L’isteria collettiva della caccia ai “nordafricani” che hanno ucciso Mario Cerciello Rega

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-29

Identificato anche il “pusher” che ha venduto ai due cittadini statunitensi l’aspirina al posto della cocaina: è un quarantenne italiano. E i pericolosi spacciatori e rapinatori nordafricani, gli assassini “magrebini” a cui molti politici e giornalisti hanno dato la caccia per un giorno intero? Non ci sono mai stati. Ma l’odio e la paura per certi stranieri è reale, ecco come è nata e si è diffusa la storia dei nordafricani che avevano ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega

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Oggi verranno celebrati i funerali di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei Carabinieri ucciso a Roma nei giorni scorsi. Nel frattempo stato identificato anche l’ultimo dei protagonisti della vicenda: il pusher che ha venduto ai due studenti americani  Elder Finnegan Lee e Natale Hjorth aspirina al posto di cocaina. Si tratta di un quarantenne italiano con precedenti per spaccio. Che fine hanno fatto i «due nordafricani, probabilmente due risorse» di cui parlava Mario Giordano in un video di qualche giorno fa? Semplicemente non ci sono mai stati.

Chi ha messo in giro la storia dei nordafricani

A parlare di due rapinatori “nordafricani” era stato Andrea Varriale, il collega assieme al quale Mario Cerciello Rega era intervenuto in borghese in via Pietro Cossa a Roma per recuperare la borsa rubata dai due cittadini statunitensi. Non è chiaro però come Varriale abbia potuto identificare la nazionalità dei due dal momento che avevano il volto travisato dal cappuccio della felpa. Anche il terzo uomo della vicenda Sergio Brugiatelli, il quarantasettenne di Portuense che dopo essere stato rapinato da Lee e Hjort ha chiamato i Carabinieri avrebbe parlato di una banda di magrebini. Lui però sapeva che i due non erano affatto dei nordafricani: «Gli avevo tirato il “pacco” con la cocaina e quelli per reazione m’avevano portato via di forza lo zaino, perciò avevo paura di loro, così quando ho chiamato il 112 per dare l’allarme l’ho detto io che erano stati due maghrebini e non due americani a derubarmi. Volevo un po’ depistare…» riferisce il Corriere della Sera.

mario cerciello rega omicidio nordafricani - 1

E così nei primi lanci di agenzia la mattina dopo quella tragica notte si parla di “nordafricani”. E pochi invitano alla cautela visto che le indagini erano ancora in una fase preliminare. Si dà per scontato che gli spacciatori siano per forza delle “risorse boldriniane” e che tali non possano che essere anche gli assassini del vicebrigadiere. Una pagina Facebook – Puntato , L’App degli Operatori di Polizia – diffonde addirittura quattro foto segnaletiche di “tre cittadini di origine marocchine e uno di origine algerine” (sic) catturati in quanto “autori dell’omicidio del collega a Roma”. Era una bufala e il post è stato rimosso dopo poco, ma ormai era iniziata la caccia allo straniero, quello etnicamente non conforme.

Tutti i politici che hanno parlato dei “nordafricani”

Ad aggredire ed uccidere con undici coltellate il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega sarebbe stato invece Elder Finnegan Lee, che ha confessato l’omicidio. Nella stanza d’albergo dove alloggiava assieme a Natale Hjorth è stata ritrovata l’arma del delitto sulla cui provenienza sono ancora in corso accertamenti (in particolare va chiarito se e come i due siano riusciti a portarlo dagli USA, probabilmente imbarcandolo nel bagaglio che era nella stiva).

gentiloni carabiniere ucciso nordafricani 1

Abbiamo quindi il quadro completo delle persone che sono coinvolte, a vario titolo, nei fatti della notte tra il 26 e il 27 luglio: due cittadini statunitensi, due cittadini italiani e due carabinieri. In un Paese normale in un caso come questo la nazionalità non dovrebbe avere alcuna importanza. Ma in Italia per l’opinione pubblica e i politici come Luca Marsella, Daniele Capezzone, Roberto Fiore e Paolo Gentiloni (e per la Lega Nord) la nazionalità di indagati e sospettati è un’aggravante. La senatrice Daniela Santanchè ha sbroccato in diretta abbandonando la trasmissione Agorà su Rai Tre perché non era stata data sufficiente copertura al fatto che gli assassini fossero nordafricani. Alcuni dopo che le notizie si sono fatte più precise hanno modificato i loro post, altri li hanno cancellati.

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È il caso ad esempio dell’ex Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che a caldo ha riportato quello che dicevano le prime agenzie sottolineando come Cerciello Rega fosse stato accoltellato da due nordafricani. C’era bisogno di fare riferimento all’area di provenienza dei due presunti sospettati? No. Non è così importante che ad uccidere il vicebrigadiere siano stati due cittadini statunitensi o di qualsiasi altra nazionalità e dal punto di vista del Codice Penale non esiste alcuna aggravante in tal senso. Spostare l’attenzione sulla provenienza dei due presunti assassini (solo uno avrebbe per ora confessato e non è quello che si vede bendato nelle foto) non serve a nulla se non ad alimentare un clima d’odio e di tensione.

A chi conviene diffondere fake news?

Ci sono pochi dubbi su quale partito e quale parte politica abbia sfruttato maggiormente la notizia falsa del carabiniere “ucciso da due nordafricani”. Quelli qui  sotto sono alcuni post pubblicati nel gruppo Matteo Salvini Leader (il gruppo di supporter del  vicepremier direttamente gestito da Luca Morisi e che è uno dei nuclei della “Bestia”) da parte di Daniele Bertana. Bertana, come sottolinea il deputato PD Emanuele Fiano è uno dei componenti dello staff della comunicazione di Matteo Salvini.

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Bertana ha semplicemente riportato le notizie che venivano date in quelle ore, le agenzie del mattino del 27 luglio parlavano di “due nordafricani”. Ma un conto sono i fatti, un conto è la comunicazione politica che viene costruita attorno a notizie che non sono state confermate in nessun modo. Ma già i patridioti stavano schiumando contro le “risorse”, e il trend doveva essere intercettato e sfruttato: bisognava cavalcare la tigre dell’odio etnico. Nessuno si ferma a chiedersi se sia più importante identificare gli assassini (o l’assassino) oppure conoscerne la nazionalità. Perché è ovvio che parlare dei “nordafricani” è già sufficiente: non servono nomi e cognomi perché il “nordafricano” è ovunque, in ogni città e quartiere. E quindi il pericolo, l’attacco alle istituzioni e agli uomini che le difendono, può provenire da qualsiasi punto della nostra Nazione. Ecco perché si è parlato di “nordafricani”, perché la paura si potesse diffondere. Perché quella paura genera consensi e giustifica prese di posizione contro gli stranieri.

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