La storia dello spread che cresce per colpa di Salvini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-06-21

Oggi torna a crescere lo spread. Un articolo del Financial Times lega l’incremento all’elezione a presidente di commissione di Borghi e Bagnai. Gli operatori di Borsa invece chiamano in causa direttamente Salvini. E Tria torna a gettare acqua sul fuoco: «La linea del governo è che l’euro non è in discussione»

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Dopo un’apertura in lieve calo, stamattina lo spread è tornato a crescere arrivando a 234 punti (partiva da 218) mentre il differenziale tra Bonos e Bund avanzava a 95 punti con un rendimento all’1,317%. Anche lo spread a due anni è salito a 155 alle 11 di stamani, da circa 110 dei primi scambi, prima di rallentare a 144.

La storia dello spread che cresce per colpa di Salvini

Matteo Salvini si è molto adirato su Facebook con i media:  “C’è un titolo dell’ANSA che dice che la Borsa cala e lo spread sale per colpa di Salvini. Questi giornalisti italiani sono incredibili, per questo preferisco parlare direttamente con milioni di italiani su Facebook, bypassando agenzie e giornali che a volte fanno un esercizio di fantasia inimmaginabile”, ha detto.  “La Borsa – ha aggiunto Salvini – starebbe scendendo e lo spread salendo perché io ho confermato che vogliamo intervenire sulla legge Fornero e perché ho detto che in Europa vogliamo stare da protagonisti non possiamo pagare per avere in cambio immigrati? Per aver detto quello che c’è nel programma di governo? Siamo seri”.

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In effetti il lancio ANSA nel titolo dice proprio quello che sostiene Salvini, ma si legge benissimo che l’interpretazione della crescita dello spread non è dei giornalisti, ma degli operatori di Borsa: sono loro a dire che non sono piaciute le parole del ministro che ha  minacciato di tagliare il contributo dell’Italia al bilancio UE in mancanza di aiuti sull’immigrazione e ha poi segnalato di voler smontare la riforma Fornero entro fine anno, gettando così un’ombra in più sui conti pubblici.

L’elezione di Borghi e Bagnai nelle commissioni

Non solo: un articolo del Financial Times firmato da James Politi è andato molto più in là, segnalando l’elezione di Alberto Bagnai, senatore della Lega, a presidente della Commissione Finanze e quella di Claudio Borghi, deputato del Carroccio, a presidente della Commissione Bilancio. Il FT ricorda che i due erano in corsa per ministeri e sottosegretariati ma alla fine, forse per la fatwa di Alesina e Giavazzi, la loro elezione in posti chiave del Parlamento potrebbe tornare a far crescere i dubbi sulla posizione dell’Italia all’interno dell’Eurozona.

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Interpellato da Radiocor, lo stesso Borghi non ha preso molto sul serio la teoria del FT: “Quando i mercati peggiorano è colpa di Borghi e Bagnai, quando migliorano nessuno dice niente, così come nessuno rilevò l’aumento dello spread nei giorni dell’incarico a Carlo Cottarelli, l’importante è dare sempre la responsabilità a noi”. Borghi ha ricordato inoltre, di aver frequentato per anni i mercati finanziari: “Le Borse salgono e scendono per motivi spesso imperscrutabili e gli operatori probabilmente sbagliano”. In effetti, la crescita dello spread è cominciata stamattina prima dell’elezione di Borghi e Bagnai: impossibile attribuire particolari effetti alla semplice elezione nelle commissioni. Il senatore Bagnai su Twitter ha preso la cosa con ironia: “Vorrei umilmente consigliare ai mercati di non insistere sulla narrativa ‘abbiamo paura degli euroscettici’. Dato che tutti sapevano che stavamo per essere nominati, ciò dimostrerebbe che non sono in grado di ottenere informazioni ovvie o di incorporarle nei prezzi”.

Il Whatever it takes del ministro Tria

Fatto sta che arrivando alla sua prima riunione con l’Eurogruppo il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha cominciato a lanciare messaggi rassicuranti: “La linea del governo è che l’euro non è in discussione”; “Spero di non essere preoccupante e di essere il contrario, poi giudicheranno gli altri se mi considerano una persona preoccupante, in genere non lo sono”. Era stata proprio un’intervista di Tria al Corriere della Sera qualche giorno fa a concludere la piccola crisi dello spread innescata dalla bozza di contratto Lega-M5S con il referendum sull’uscita dall’euro e culminata con il rifiuto da parte del presidente della Repubblica di nominare Paolo Savona al ministero di via XX Settembre.

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E questo probabilmente anche a causa di un altro articolo del Financial Times pubblicato stamattina, in cui si parlava di come Salvini stesse prendendo il controllo della politica italiana: “Grazie alla sua retorica anti-migranti sta eclissando il M5S che alle elezioni a marzo ha preso quasi il doppio dei voti”, mentre “Di Maio sta lottando per proiettare la sua voce al potere”. IL FT ha scritto sia delle recenti dichiarazioni di Salvini sui rom, che hanno “oscurato la visita del premier Giuseppe Conte a Berlino” e poi ha ricordato vicenda della nave migranti Aquarius che ha “innescato scontri diplomatici con Francia e Malta”. Sebbene, “gli elettori italiani siano fermamente dalla sua parte”, scrive sempre Politi citando alcuni sondaggi, “l’impennata influenza di Salvini potrebbe essere il segnale di un esecutivo ancor più imprevedibile e chiassoso a Roma del previsto, visto che ha punti di vista più radicali e uno stile ancora più non ortodosso del leader Cinque Stelle”. A “preoccupare”, secondo il reporter, il fatto che “l’atteggiamento di Salvini stile Trump potrebbe estendersi a settori politici diversi dall’immigrazione”, considerato che l’Italia si sta preparando per un vertice decisivo dell’UE alla fine di giugno. “Un continua campagna elettorale con Salvini costantemente in modalità show”, ha riferito un diplomatico UE al quotidiano. Insomma, il problema non sono i presidenti di Commissione. Il problema è proprio Salvini.

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