-06-15

Due giorni fa il ministro dell’Interno era in Senato a spiegare cosa è successo con la nave Aquarius. Curiosamente però quello che ha detto in Aula – dati alla mano – è leggermente diverso dalla verità raccontata dal videdoblogger Luca Donadel. Come mai? E qual è la verità?

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Ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini è tornato a parlare della vicenda della nave Aquarius. Salvini, che da qualche settimana ha disposizione tutte le risorse del Viminale, ha scelto però di ricorrere al video di Luca Donadel, fact checker maschio senza raschio salito alla ribalta delle cronache per aver “scoperto” nel marzo dell’anno scorso l’oscuro business che si cela dietro le operazioni di salvataggio in mare ad opera delle Ong al largo delle coste della Libia.

La “verità” di Donadel e Salvini sulla nave Aquarius

Il ministro Salvini, che qualche giorno fa ha relazionato al Senato proprio sulla vicenda della nave della Ong, ha deciso di affidare proprio a Donadel la spiegazione della “verità”. Il ministro dell’Interno avrebbe potuto semplicemente mettere a disposizione i dati del ministero, pubblicare i documenti che dimostrano in maniera indubitabile che lui ha ragione. Invece ha preferito affidare ad un blogger, che per quanto famoso e bravo rimane pur sempre un autore televisivo.

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Non a caso Donadel inizia il suo percorso della verità dicendo «il copione è quasi lo stesso dell’anno scorso, l’Aquarius parte, fa il suo bel recupero davanti alle coste della Libia e fa rotta verso l’Italia». Insomma secondo Donadel la nave Aquarius stava facendo quello che secondo lui fanno sempre le Ong. Nel video dello scorso anno citato dal blogger infatti diceva che «dietro questi spostamenti si nasconde forse un business segreto dei migranti». Di lì a poco Luigi Di Maio avrebbe iniziato a parlare delle Ong come Taxi del Mare e sarebbero iniziate le clamorose inchieste del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sui rapporti tra Ong e scafisti. Nulla di tutto questo è stato provato, il procuratore di Catania ha ammesso durante un’audizione al Senato che le sue erano solo “ipotesi di lavoro” e l’ultimo tentativo di Zuccaro di sequestrare l’imbarcazione di una Ong che aveva appena sbarcato alcuni migranti in Sicilia è finito male.

Cosa è successo davvero il 9 giugno nella zona SAR di competenza italiana

Ma c’è un altro aspetto interessante di quella semplice frase di Donadel condivisa da Salvini. Il fatto che Donadel ometta convenientemente di dire quanto detto da Salvini in Senato (e dichiarato da SOS Mediterranee nei giorni scorsi). Ovvero che le 629 persone a bordo della Aquarius non sono state salvate tutte dalla Ong. Lo ha detto in maniera non molto chiara anche Salvini in Aula quando ha parlato di sei eventi distinti e ha spiegato che «l’attività di coordinamento delle operazioni ha portato al salvataggio di 629 persone che sono state riunite sulla nave Aquarius».

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Salvini però non è stato preciso e Donadel, nell’ansia di raccontare la “verità” sulla nave Aquarius non ha approfondito a fondo la storia. Perché avrebbe scoperto che circa 400 persone (su 629) non sono state tratte direttamente in salvo da SOS Mediterranee. Avrebbe invece appurato che – come ha raccontato Marco Bertotto di Medici Senza Frontiere ricostruendo gli eventi del nove giugno – i naufraghi sono stati soccorsi da tre motovedette della Guardia Costiera italiana e da alcune navi mercantili che stavano incrociando le acque della zona dei soccorsi. Tutti gli eventi SAR sono stati coordinati dall’IRMCC di Roma che ha assunto da diversi anni la responsabilità della zona SAR che in teoria dovrebbe essere di competenza della Libia ma che di fatto i libici non hanno i mezzi e le risorse per gestire. In pratica non esiste lo ha confermato anche il responsabile di Frontex Fabrice Leggeri durante un’interrogazione all’Europarlamento.

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A questo punto il primo siparietto comico, che dovrebbe alleggerire il poderoso lavoro di fact checking fino ad ora basato unicamente su una carta di navigazione della Aquarius che però non mostra tutte le altre unità navali che sono intervenute. Salvini viene paragonato a Gandalf nella famosa scena del Signore degli Anelli quando salva gli hobbit impedendo ad un enorme Balrog di rincorrerli. Forse Donadel sta paragonando i migranti e le Ong a dei mostri cattivissmi? Oppure sta dicendo che Salvini è come Gandalf quindi la causa primaria (per chi ha letto tutta l’opera di Tolkien) del ritorno di Sauron? Chissà.

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Arriva la domanda da cento milioni di dollari: «Ma Salvini può farlo, può bloccare la nave di una Ong?». Per Donadel (e quindi per Salvini) la risposta è sì. La prova è questo articolo del Sole 24 Ore che dice che Salvini può chiudere i porti (anche se in realtà la decisione spetterebbe a Toninelli, ma sono solo dettagli insignificanti). Donadel però curiosamente non cita quest’altro articolo del Sole 24 Ore che spiega che in realtà le cose non funzionano così. Come abbiamo spiegato qui i trattati internazionali impongono l’obbligo per il paese il cui MRCC sta coordinando i soccorsi in un’area SAR (per definizione le aree SAR non coincidono con le acque territoriali) di concludere l’evento di salvataggio indicando un place of safety sul proprio territorio. Ad esempio la nave non avrebbe potuto fare rotta verso Tunisi perché le leggi tunisine non permettono di fare richiesta d’asilo.

Il business delle Ong è lo stesso della Marina Militare della Guardia Costiera: salvare vite umane

Tra tutti i motivi per cui Salvini potrebbe avere avuto ragione nel bloccare la Aquarius (ad esempio un improbabile rischio per l’ordine pubblico nazionale una volta sbarcati i migranti) Donadel sceglie il più assurdo. Il blogger spiega infatti che in base alla nuova missione di Frontex Themis (che ha sostituito Triton) non è più obbligatorio portare i naufraghi in Italia. Nella missione Themis è infatti scomparso il riferimento al “porto sicuro più vicino” ma si parla solo di “porto più vicino” (anche se in accordo alla Convenzione dei diritti umani le navi di Frontex non possono effettuare respingimenti in mare).  Quindi in accordo con le regole di Themis la Aquarius non avrebbe avuto l’obbligo di fare rotta verso l’Italia. Ma c’è un problema, un problema che Donadel, così esperto di organizzazioni non governative (Ong) non esplicita.

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Le navi di Frontex sono imbarcazioni militari dei paesi membri della UE. Le navi delle Ong invece non partecipano alle missioni di Frontex. Quindi non sono tenute a rispettarne gli obblighi. C’è di più: non tutti gli assetti navali italiani partecipano a Frontex. La tabella qui sopra, che si riferisce al quadriennio 2014-2017 e che è stata compilata dalla Guardia Costiera mostra chiaramente come le persone salvate dalle Ong non siano calcolate nel computo di quelle salvate nell’ambito delle missioni Frontex. Giusto per dare alcune cifre: su un totale di 611.411 persone salvate in mare tra il 2014 e il 2017 solo un sesto è stato soccorso dalle Ong (114910 persone). Il grosso dei migranti – quasi 310 mila migranti – è arrivato in Italia dopo essere stato soccorso da personale della Guardia Costiera, della Marina Militare e della Guardia di Finanza.

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Ma quando Donadel deve spiegare come mai “prima” l’Italia aveva accettato di “prenderli tutti noi [i migranti NdR]” non assistiamo ad un accurato fact checking. Anzi, al blogger amato da Salvini basta bisbigliare la parola business. Ma allora dovrebbe fornirci qualche prova, qualche elemento che dimostri questa affermazione. E soprattutto spiegare qual è il business della Guardia Costiera, visto che le persone tratte in salvo nel Mediterraneo Centrale nella zona SAR di competenza italiana non vengono salvate solo dalle Ong (la nave Diciotti ha sbarcato quasi mille persone in Sicilia). Ma da certe parti basta evocare l’esistenza di un business per intendere che c’è del malaffare (ma con la Lega al governo il costo pro-capite per i migranti era pari a 46 euro al giorno, 11 in più dei famosi 35 attuali). Lo ha fatto del resto anche il ministro Toninelli che ha detto che «il business dell’immigrazione non è più un business». In Senato non sapendo che pesci pigliare Salvini ha addirittura parlato del business degli avvocati d’ufficio che assistono i migranti.

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L’operational plan di Triton

Per concludere il suo fact checking sulla Aquarius Donadel cita Emma Bonino che durante un convegno lo scorso anno “rivelò” che era stata l’Italia a chiedere il coordinamento delle operazioni di soccorso di Triton (di nuovo si veda la tabella sopra per valutare l’apporto di Triton al numero dei salvataggi). Ed è vero, Triton prevedeva così (allo stesso modo le operazioni di Frontex al largo di Grecia e Spagna prevedevano che gli sbarchi avvenissero in quei paesi). Ma Donadel però non cita tutto il discorso della Bonino, ad esempio la parte dove l’ex ministro degli Esteri proponeva come soluzione la regolarizzazione di tutti gli stranieri presenti in Italia e chiedeva addirittura che l’Europa si facesse carico delle 700 mila persone stipate nei lager libici.

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Stando a quanto ha dichiarato Salvini al Senato «l’Italia ospita nelle strutture italiane circa 170.000 richiedenti asilo» su una popolazione residente di oltre 60 milioni di abitanti. Per mettere le cose in prospettiva le statistiche di Eurostat indicano come i cinque paesi che ospitano sul loro territorio il maggior numero di migranti irregolari provenienti da paesi extra UE sono stati, nel 2016, Germania (370.555) Grecia (204.820), Francia (91.«985), Regno Unito (59.895) e Austria (49.810). Calcolando che circa l’80% delle persone sbarcate fa richiesta di asilo politico e che circa il 42% si vede riconosciuta una qualche forma di protezione (sussidiaria o umanitaria) non è difficile capire come non esista alcuna invasione. Lo dicono anche i dati del ministero dell’Interno. Del resto Salvini ha detto no al progetto di riforma del regolamento di Dublino che eliminava il concetto di paese di primo approdo (nei fatti l’Italia) e prevedeva quote automatiche di ripartizione dei richiedenti asilo (oggi le quote riguardano chi ha già ottenuto lo status di rifugiato).

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