Perché la Regione Lombardia chiede l’aiuto delle ONG per il Coronavirus

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-06

Ieri l’assessore Gallera ha chiesto anche l’aiuto degli acerrimi nemici della Lega perché mancano medici per affrontare l’emergenza Coronavirus. E perché mancano? Chi ha tagliato la sanità in Lombardia e in Veneto? Chi è che ha detto che i medici di famiglia non sono così importanti?

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“Ogni aiuto e contributo da specializzandi, medici in quiescenza, Ong è molto ben gradito”: l’assessore alla sanità Giulio Gallera ieri durante la conferenza stampa sul Coronavirus in Lombardia ha confessato che lo stato di necessità è talmente grave che c’è bisogno dell’aiuto di tutti, anche di quelli che tutti i giorni il partito di maggioranza che regge in piedi la Giunta indica come nemici al popolo del Carroccio e del centrodestra.

Coronavirus: la Regione Lombardia invoca l’aiuto delle ONG

Il motivo dell’appello è spiegato dallo stesso Gallera: “Siamo davanti ad un grande sforzo corale e il sistema regge anche se gli afflussi nei pronto soccorso nelle strutture frontiera continuano a essere di 50/70 nuovi pazienti che entrano con complicazioni polmonari”, perché “avremmo la possibilità di aprire nuovi posti letto, ma ci mancano le forze, e abbiamo bisogno delle migliori energie perché qualsiasi contributo, da specializzandi a medici in pensione alle Ong, non solo è benvenuto, ma assolutamente necessario”.

5700 posti letto esercito coronavirus
I posti letto messi a disposizione dall’esercito per il Coronavirus (Il Sole 24 Ore, primo marzo 2020)

Perché c’è carenza di medici in Lombardia? Intanto perché è emergenza negli ospedali per il Coronavirus, ma anche per la politica sanitaria di questi anni: non c’è solo un allarme per i posti letto, ma mancano medici in vari settori del sistema sanitario nazionale. Qualche giorno fa Il Sole 24 Ore ha spiegato che le carenze più forti si contano proprio lì dove ci sono i reparti più esposti. E cioè le emergenze (leggasi pronto soccorso), la rianimazione e la medicina interna quella che si occupa dei ricoveri dove arrivano anche i pazienti contagiati meno gravi. I numeri esatti dei posti vacanti sono stati messi in fila da Anaao Assomed, la principale sigla degli ospedalieri, che per queste tre specializzazioni stima una carenza di 7403 medici fino al 2025: 4.180 nella medicina d’emergenza-urgenza, 1828 nella medicina interna e 1395 in anestesia, rianimazione e terapia intensiva.

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L’emergenza negli ospedali (Il Sole 24 Ore, 4 marzo 2020)

Con le tre Regioni finora più colpite per numero di contagi – Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – che da sole contano 1491 medici in meno rispetto a quanti ne servirebbero: 869 in Lombardia, 314 in Emilia e 308 in Veneto. Non a caso c’è chi corre subito ai ripari: il Veneto nei giorni scorsi ha assunto 215 tra infermieri e altri operatori e la Lombardia ha annunciato l’arrivo di 200 infermieri e 100 medici oltre a 40 sanitari militari dal ministero della Difesa. L’Emilia Romagna viene invece da una stagione di assunzioni e per ora non ci sono misure immediate sul personale in vista.

I medici che mancano in Lombardia, in Veneto e in Emilia-Romagna

Quello dell’allarme carenza medici e infermieri del resto è una questione ben nota alle Regioni e al Governo che prima dello scoppio dell’allarme coronavirus avevano messo in pista una serie di misure nel Patto della salute e poi nel decreto milleproroghe che consentono di assumere i medici fino a 70 anni anche con oltre 40 anni di servizio e di siglare contratti a tempo determinato con i giovani medici specializzandi che si stanno ancora formando già dal terzo anno di corso oltre che dal quarto e quinto. Ma a queste possibilità si è aggiunta in extremis il via libera ufficiale al ricorso, proprio per la durata dell’emergenza coronavirus, a medici e infermieri pensionati. La norma è comparsa nella versione finale del decreto legge approvato venerdì scorso dal Governo per le prime emergenze economiche e appena finito in Gazzetta Ufficiale.

24mila posti letto spariti
I posti-letto cancellati dagli ospedali (La Stampa, 6 ottobre 2016)

C’è di più: come abbiamo spiegato nei giorni scorsi  l’emergenza sanitaria, la crisi dei posti letto in terapia intensiva, il fatto che all’ospedale di Codogno mancassero non solo i “lettini” in rianimazione ma anche infermieri e operatori sanitari sta avendo luogo in Lombardia e in Veneto. Due regioni dove da decenni è la Lega a governare. Se dei tagli ci sono stati non è certo stato per fare spazio ai migranti (a proposito, vi ricordate di quanto “spendeva” lo Stato per i migranti con la Lega al governo?) ma a causa di precise scelte politiche che con la presunta “invasione” hanno poco a che fare. Chi ha svenduto la sanità lombarda ai privati? Chi ha tagliato i posti letti ospedalieri in Veneto? Chi aveva predisposto sei miliardi di euro di tagli lineari a scuola e sanità per il 2020? Chi è che aveva detto che i medici di famiglia non sono poi così importanti perché ormai i cittadini (che hanno sufficienti disponibilità economiche) si rivolgono direttamente agli specialisti nei centri di medicina privati? Di chi è stata la decisione di “azzerare” l’addizionale IRPEF in Veneto e così avere meno risorse a disposizione per la Sanità?  Risposta a tutte queste domande: la Lega. In Lombardia  Lodi e Bergamo sono sicuramente le aree più colpite, rispettivamente con 658 casi e 537, segue Cremona con 406, al terzo posto Milano con 197 (di cui 86 nel capoluogo), poi Brescia 155, Pavia 151, Mantova 26, Monza-Brianza 19, Varese 17, Como 11, Lecco 8, Sondrio 4, mentre 62 sono “ancora in corso di verifica”. I 98 lombardi deceduti per covid-19 “sono tutte persone anziane con un quadro clinico già compromesso: l’87% ha più di 75 anni, l’11% ne ha fra 65 e 74 e il 2% fra 50 e 64”.

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