L’Italia chiude le frontiere (come i porti)?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-06-21

I tedeschi vogliono rimandare indietro i richiedenti asilo che si sono spostati in altri Paesi europei. In cambio promettono aiuti finanziari sul rafforzamento dei controlli ai confini esterni. Ma l’Italia non ci sta e minaccia di far saltare Schengen

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Chiudere i confini italiani nel caso in cui Germania e Francia dovessero forzare la mano e rispedire i profughi che avevano fatto richiesta d’asilo in Italia. È questa l’arma fine-del-mondo che si prepara a utilizzare il governo italiano dopo aver “scoperto” che nella bozza di accordo che Parigi e Berlino hanno preparato c’è poco o nulla di quello che aveva chiesto Roma e in compenso tanti guai sul fronte dei migranti.

L’Italia chiude le frontiere?

Nella bozza di dichiarazione che i leader di dieci paesi, Conte incluso, dovrebbero approvare domenica nel mini vertice di Bruxelles chiamato a preparare il summit a 27 di giovedì prossimo si parte dalla chiusura dei confini esterni dell’Unione Europea con l’utilizzo di una Guardia Costiera UE da 10mila uomini e una polizia di frontiera: un punto che dovrebbe far piacere sia ai paesi del blocco di Visegrad che a Salvini; si prevedono campi in Africa gestiti dall’UNHCR, ma soprattutto si continua a gestire il ricollocamento dei rifugiati su base volontaria. Qui l’Italia dovrebbe protestare, perché Orbàn e soci in questo modo stanno lasciando nei paesi di confine (il nostro e la Grecia) non accettando la redistribuzione obbligatoria che ci danneggia e che però è appoggiata da Salvini e Meloni.

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Le frontiere di Schengen (La Stampa, 21 giugno 2018)

Ma, racconta oggi Repubblica, è la parte sui confini interni che rischia ancor di più di far saltare il tavolo:

Sulla riforma di Dublino (distribuzione obbligatoria dei rifugiati) c’è solo un impegno generico e non sarà facile convincere Visegrad, i cui leader proprio oggi affileranno le armi in un controvertice a Budapest con Kurz. Nel frattempo la redistribuzione sarà volontaria.

Invece subito ci dovrà essere lo stop ai movimenti secondari – lo scalpo che la Merkel deve portare a Seehofer – con misure in linea con le attuali regole Ue ma politicamente durissime: controlli negli aeroporti e nelle stazioni di bus e treni per bloccare i migranti che cercano di attraversare le Alpi, accordi di immediato rimpatrio (senza tetti numerici e temporali) per le migliaia di persone che già si trovano all’estero o che riusciranno a passare il confine.

I confini interni dell’UE e chi ci perde

Nei giorni scorsi infatti era emerso lo scontro all’ultimo sangue tra CDU e CSU, ovvero tra Angela Merkel e il suo ministro dell’Interno Horst Seehofer, che mette in pericolo persino la leadership della Cancelliera. I conservatori tedeschi, per togliere l’acqua del consenso a chi li critica da destra come AFD, vogliono infatti che siano sbattuti fuori i migranti e i rifugiati che hanno lasciato il paese di approdo (e che doveva accoglierli secondo il regolamento di Dublino) per andare verso Nord, ovvero in Austria e in Germania. Ma per la maggior parte i paesi di approdo sono proprio Grecia e Italia. Ecco perché qualche giorno fa Salvini mentre parlava di un asse con Seehofer probabilmente non si è nemmeno reso conto che questo avrebbe portato ad avere più migranti e rifugiati nel Belpaese.

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Fonte: Ministero dell’Interno

Ora quindi il premier si sente preso in giro dagli alleati. Le missioni a Parigi e Berlino l’avevano fatto ben sperare. E adesso è pronto invece a «non firmare» il documento elaborato dalla Commissione in vista del summit di domenica a Bruxelles. Anche perché è piuttosto lontano da quello che chiedeva l’Italia:

Per comprendere l’entità dello scontro bisogna analizzare la primissima bozza di Palazzo Chigi. Prevede una blindatura dei confini nordafricani, con centri di identificazione utili per filtrare i richiedenti asilo. E ancora, meccanismi automatici con quote solidali e obbligatorie (non volontarie) tra i Paesi dell’Unione per smistare chi ha diritto all’ingresso, soldi europei destinati alle autorità libiche e tunisine per rafforzare i controlli marittimi e terrestri, potenziamento di Frontex per una vigilanza Ue più intensa delle acque di fronte al Nord Africa.

Senza dimenticare il divieto di approdo nei porti italiani per le ong, che sarebbero obbligate a trasportare i migranti nei Paesi di cui battono bandiera. Ma il vero nodo, quello su cui si sta consumando l’Europa, sono i rimpatri dei richiedenti asilo. Palazzo Chigi non è disponibile a concedere nulla. O meglio, è pronta a discuterne soltanto dopo l’effettiva attuazione del pacchetto promesso per stravolgere radicalmente l’impostazione di Dublino.

Chiudere le frontiere come i porti?

Certo, se l’Italia arriva davvero a chiudere le frontiere sarà difficile poi fare i giochi di parole di cui si è rivelato maestro il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che dopo aver lasciato i colleghi di governo twittare #chiudiamoiporti come se non ci fosse un domani ieri si è presentato in Parlamento per dire che i porti non sono mai stati (formalmente) chiusi. Il piano dei tedeschi è questo: rimandare indietro i richiedenti asilo che hanno fatto richiesta in Italia e si sono spostati in altri Paesi europei. In cambio promettono aiuti finanziari sul rafforzamento dei controlli ai confini esterni e una futura revisione della ridistribuzione delle quote.

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L’unica risposta che l’Italia può dare oggi è disertare il vertice di Bruxelles. Domani potrebbe provare davvero a chiudere le frontiere per far saltare il piano di Parigi e Berlino. Con l’aiuto dell’altro paese che viene penalizzato da questo accordo, ovvero la Grecia. Ma cosa fare con i paesi di Visegrad, a cui l’accordo alla fin fine conviene? E soprattutto: non è che poi tutto questo fa la fine della chiusura dei porti?

Leggi sull’argomento: Come hanno preso Salvini e Di Maio l’archiviazione dell’inchiesta sulle Ong

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