Come hanno preso i leghisti il sequestro preventivo dei conti della Lega

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-09-15

Una decisione attesa e annunciata che nasce dalla sentenza di primo grado nel processo in cui Umberto Bossi, Presidente della Lega Nord, è accusato di appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato per 56 milioni di euro. Ma per Salvini e i suoi – che non si sono costituiti parte civile in processo – è un modo per imbavagliare la Lega

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Matteo Salvini non si dà pace: “vogliono mettere fuori legge la Lega Nord”, ha detto ovunque ieri sera dopo la decisione del Tribunale di Genova di sequestrare in via cautelativa alcuni conti correnti del partito. Un provvedimento basato sulla sentenza di primo grado che ha condannato Umberto Bossi e Francesco Belsito nonché i tre ex revisori contabili leghisti Diego Sanavio, AntonioTurci e  Stefano Aldovisi ( 2 anni e 8 mesi i primi due, 1 anno e 9 mesi il terzo) e ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico.

Perché la Lega Nord deve restiture 49 milioni di euro allo Stato

La confisca, dal momento che si tratta di una sentenza di primo grado, non è immediatamente esecutiva ma lo diventerà solo in seguito ad una condanna in appello di Bossi e Belsito. La Lega in realtà spera di salvarsi grazie alla prescrizione ma nel 2015 la Corte Costituzionale con la sentenza n.49 ha invece aperto alla possibilità di sequestro anche se il reato è a rischio prescrizione. Lungo binari poi precisati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci: il principio è che, anche se la prescrizione elide le condanne degli imputati, resta la confisca diretta del profitto quando (come qui) ci sia stata una precedente condanna con giudizio di merito sul reato, sulla responsabilità dell’imputato e sulla qualificazione del bene da confiscare.
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Insomma la possibilità del congelamento dei conti era ben nota ai vertici della Lega che ieri invece si sono comportati come se la sentenza di condanna a Bossi e Belsito non riguardasse il partito ma un’altra entità. Salvini ieri si è difeso dicendo che  si tratta di «un attacco senza precedenti alla democrazia, un atto unico nella storia della Repubblica, una scheggia della magistratura ci vuole mettere fuori gioco» e ricordando che si è arrivati a questa decisione “senza nessuna sentenza di condanna per eventuali errori commessi in passato da singoli”.
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Il dettaglio decisamente rilevante è che quei singoli erano il fondatore e segretario del Carroccio e il tesoriere del partito di via Bellerio. Non proprio due persone qualsiasi. E Salvini infatti si stupisce che ad essere chiamato in causa sia il “suo” partito: «in sostanza, saremmo chiamati noi a rispondere degli eventuali errori e mala gestione di fondi pubblici da parte del Carroccio della gestione Belsito con Bossi 9 anni fa» ha detto ieri in conferenza stampa. C’è da capirlo: da quando ha preso in mano le redini della Lega Nord Salvini ha fatto di tutto per far credere che sia un partito diverso da quello finito nel caos nel 2012-2013. Ma Bossi è ancora il Presidente federale della Lega Nord e siede alla Camera tra i banchi della Lega. E anche se i fatti sono avvenuti nove anni fa hanno ancora rilevanza penale.

Perché il Tribunale di Genova ha disposto il sequestro dei conti della Lega

Lasciando da parte l’ironia della sorte di un partito che per vent’anni ha fatto fortune berciando contro Roma ladrona e sorpreso a rubare qual è il motivo per cui il Tribunale ha deciso il sequestro cautelativo dei fondi? Vale la pena di ricordare che Bossi e Belsito sono stati accusati di appropriazione indebita e truffa allo Stato nell’ambito del processo sulle irregolarità nell’uso dei fondi pubblici della Lega. I soldi pubblici, ovvero dei cittadini, c’entrano eccome. Salvini però sostiene di non avere “nulla a che spartire con la gestione di Bossi e Belsito” ed anche se l’attuale segretario non è coinvolto nel processo gli elettori leghisti dovrebbero chiedersi come mai uno che fa politica nella Lega Nord dal 1992 e che è sempre stato ai vertici del partito non sia riuscito ad accorgersi di quello che stava accadendo. E se davvero Salvini non ha nulla a che spartire con la precedente gestione come mai la Lega Nord non si è costituita parte civile al processo? 
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Silvio Buzzanca e Giuseppe Filippetto spiegano su Repubblica che il Tribunale di Genova si starebbe indirizzando verso i conti delle segreterie regionali (“nazionali” nella terminologia federale leghista) e provinciali pe ril timore che Salvini “abbia fatto in modo che non si trovi un euro nel conto del partito nazionale”.

Negli ultimi due anni il leader ha infatto creato le “Leghe Nazionali” nelle varie regioni, con loro bilanci autonomi, loro casse e loro conti correnti bancari. Tutto questo Salvini lo avrebbe fatto per distribuire sul territorio il patrimonio di via Bellerio, luogo dove si sarebbero consumati i reati di Bossi e Belsito. Così nell’eventualità di condanne, che poi sono arrivate, e di eventuali confische, i magistrati non avrebbero trovato nulla.

Il bilancio 2016 della Lega è stato chiuso con un rosso da un milione, 164 mila euro di depositi bancari e 436 di «valori in cassa». Come mai la Lega, con i conti in rosso, non ha preteso da Belsito e Bossi la restituzione del denaro sottratto dalle casse del partito? Salvini ha preferito fare tagli: ha chiuso il giornale la Padania (finanziato con i soldi pubblici), mettendo in cassa integrazione (pagata dallo Stato) quindici giornalisti e contestualmente aprendo un nuovo giornale on line, Il Populista. Anche Radio Padania ha chiuso e si è trasformata in una Web Radio. Nel 2014 Salvini ha invece chiesto la cassa integrazione per 70 dipendenti della sede di Via Bellerio. In passato invece la Lega con cui Salvini non ha niente a che spartire si era fatta salvare una banca da Fiorani lasciando però i correntisti senza soldi.

Per i leghisti è la fine della democrazia

Per nulla sconvolti dalle gravi accuse fatte nei confronti del Presidente del partito i leghisti invece se la prendono con la magistratura. Questa mattina Matteo Salvini a Radio Padania ha parlato di un provvedimento in stile turco e ha paventato il ritorno delle terribili toghe rosse: «Senza uno straccio di foglio in mano bloccano un partito. Lo ripeto, ma neanche in Turchia…. Il problema è in Italia e si chiama toghe rosse».
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Secondo Salvini i poteri forti stanno cercando “di toglierci dai giornali, dalle tv, dalle radio, dal Parlamento. Cercano di farlo ‘alla turca’. Ma non ci riusciranno. In democrazia sono i cittadini con il loro voto che decidono chi vince e chi perde, non un singolo giudice”.
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Claudio Borghi, responsabile economico della nuova Lega, riesce a fare di meglio parlando solo della condanna nei confronti “del tizio” (Belsito) e non di quella nei confronti di Bossi. Non si tratta “solo” di 700mila euro. A luglio Bossi e Belsito sono stati riconosciuti colpevoli in un processo che riguarda una truffa da 56 milioni di euro ai danni dello Stato. Secondo l’accusa, tra il 2008 e il 2010 la Lega avrebbe presentato rendiconti irregolari al Parlamento al fine di ottenere indebitamente fondi pubblici. E rimane il fatto che la Lega Nord non si è costituita parte civile in quel processo ma solo in quello dove Belsito è accusato di “associazione a delinquere (articolo 416) finalizzata all’appropriazione indebita, al riciclaggio, alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche; all’intercettazione di commesse di aziende a partecipazione pubblica”.

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