Fact checking
Così Toninelli ha trasformato il M5S nel “partito del cemento”
Giovanni Drogo 25/07/2019
Che non si venga a dire che Toninelli non mantiene le promesse e non rispetta gli impegni presi. Un anno rassicurava le lobby del cemento dicendo che non avrebbe azzerato le infrastrutture e ieri ha sbloccato opere per 50 miliardi. E così dopo il via libera al Terzo Valico e alla TAV l’unica cosa che Toninelli è riuscito a bloccare sono i porti per le Ong (anche quello come voleva Salvini)
«Non voglio azzerare tutto, le infrastrutture sono un volàno per l’economia». È passato poco più di un anno da quella prima intervista di Danilo Toninelli al Sole 24 Ore, e bisogna dirlo: il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è stato di parola: non ha azzerato nulla. Ieri infatti Toninelli ha annunciato «l’aggiornamento 2018-2019 del contratto di programma Investimenti Rfi-Mit 2017-21 per un totale di 15,4 miliardi di euro.
Le grandi vittorie di Toninelli: più cemento
È toccato poi a Matteo Salvini annunciare lo sblocco di 50 miliardi di opere pubbliche in tutto il Paese. La Lega, dice Salvini in una diretta su Facebook, «è il partito del sì». Lo dice e lo scandisce bene, perché al Governo con lui c’è quello che tutti chiamano il partito del No, quelli che da Nord a Sud si battono contro ferrovie, autostrade, trafori e quant’altro. Ma c’è un problema, perché Salvini che pubblica una fotografia con il caschetto da cantiere dimentica che è stato proprio Toninelli, il ministro del partito del no che lotta contro le lobby del cemento e degli affaristi delle opere pubbliche a dire quel grande sì da 50 miliardi di euro.
Qualcuno potrebbe notare un problema di coerenza, Toninelli che diceva che bisognava stoppare «opere mastodontiche e dispendiose» ha dato il via libera a decine di opere. Cantieri fermi da anni, opere che diventano “utili” perché a dare l’ok e a concedere i finanziamenti è il suo Governo. Lo stesso che ha varato una legge che si chiama “sblocca cantieri” (sempre utili) dove la Lega è riuscita a far passare un emendamento che sospende il codice degli appalti. Non si capisce proprio perché la Lega continui a dire che Toninelli è un ministro che non sta lavorando per il Paese. Qualche giorno fa Salvini ha attaccato il titolare del MIT proprio sulle opere bloccate: «mi risulta che ci siano decine e decine di opere pubbliche, dal Nord al Sud, ferme al ministero delle Infrastrutture. Ma se uno fa il ministro dei Trasporti, deve lavorare per far viaggiare gli italiani, non per lasciarli a piedi».
Toninelli non si è accorto che sta facendo il gioco di Salvini?
Ma bisogna essere onesti e corretti e dare a Cesare quel che è di Cesare e a Danilo quel che è di Danilo. Se tutte quelle opere sono state sbloccate e finanziate è tutto merito di Toninelli. Il ministro ci tiene a ribadirlo in un post su Facebook ieri con quel «grazie grazie grazie al ministro Salvini» e in una nota oggi pubblicata oggi dove rivendica con orgoglio i risultati del suo lavoro: «mi fa piacere che si riconosca il grande lavoro di mesi che il sottoscritto e il mio ministero hanno portato a compimento ieri al Cipe, sbloccando decine di opere utili ferme da anni e iniettando 28 miliardi in più per nuove infrastrutture e tanta manutenzione negli aggiornamenti dei contratti di programma Anas ed Rfi».
E non finisce qui, fa sapere il concentratissimo ministro: «a breve presenteremo l’elenco dei tanti lavori che accelereremo grazie allo Sblocca cantieri, in modo da migliorare davvero la competitività del sistema Paese». Esattamente quello che volevano fare i suoi predecessori: cemento, cemento e ancora cemento. Con l’aggravante che il governo ha depotenziato lo strumento per controllare che tutto non diventi la sagra delle mazzette. E non bisogna certo dimenticare che il Governo (dove siede anche Toninelli) ha deciso di dare parere favorevole sulla TAV. Quella che il nostro Danilo definiva “buco inutile”. E pensare che nel programma dei venti punti il M5S voleva invece puntare ad investimenti sulle energie rinnovabili, sul contrasto al dissesto idrogeologico, sull’adeguamento sismico, sulla banda ultra larga.
Chi volesse affannarsi a cercare la tanto sbandierata discontinuità non deve guardare ai governi precedenti, ma al MoVimento precedente. Il MoVimento zero, quello zero cemento che è stata la prima versione del M5S attuale, quello di governo. Eppure fino a qualche mese fa Beppe Grillo spiegava qual era il problema: «gli industriali vanno lì a protestare ma il loro progresso è il cemento, se gli togli il cemento non hanno un’idea a morire». Per fortuna che il Governo del Cambiamento non ha tolto il cemento. E così il M5S è diventato finalmente il partito dei gilet gialli, non quelli che protestano contro Macron in Francia ma quelli che si indossano nei cantieri quando si vanno a fare le inaugurazioni.
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